
di Aldo Primicerio
Meloni e Mattarella, lei un vulcano, lui la stella polare. Le cronache, i report televisivi, gli editoriali dei quotidiani, la nostra vita di tutti i giorni è permeata dai due personaggi politici più al centro dell’attenzione. Non solo perché, per importanza, lui è la prima autorità politica italiana e lei è la quarta (presidenti di Senato e Camera ne sono seconda e terza). Ma anche perché tra i due ci sono sempre state frizioni, a stento compresse o nascoste. Da quando, nel 2022, la Meloni è salita a Palazzo Chigi, Mattarella è diventato sempre più perentorio. Sulle politiche estere e sulle relazioni diplomatiche del presidente del Consiglio. Disaccordi a molti di noi, presi da altre cose, forse passati inosservati..
I primi disaccordi: su legge concorrenza e su obbligo dell’unanimità del voto a Bruxelles
L’ultima legge sulla concorrenza, voluta nel 2023 dal ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso, è stata poi approvata nel dicembre scorso del 2024. Come sappiamo, la promulgazione è l’atto formale con cui il Capo dello Stato rende pienamente esecutivo un provvedimento approvato dal Parlamento. La Costituzione assegna al presidente della Repubblica anche il potere di opporsi alla convalida di una legge, rinviando alle Camere il testo con un messaggio motivato, anche se poi deve comunque promulgarla se il Parlamento l’approva una seconda volta. Nell’ultima, sulla concorrenza, Mattarella ha segnalato alcune sue obiezioni di merito sul contenuto. Ha scritto infatti una lettera ai presidenti delle due Camere esprimendo la sua contrarietà nei confronti della proroga delle concessioni ai commercianti ambulanti per altri 12 anni decisa dal governo, una legge che poi è entrata in vigore. Matttarella ha sollevato obiezioni sull’art. 11, quello che norma le procedure con cui i Comuni assegnano ai venditori ambulanti le concessioni per gli spazi pubblici (es. le piazzole di sosta, i parcheggi nei mercati rionali) privilegiando chi quelle licenze già le detiene. L’ultima legge le ha prorogate per 12 anni, fino al 2032. Una soluzione facile, perché così i sindaci hanno la pappa già pronta, e quindi prorogano e basta. Per il Capo dello Stato, lui un giurista di alto livello, tutto ciò è inaccettabile. Perché è incompatibile con i princìpi della Corte di Giustizia Europea, la nostra Corte Costituzionale, le Autority sulla Concorrenza e sul Mercato, che invece garantiscono una giusta concorrenza. Ma, si sa, monopoli e poteri delle corporazioni restano una dei piatti forti delle destre, contrari alle concorrenze aperte perché farebbero fallire le piccole imprese e favorire le grandi multinazionali. E’ lo stesso atteggiamento con il quale le destre hanno sempre osteggiato a Bruxelles la legge Bolkenstein, quella sulla messa all’asta delle concessioni degli stabilimenti balneari.
E poi il voto unanime in Consiglio Europeo. Per Mattarella un principio anacronistico, da sostituirsi con un più razionale sistema di voto a maggioranza. Per Meloni invece un sistema giusto, proprio nell’imminenza di ingressi di nuovi Paesi nell’UE che si sentirebbero emarginati. Una motivazione questa per noi senza né capo né coda.
E poi ancora le polemiche della Meloni e dei suoi ministri nei confronti di Gentiloni, commissario UE agli Affari Economici, che non si sarebbe impegnato abbastanza nell’accelerare le procedure per il Pnrr, il Piano di Rilancio dei Paesi UE, dove all’Italia è toccata la fetta più cospicua. Alla Meloni Mattarella ha risposto invitando ed ospitando al Quirinale Gentiloni, un gesto per tacitare le polemiche e rinnovare la sua fiducia ad un esponente del Pd, avversario politico di FdI.
Il garbo istituzionale di Mattarella e gli sgarbi della Meloni anche nelle relazioni diplomatiche con gli altri Paesi e nella gestione della democrazia
Ricordiamo la dura polemica tra Meloni e Macron sull’accoglienza di 234 migranti a bordo della nave Ocean Viking. Il governo di centrodx era appena nato. Mattarella tentò di ricucire con un lungo colloquio telefonico con Macron. E FdI non la prese bene, considerando il gesto del Capo dello Stato come una specie di opposizione alla linea del governo nella gestione dei migranti. Tanto che persino la seconda carica dello Stato, il presidente del Senato La Russa, commentò con toni critici l’operato della prima carica nazionale. Un episodio sgradevole, terra terra, mai accaduto prima.
E poi tanto altro, come ad es. il discorso di questo fine anno di Mattarella, con quel passaggio critico su “oligarchi di diversa estrazione» che si sfidano nella esplorazione sottomarina, in nuove missioni spaziali, nella messa a punto di costosissimi sistemi satellitari (con implicazioni militari) e nel controllo di piattaforme di comunicazione social, agendo, sempre più spesso, come veri e propri contropoteri”. Un passaggio ai più apparso riferito ad Elon Musk, fondatore di Tesla e SpaceX, che pochi giorni prima, ad Atreju il raduno nazionale di Fratelli d’Italia, aveva incontrato Meloni e Salvini sulla procedura d’infrazione della Commissione UE sulla “disinformazione” di X Twitter.
Mattarella, da 10 anni una stella polare in un Paese devastato da errori ed inadeguatezze di una politica senza valori, dopo la cosiddetta Tangentopoli
Sì, 10 anni difficili. Dall’Italia renziana che suicidava il Pd ed il Paese, a quella draghiana degli sciagurati neo-liberismo, antistatalismo, bellicismo insensato ed europeismo di maniera, fino all’Italia di oggi fatta di norme punitive, di insensato antieuropeismo e di feroce conservatorismo. L’Italia meloniana, quella della “prima donna al potere” in Italia, un’espressione di cui – non si capisce il perché – continua a compiacersi un terzo dell’elettorato italiano, o meglio, di quella sua metà che si trascina alle urne, perché l’altra metà ha smarrito la fiducia e mandato a quel Paese le istituzioni, rintanandosi nel cantuccio dell’indifferenza e della sua illusoria “voglia di vivere”. E 10 anni, sempre con un un comune denominatore: gli errori clamorosi di un’opposizione in cui l’ex-partito italiano più importante, persi i suoi uomini migliori, non ha più trovato un’identità, un progetto politico di livello, e soprattutto gli uomini nuovi giusti. Ma, per fortuna, 10 anni connotati da un Capo dello Stato irripetibile, e forse unico nella storia che ricordiamo. Da cui, quando accadrà, sarà difficile e doloroso staccarsi. Ed infine, 10 anni dominati da una crisi sempre più globale: di buon senso, cultura politica, rispetto delle norme, e democrazia. Proprio nel Paese più ricco di storia ed il più bello nel mondo.