di Alessandro Turchi, Presidente di Salerno Migliore
Alle ultime elezioni regionali, in Liguria, Umbria ed Emilia Romagna, oltre la metà degli aventi diritto (cinque milioni e seicentomila) non è andata a votare, parliamo di quasi tre milioni di persone, un numero stratosferico di cittadini che non hanno ritenuto di partecipare al rito della elezione del loro presidente di Regione. Dati che testimoniano una dissaffezione oramai generalizzata, come confermano le stesse elezioni europee di pochi mesi fa, che hanno visto anche in quel caso andare a votare meno del 50% dei cittadini. In pratica sempre meno persone decidono chi ci deve governare e questo mette sempre più in evidenza un fenomeno sociologico da studiare attentamente, ma anche un vero e proprio vulnus per la nostra democrazia, sempre meno partecipata. Le motivazioni di questa disaffezione sono da ricercare in più direzioni, prima fra tutte l’idea della inutilità delle elezioni, la gente non va a votare perché ritiene il proprio voto ininfluente rispetto a ciò che accade e accadrà in futuro, il cittadino medio ha maturato la consapevolezza di non contare niente ed è convinto che la sua scheda nell’urna non cambierà di una sola virgola il destino del mondo. Non ci sono neanche più i grandi ideali collettivi, semplicemente oggi ognuno vede le cose dal proprio personale punto di vista, senza filtri. Di contro spesso i partiti politici non vanno oltre gli slogan e la propaganda per essere attrattivi e credibili, con scarsi risultati, a quanto pare. La nostra città non sembra essere un’eccezione rispetto a questo trend, Salerno è proprio su questa strada, anche fra i nostri concittadini l’idea imperante della inutilità del voto si fa largo, del resto sembra tutto già deciso a tavolino, con “pacchetti di voti” già pronti, con i soliti luoghi comuni, con le solite convenienze più o meno esplicite. Qua a Salerno la gente ragiona nell’ottica del deja vu, una sorta di interiorizzazione del fatto che tutto è già deciso, c’è la consapevolezza, sbagliata, che i destini di Salerno siano già delineati. Le persone vivono un misto fra abitudine e rassegnazione e, di fronte ad una situazione apparentemente statica, non reclamano i propri diritti, ma si accontentano dell’amico, dell’assessore o del padrino politico, che ti risolvono il problema concreto del momento, che ti aprono qualche piccola scorciatoia burocratica per una pratica o un permesso, o che ti cancellano una multa, tutto sembra far parte di un contesto in cui l’accettazione acritica la fa da padrona. Non si sono pensati i parcheggi, e infatti non ce ne sono, ma viene tollerato chi lascia la macchina in doppia fila. Il turismo è improvvisato e anarchico, ma in compenso si tollerano alberghi e case vacanza abusive, la sporcizia la fa da padrona e il lungomare è al degrado, ma le aziende “partecipate” sono piene di votanti accondiscendenti. L’importante, per tanti salernitani, non è cercare di contrastare questo andazzo, ma cercare di non disturbare il “manovratore”, e se proprio ci si deve lamentare lo si fa sottovoce. La città è disorganizzata, trasandata, congestionata dal traffico, abbandonata, senza verde, senza vision, con una cementificazione selvaggia. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, diminuzione costante di abitanti, chiusura di esercizi commerciali, giovani che scappano via, controlli e sicurezza come elementi marginali di un quotidiano fatto soprattutto di precarietà. Ci verrebbe da chiedere uno sforzo comune di indignazione, ci piacerebbe fare un appello a tutti i cittadini che non ci stanno, a quelli che appena possono si lamentano sui social. Se a Salerno ci tenete, indipendentemente dal vostro credo politico, dalle vostre ideologie, dai vostri trascorsi, se volete che la nostra città rinasca, impegniamoci o tacciamo, per sempre!