Francesco e Tagle staffetta tra gli ultimi - Le Cronache Ultimora
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Francesco e Tagle staffetta tra gli ultimi

Francesco e Tagle staffetta  tra gli ultimi

E’ il 30 gennaio 2015. Papa Francesco va a Manila tra i terremotati della Capitale. Il festoso incontro con il cardinale Loui Antonio Gokim Tagle che oggi enterà nella Cappella Sistina come uno dei più accreditati papabili. Di quel giorno riportiamo la cronaca e la riflessione di Antonio Manzo pubblicato al tempo sul quotidiano Il Mattino.

Antonio Manzo

“Non sono né papà, né sono il papa”. Il Cardinale Gokim Antonio Tagle si presenta così al telefono sorprendendo il giovane figlio di un amico che sapeva suo «tifoso» al Conclave che poi avrebbe eletto Bergoglio. Ma da poche ore per l’arcivescovo di Manila già si preconizza un futuro da Papa. Dopo il successo della visita di Papa Francesco a Manila – Messa record con sette milioni di persone – difficil-mente il «giovane» cardinale di cinquantotto anni, quanti ne compirà il 21 giugno prossimo, potrà dribblare quel futuro da Pontefice che ormai i mass media del mondo gli preconizzano, ancor più della prevedibile e solita lista di papabili. Quella Messa con folla oceanica sul Quirino Grandstand di Manila che resterà nella storia è anche un po’ merito suo. E, ancor di più, con il saluto finale a Papa Francesco, ha fatto risuonare nel mondo le parole delle «periferie esistenziali» tanto care al Papa «venuto da lontano». Tagle ha ringraziato Papa Francesco a nome dei bambini di strada, degli orfani, delle vedove, dei senza casa, dei baraccati, degli operai, dei contadini, del popolo dei pescatori, dei malati, degli anziani abbandonati, delle famiglie delle persone scomparse, delle vittime di discriminazioni. C’è tutto quel che serve a un programma pastorale che si proietti nella continuità «la Chiesa povera e per i poveri». Perché, come lui, conosce la religiosità delle «periferie» come luogo privilegiato della missione evangelica. Di qui, tra Francesco e Tagle la simbolica staffetta tra gli «ultimi» della storia che si è consumata nelle strade di Manila. Quando a settembre scorso, alla vigilia del Sinodo sulla famiglia, rilascia una intervista al Mattino non utilizza giri di parole per dire che «nelle Filippine vengono accolte in Chiesa anche le coppie non sposate che chiedono la celebrazione del matrimonio». Soluzioni pastorali ispirate da una dottrina solida, declamate alla vigilia del Sinodo che si divide proprio sui temi della famiglia. Tutti gli riconoscono lo spessore intellettuale di Paolo VI (ha studiato anche a Brescia dopo essere diventato sacerdote), il carisma di Giovanni Paolo II, la sapienza teologica di Benedetto XVI (è stato lui a volerlo cardinale ad appena 56 anni) e la carica umana e spirituale di Papa Bergoglio. Con il sorriso contagioso sveglia i filippini, ogni mattina dal pulpito mediatico di Kape’t Pandasal (Caffè e preghiera) dalle reti di TV Maria. Papabile all’ultimo Conclave è uno dei tre Presidenti del Sinodo sulla famiglia che ad ottobre prossimo chiuderà i suoi lavori proprio in Asia dopo la sessione preparatoria di ottobre scorso a Roma. Nel mondo ormai è conosciuto per i suoi sorrisi, sempre larghi, gli occhi a mandorla di filippino con madre cinese, le lacrime in pubblico il giorno che Benedetto XVI gli impose la berretta cardinalizia e le mani sporche di fango tra il popolo di Takoblan, Leyte e dell’isola di Samar sconvolto e colpito dal tifone Haiyan. Dice di sè stesso: «Ogni mattina, quando mi guardo allo specchio, spesso mi dico e mi ripeto: «Dio è davvero grande, io sono un mistero di Dio. Ma come io cardinale? Sono solo un umile viaggiatore nelle periferie dell’umanità con la parola del Vangelo. E pensare che, a quattordici anni, sognavo di fare il medico…». Proprio a 14 anni, insieme ai suoi compagni, era nelle strade di Manila per accogliere Paolo VI: mai ad immaginare che un giorno avrebbe accolto da cardinale, con sette milioni di filippini, il pontefice del nuovo millennio. Per lui, la «rivoluzione di Francesco è appena agli inizi, nella sua personalità intreccia il carisma francescano e la sapienza di un gesuita utilizzando il linguaggio della normalità, le parole della carità e i gesti della semplicità». Non ama troppo quei «teologi che parlano, parlano, parlano, restano a mezz’aria, lontani, non fanno né dottrina né azione pastorale». Poche settimane fa, a Roma, al Centro Pro Unione di padre James Puglisi ha tenuto un’affollata conferenza sul valore dell’enciclica Lumen Gentium. E quando alla fine saluta con affetto un teologo dell’Angelicum, padre Marco Salvati, gli chiede il libro da lui pubblicato con la tesi di laurea originale del giovane studente Karol Wojtyla. «Non puoi aiutare i poveri se non coltivi un pensiero di spiritualità fondato nel sapere e nello studio. I poveri sono i nostri primi professori». Così parla, il cardinale della possibile staffetta con Bergoglio. Quando Dio vorrà.