SANT'EGIDIO, MORTE JOLANDA, NIENTE SCONTI A PADRE E MADRE - Le Cronache
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SANT’EGIDIO, MORTE JOLANDA, NIENTE SCONTI A PADRE E MADRE

SANT’EGIDIO, MORTE JOLANDA, NIENTE SCONTI A PADRE E MADRE

Infanticidio a Sant’Egidio de Monte Albino, padre e madre incassano la stessa condanna del primo grado: ergastolo per Giuseppe Passariello e 24 anni di carcere per Immacolata Monti. Lo ha deciso la Corte d’Assise d’Appello nella giornata di ieri dopo aver accolto la requisitoria della Procura generale. Per Passariello solo una revoca dell’isolamento diurno in carcere. Per il resto sentenza immutata.  Anche per la Corte d’Assise d’Appello è stato il padre aiutato dalla moglie a soffocare la bambina in una notte di giugno del 2019.  Nell’udienza della settimana scorsa era stato il consulente dei giudici Vittorio Fineschi, il perito del caso Cucchi, a puntare l’indice contro Passariello il quale- per il professionista- avrebbe ucciso con il soffocamento meccanico (a mani nude) senza cuscino la sua bambina.  Quanto riferito da Fineschi  non si discosta molto  perizia disposta dalla procura nocerina. Per la relazione sarebbe  stato il padre della bambina, Giuseppe Passariello, ad uccidere la figlioletta e l’avrebbe fatto soffocandola con le mani in quanto- a dire del professore-, sarebbero state trovate delle tracce biologiche dell’uomo nel naso della piccola. Nelle motivazioni della sentenza di primo grado i giudici scrissero  che  il, delitto di Jolanda avvenne in due fasi, l’una successiva all’altra; prima un tentativo di soffocamento a mani nude (e questo avrebbe trovato conferma con le parole del consulente nominato dai giudici)  e poi “un’azione di soffocamento mortale, attuato con l’ausilio di un corpo soffice per ostruire completamente gli orifici respiratori”. Seconda ipotesi scartata da Fineschi anche se il risultato della sentenza non muta.  Il processo in via di conclusione in Assise Appello ha ricostruito ex novo l’iter culminato nella sentenza di condanna per i due genitori, puntando sul risultato dei due esami mirati (l’altro è stato effettuato dal professore Rapone) a superare la consulenza disposta dalla pubblica accusa (Roberto Lenza) nel corso del primo grado di giudizio, in assenza di accertamenti tecnici d’ufficio. La difesa degli imputati aveva chiesto accertamenti ulteriori, come quello sul cuscino, fino all’ultimo atto del dibattimento, per verificare la presenza di tracce o impronte del padre, ritenuto esecutore materiale. Ieri la condanna anche in Assise Appello: ergastolo per il padre e 24 anni di reclusione per la madre. A giugno le motivazioni, poi l’eventuale ricorso in Cassazione.