Di Olga Chieffi
Risulta non facile fissare la specifica identità della canzone napoletana, perché essa è come un mare che ha ricevuto acqua da tanti fiumi. E’ figlia della poesia, come quasi tutti i canti di antica tradizione, e ha espresso, come le è universalmente riconosciuto i sentimenti, la storia e i costumi di un popolo. Il fatto singolare è che la canzone, “porosa” come la città – per dirla con la definizione che Benjamin coniò per Napoli -, ha assorbito tutto, riuscendo a rimanere in fondo se stessa. Malgrado sia stata contaminata, nel tempo, da sonorità appartenenti ad altre culture e ad altri generi musicali, la melodia napoletana è riuscita a conservare un suo codice di riconoscimento, un proprio DNA, quel “profumo”, che la rende inconfondibile, come una lingua perduta, della quale abbiamo forse dimenticato il senso e serbato soltanto l’armonia, una reminiscenza, la lingua di prima e forse anche la lingua di dopo. Domani, il Teatro Municipale Giuseppe Verdi di Salerno, alle ore 20, ospiterà “Avvenne a Napoli – Passione per voce e piano”, uno spettacolo che unisce musica e storia per celebrare la Canzone Classica Napoletana. Protagonisti dell’evento saranno Eduardo De Crescenzo, cantante e fisarmonicista, e Julian Oliver Mazzariello, talentuoso pianista anglo-italiano. Federico Vacalebre, giornalista e critico musicale, introdurrà il pubblico all’ascolto. Il concerto si lega anche all’uscita del cofanetto con libro pubblicato e distribuito dall’etichetta discografica Betty Wrong Edizioni Musicali di Elisabetta Sgarbi, e il libro, pubblicato e distribuito da La nave di Teseo. Questo speciale progetto rappresenta l’omaggio che Eduardo De Crescenzo, nel pieno della sua maturità espressiva, ha voluto rivolgere alle sue radici culturali, ma anche un lavoro di restauro colto e appassionato. Canta magistralmente, per la prima volta, “un repertorio che gli appartiene per DNA”, come dice Federico Vacalebre nel libro e, nel contempo, conduce un’accurata ricerca storico-musicale tesa a cogliere il pensiero stilistico, sociale e politico di una generazione di artisti rivoluzionari. “A loro si deve la forma canzone così come viene praticata ancora oggi -afferma Eduardo- a loro si deve la nascita dell’interprete che evolve il Belcanto operistico: per cantare i versi alti di poeti così importanti non è sufficiente avere una bella voce, è necessario che il cantante entri nei versi del poeta e li faccia suoi. Questi artisti, per la prima volta, riuscirono a parlare al colto e all’inclita e fecero di Napoli la città dei musicisti e dei poeti, la meta più ambita da tutti gli artisti e gli intellettuali del tempo”. Ascolteremo “Fenesta vascia”, “Luna nova”, “Era de maggio”, “Marechiare”, “’A vucchella”, “Serenata napulitana”, “I’ te vurria vasa’”, “Maria Mari’”, “Santa Lucia luntana”, “Silenzio cantatore”, “Uocchie ch’arraggiunate”, “’O marenariello”, “Te voglio bene assaje”, “Scétate”, “Canzona appassiunata”, “Passione”, “Voce ‘e notte”, “Che t’aggia di’”, “Munasterio ‘e Santa Chiara”, “Luna rossa”. Musiche e versi che con i loro contenuti raccontano semplicità ed erotismo, essoterismo e magia, rituali sacri e profani, feste popolari. Eduardo de Crescenzo resta un moderno cantastorie urbano, che comporrà un incredibile canzoniere dove le suggestioni, le intonazioni, le evocazioni di un vernacolo, che è più una lingua che un dialetto, si trasformerà in un canto ora dolente, ora euforico, capace di esprimere l’eterno incanto dei sensi, di questa fascinosa e misteriosa Partenope. Un viaggio nell’anima che si rinnoverà evocativamente, sull’onda dell’emozione, delle parole e della musica.