Si sono chiuse le indagini per il delitto di Armando Faucitano commesso nella mattinata del 26 aprile 2015 a Scafati, in piazza Falcone e Borsellino, nel cuore della frazione San Pietro. Tre arresti e cinque indagati furono il bilancio del blitz dei carabinieri: Marcello Adini, Carmine Alfano detto “Bim bum bam”, Pasquale Rizzo. In carcere, coinvolti nell’inchiesta Barbato Crocetta Giovanni, recentemente scarcerato, Gaetano Esposito, Vincenzo Pisacane, Antonio Matrone, Vincenzo Alfano. Nelle carte dell’inchiesta viene chiamato in causa anche Antonio “Michele” Matrone, figlio di Franchino “a belva”, che all’epoca dei fatti sarebbe stato al vertice della cosca. Le indagini, supportate dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Alfonso Loreto, Andrea “Dario” Spinelli e Massimo Fattorusso, hanno consentito di individuare gli autori materiali dell’omicidio e stringere il cerchio sul gruppo di fiancheggiatori. A volere la morte di Faucitano furono le bocche di fuoco dei clan Matrone di Scafati e Aquino-Annunziata di Boscoreale, per vendicare l’onta delle dosi di cocaina, hashish e marijuana mai pagate, oltre a essere ritenuto uomo di fiducia delle forze dell’ordine per alcune “soffiate” fatte nei mesi prima dell’agguato. Alla base dell’omicidio vi era proprio la volontà di infliggere una punizione plateale ed esemplare, tale da essere da monito per tutti gli altri clienti e clan del territorio. All’epoca dei fatti, Adini e Alfano, coadiuvati da Rizzo chepoco prima aveva preso un caffè con il 46enne e diventò poi testimone chiave del fatto, uccisero, a bordo di una moto di grossa cilindrata, Faucitano che si trovava su una panchina in piazza Falcone e Borsellino. Questa è la tesi dell’accusa che individuarono in un debito di 700 euro per droga non pagata il movente dell’omicidio. Un fatto di sangue che scosse l’opinione pubblica in una zona, quella a ridosso del Vesuviano, sempre ad alta densità criminale.
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