di Aldo Primicerio
Dalle eurourne alcuni messaggi forti. Da approfondire. Il primo, che gli uomini hanno perso (Salvini, Conte, Renzi, Calenda). Il secondo, che hanno vinto le donne (Meloni, Schlein e, ahinoi, Salis). Terzo, che l’Italia è ridiventata bipolare, per il consolidamento di Fdi e soprattutto del Pd, con le loro leader. Primedonne. Che si attaccano, si azzuffano, ma poi si telefonano per complimentarsi. E magari anche per farsi due risate, come scrive Gramellini sorseggiando il suo caffè sul Corriere. Perché sembrano due furie, ma poi si ritrovano sulla politica estera e sul no al terzo mandato dei governatori.
Meloni più forte, ma non come si pensa, con 600mila voti in meno rispetto alle politiche. Lo è invece Schlein
Giorgia ha vinto, certo, ma, attenzione, non come si pensa. Fdi è il primo partito del Paese, ma perde anche più di mezzo milione di voti rispetto alle politiche. Colpa dell’affluenza ridotta? Senza dubbio, ma è anche vero che rispetto al 2022 il Pd guadagna circa 250mila preferenze. Sono quasi due milioni, invece, i voti persi per strada dai 5 Stelle in poco meno di due anni: un’emorragia. È questa la fotografia che emerge confrontando i dati delle europee con quelli delle ultime politiche. Crescono le percentuali, diminuiscono i voti. E’ vero che non è corretto confrontare elezioni di stampo diverso, ma è altrettanto vero che quasi due anni fa Giorgia Meloni vinse le elezioni con 7.301.303 voti, sfiorando il 26%. Dopo 21 mesi passati al governo, Fdi aumenta il dato percentuale, sfiorando il 29% (28,8), che però corrisponde”soltanto” a 6.700.235 di voti: vuol dire una perdita di circa seicentomila preferenze rispetto al 2022. Eoi, il chi sale e chi scende. Di Giorgia abbiamo detto. C’è poi Tajani. Un politico simpatico perché moderato e suadente. Ma assai modesto. Il suo vocabolario politico ha una quarantina di parole, che fa girare a seconda delle occasioni. Ma poi niente altro. Dopo la scomparsa di Silvio era dato per perdente. Invece la sua aurea mediocritas, la sua sobrietà lo hanno aiutato, spingendolo oltre la Lega. Bonelli e Fratoianni. Piccola cosa rispetto ad altri. Eppure sono stati una delle rivelazioni. A Strasburgo saliranno da 18 a 30 seggi, tra cui alcuni nomi e volti diventati identitari e popolari, come quello della Salis.
Salis, via braccialetto e domiciliari. Poi a casa. Ma è tutt’altro che finita. Può sempre perdere l’immunità. E poi c’è il processo
Ad Ilaria più di 176mila preferenze, una bella parte del popolo verde e di sinistra italiana. In pratica uno schiaffo al processo che si sta svolgendo in Ungheria. Ciò a cui puntano i leader di Avs e la famiglia di Salis è l’immunità per tutta la durata del mandato a Bruxelles e da ogni tipo di detenzione, e quindi anche dai domiciliari, come da ogni procedimento giudiziario. Questo non vuol dire che Salis verrà scagionata e che le sue accuse decadono automaticamente. Anzi, sulla strada per Bruxelles si ergono diversi ostacoli. Il primo, come successo per alcuni degli indagati nel caso Qatargate, è rappresentato dalla possibile richiesta del giudice al Parlamento Ue di revoca dell’immunità. Il secondo è legato alle ipotetiche prove in mano al governo di Budapest: un europarlamentare non può, sulla carta, godere dell’immunità in caso di flagranza di reato. Se l’esecutivo Orban fornisse il fantomatico video dell’aggressione ai due estremisti di destra, il documento dovrebbe essere valutato da un’apposita commissione parlamentare che dovrebbe quindi prendere una decisione in merito. Certo, se l’immunità viaggiasse veloce lei potrebbe tornare in Italia. E sarebbe un’altra cosa. Ma quella di Ilaria Salis è una brutta storia, che ha disgustato buona parte del Paese. Neanche a pensarci a paragonarla a quella di Enzo Tortora. Solo per fare una battuta e senza offesa, sarebbe come paragonare la cacca al cioccolato, come si dice dalle nostre parti.
“Ho visto cose che voi umani…”. Dal Parco Comunale ad Arnaldo Mussolini, da via Rasella alle Fosse Ardeatine, dalla X Mas agli inni e saluti fascisti. E’ questa la “neo-Italia”? Quella del saluto romano e dei neo-giovani Balilla?
Grandioso e prorompente su Il Fatto il richiamo di Leonardo Botta al memorabile monologo del replicante Roy Batty in Blade Runner. Nei suoi accostamenti iperbolici, lui “intende amplificare immaginificamente alcuni eventi che “noi umani non abbiamo mai visto”, tranne i pochi superstiti del ventennio. Ad esempio, la richiesta del leghista Claudio Durigon di reintitolare ad Arnaldo Mussolini, fratello del Duce, il parco comunale di Latina “Falcone-Borsellino”. E poi la riscrittura, tutta personale, che il presidente del Senato Ignazio La Russa fa dell’attentato partigiano di via Rasella, in cui ridefinisce i poliziotti nazisti “musicanti altoatesini semi-pensionati”. E poi ancora la commemorazione, anch’essa tutta personale, che Giorgia Meloni ha fatto dell’eccidio alla Fosse Ardeatine. Lei ha definito le 335 vittime della rappresaglia nazista come “innocenti massacrati solo perché italiani”. Il Fatto contesta invece alla Meloni che in realtà tra quei poveri martiri c’erano anche una decina di stranieri, che la caratteristica delle vittime delle Ardeatine non era la cittadinanza italiana ma piuttosto l’antifascismo, che erano italiani anche alcuni fiancheggiatori dei nazisti nei rastrellamenti di quei giorni. E sempre sull’onda del monologo del replicante, intepretato dall’indimenticabile Rutger Hauer, lui ha visto Claudio Anastasio, manager appena nominato dalla Meloni a capo di una società pubblica, inviare una mail al CdA dell’azienda in cui ricorda il discorso di Mussolini che rivendica la responsabilità politica dell’omicidio di Giacomo Matteotti. E poi ancora “lui ha visto” esponenti politici di Fratelli d’Italia essere pizzicati da telecamere nascoste mentre in pubbliche adunate mostravano il saluto romano dandosi fieramente del fascista, e per questo fare carriera. Ed infine, tra le cose che “voi umani non avete mai visto”, sempre più esponenti dei partiti di destra inneggiare alla “X Mas”, prima il generale leghista Vannacci, poi diversi parlamentari nell’aula di Montecitorio. Tutti talmente ignoranti da non ricordare, tranne la memorabile impresa nel porto di Alessandria d’Egitto, di quali crimini si siano macchiati al fianco dei nazisti. E per ultima, la famosa rissa, l’attacco con spintoni calci e cazzotti ad un deputato dei 5S, colpevole di aver solo porto la bandiera italiana al ministro Calderoli, per protesta contro quella che tutti definiscono come la pietra tombale sulla unità d’Italia, cioè l’autonomia differenziata. E non si manchi di ricordare l’affermazione del vice-presidente della Lega Andrea Crippa secondo cui cantare Bella ciao in Parlamento è peggio che mostrare le braccia incrociate come simbolo della X Mas. Perché “Bella ciao è una canzone comunista e il comunismo ha fatto milioni di morti”!
E’ questa la neo-Italia? Davvero gli italiani vogliono tornare al saluto fascista? Che non è affatto il saluto della Roma imperiale, dove il braccio non era mai interamente disteso? Siamo stati davvero finora sotto la dittatura comunista, come sostiene il ministro Sangiuliano, grande mostro di cultura? Rivedremo tra i banchi i nostri studenti vestiti da giovani Balilla? E’ questa l’Italia che lasciamo ai nostri figli e nipoti?