di Michele Contegiacomo*
Dal 16.08.2018, data di presentazione della pratica, sono passati 7 anni e nel sito scelto dalla BF srl non sono ancora iniziati i lavori. 7 anni rappresentano un’era “geologica” quando si tratta di normative ambientali tant’è che, dal momento della presentazione della pratica, le normative ambientali, a cui si fa riferimento negli elaborati tecnici presentati, sono cambiate con abrogazioni ed integrazioni, per cui è d’obbligo misurarsi col principio e istituto giuridico del “ratione temporis” cioè per ogni questione da esaminare occorre innanzi tutto applicare la corretta disciplina normativa vigente. Un groviglio inestricabile di richieste, integrazioni, varianti, integrazioni al punto che nella nota del Settore pianificazione strategica e sistemi culturali della Provincia di Salerno data luglio 2019, dando l’ok alla variante urbanistica, ricorda che vi è una tale stratificazione di integrazioni che consiglia al Rup di verificare la proposta progettuale nella sua versione finale. A settembre del 2021 lo Sportello Unico del Cilento prende atto del documento e rilascia l’autorizzazione, in variante alle previsioni dello strumento urbanistico vigente, al titolo abilitante per la realizzazione di un impianto di produzione di 500 Smc/h di biometano chiedendo che i lavori inizino entro un anno dal rilascio del suddetto titolo e vengano ultimati entro tre anni dalla comunicazione di inizio lavori, da effettuare al Comune ed al Suap: Il 20.07.22 la Bf srl chiede un differimento di 12 mesi per l’inizio dei lavori in considerazione delle conseguenze derivanti dalle difficoltà in approvvigionamento dei materiali nonché dagli incrementi dei loro prezzi (approvvigionamento dei materiali che negli elaborati tecnici era dato per scontato visto che avevano scelto quella zona specifica per la grande disponibilità di quei sottoprodotti). Il 12.08.22 il Comune di Ogliastro concedeva 6 mesi di proroga. Il 20.02.23 la Bf srl In considerazione della nuova disciplina regolatoria sul Biometano DM 15/09/22, in particolare art.1 comma 3 (accedono agli incentivi gli impianti per i quali gli interventi non sono stati avviati prima della pubblicazione della graduatoria, e completano la realzzzazione delle opere ammesse a finanziamento ed entrano in esercizio entro il 30 giugno 2026) la BF srl è impossibilitata a dare seguito alla comunicazione di inizio lavori, pena la decadenza dalla graduatoria ai sensi dell’art.5 comma 2 Richiedendo l’estensione della proroga per l’inizio dei lavori dei residui mesi sei ai fini di cui alla precedente richiesta, ai fini dell’espletamento della procedura di gara prevista dal DM 15/09/2022. Ad oggi c’è un cartello, sul sito, che porta la data di inizio lavori 28 agosto 2024, da concludersi entro il 30 giugno 2026 quindi dovrebbero esserci comunicazioni dell’ente che concedeva le proroghe che al momento non sono reperibili ma non c’è motivo di dubitare. QUALI LE OPPORTUNITÀ E I PERICOLI DEGLI IMPIANTI A BIOMASSE? Gli impianti a biogas sono tutti quegli impianti in grado di trasformare le biomasse (cioè le frazioni biodegradabili di numerosi prodotti, solidi o liquidi, di tipo vegetale o animale) in biogas e digestato (ad alto tenore di azoto), attraverso una serie di trasformazioni dovute all’attività dei microorganismi presenti in natura, ma replicate su scala industriale. Il biogas è una miscela di gas (prevalentemente CH4, CO2, Composti organici volatili, H2S, NH3 e altri composti dell’azoto e dello zolfo) che viene generalmente utilizzato in loco, soprattutto per produrre elettricità o calore. Il biometano è invece il risultato della raffinazione e purificazione del biogas. Un upgrading che avviene tramite rimozione di H2O, CO2, contaminanti come silossani, SO2, H2S e NH3. Il biometano può essere potenzialmente IMPIEGATO, insieme alle fonti fossili, sia nell’autotrazione che per soddisfare gli usi domestici e industriali. PRO: Poiché in questi tipi di impianti verrà consumata solo la parte carboniosa, rimanendo inalterata la parte azotata (cioè 100 kg di azoto in ingresso e 100 kg di azoto in uscita, quest’ultimi in una forma cristallina diversa maggiormente assimilabile dalle colture in campo) i PRO sono riferibili solo ed esclusivamente a quegli impianti che ai sensi del DGR n.585/2020, della Regione Campania, effettuano dei trattamenti sul digestato (strippaggio, nitrificazione denitrificazione, fitodepurazione, trattamenti del digestato o degli effluenti di allevamento tramite digestione aerobica); permettono la riduzione di quel fenomeno, correlato al largo uso dell’attività di spandimento del digestato, che prende il nome di EUTROFIZZAZIONE e con cui abbiamo a che fare ogni estate e che consiste nell’arricchimento da parte dei corpi idrici recettori di grandi quantità di composti azotati, avente come conseguenza la rottura dell’equilibrio ecologico delle acque superficiali. CONTRO: Vengono spesso avanzati dubbi, prevalentemente per grandi impianti mal calati nelle realtà territoriali, sui possibili fattori di rischio in termini di: Impatto ambientale sulle tre matrici (aria, acqua e suolo); traffico veicolare soprattutto in aree inadeguate da un punto di vista infrastrutturale; benessere delle comunità che vivono nei dintorni. Con il rischio di creare più problemi di quelli che si intende risolvere QUESTI IMPIANTI A COSA SERVONO? Una rappresentazione plastica di tali impianti è il progetto proposto nel Comune di Ogliastro Cilento. Impianto da 500 Sm3/h di biometano e che inizialmente avrebbe dovuto occupare 4 ettari e mezzo di terreno che ad oggi sono arrivati già a 5 ettari. Prevede digestione anaerobica per la valorizzazione dei sottoprodotti agro-industriali con la produzione di biometano e successiva digestione aerobica per il trattamento del digestato finalizzato alla produzione di concime organico, quindi impianto che almeno sul progetto va ad inserirsi in quelle che sono le linee guida e i programmi d’azione comunitari, nazionali e regionali per le zone vulnerabili all’inquinamento da nitrati di origine agricola. Capace di produrre biometano classificato come avanzato destinato al settore dei trasporti, CO2 e compost organico. L’impianto dovrebbe recuperare letame, liquami per circa 20.000 capi bovini/bufalini, sottoprodotti dell’industria lattiero-casearia, sottoprodotti della lavorazione del pomodoro, ecc. reperibili tutti entro i 30 km. Ma ai fini di una reale sostenibilità ambientale, principio cardine di tali impianti, ci si aspetterebbe che il biometano, la CO2 e il compost prodotti, possano essere commercializzati sempre nei 30 km richiamati, altrimenti si andrebbero a perdere quei vantaggi, anche in termini di CO2, enfatizzati nel progetto. A PROPOSITO DELL’INTERESSE PUBBLICO DI QUESTI IMPIANTI Ai sensi dell’art. 2 del Decreto legislativo 25 novembre 2024, n.190 la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili sono considerati di pubblica utilità e ai sensi dell’art. 3 sono considerati di interesse pubblico prevalente, detto così sembra che la loro realizzazione sia inderogabile. Ma il legislatore dice che pur essendo di pubblica utilità e di interesse prevalente è necessario comunque avere buon senso nella loro localizzazione in quanto sempre ai sensi dell’art. 2 del decreto legislativo 25 novembre 2024, n.190, si dice che nell’ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del Patrimonio culturale e del paesaggio rurale. Ai sensi dell’art. 3 In sede di ponderazione degli interessi, nei singoli casi e salvo giudizio negativo di compatibilità ambientale o prove evidenti che tali progetti abbiano effetti negativi significativi sull’ambiente, sulla tutela della biodiversità’, sul paesaggio, sul patrimonio culturale e sul settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali. Chi autorizza, localmente, la loro costruzione si assume una importante responsabilità, perché si parla di peggioramento della qualità della vita, proviamo solo per un momento ad immedesimarci nelle persone che si troveranno a 20 mt da essi, dopo aver investito centinaia di migliaia di euro per le loro abitazioni, il luogo in ci hanno deciso di intraprendere una attività lavorativa e far crescere i loro affetti più cari. Solo con piccoli impianti si potranno superare i pro e i contro legati alla loro costruzione ed esercizio. Non deve passare l’idea che chi si fa promotore di queste istanze sia contro ogni cosa, noi siamo a favore di una pianificazione sostenibile del territorio, e per fare ciò servono procedure di gestione tecniche ed amministrative che ad oggi mancano, cioè atti sostanziali di indirizzo territoriale che si traduce, molto semplicemente, nel quantificare gli impianti che necessitano sul territorio. *chimico ambientale e portavoce del comitato “Non inquino la mia terra” continua…
PRESENTAZIONE DELLE NORME ESISTENTI RICORDANDO QUALI MATERIALI RICEVERANNO Agli inizi degli anni 90 la Comunità Europea emanò la direttiva nitrati che tra le altre cose chiedeva di quantificare l’inquinamento da nitrati nelle acque, perimetrare le zone vulnerabili da nitrati di origine agricola e fissare codici di buona pratica agricola ed elaborare Programmi d’Azione ai paesi membri. Nel corso di questi 30 anni vi è stato un succedersi di norme, specifiche per ogni ambito di applicazione da quelle per lo spandimento e valorizzazione dei reflui fino ad arrivare alle misure che prevedono incentivi per impianti a fonte rinnovabile innovativi. Quello di più stretta attualità è il Decreto Legislativo n.190 del 25 novembre 2024, noto come Testo Unico Rinnovabili che introduce semplificazioni nei procedimenti autorizzativi per gli impianti di energia rinnovabile identificati in: attività libera, Procedura Abilitativa Semplificata (PAS) e Autorizzazione Unica (AU). Tale impianto ha fatto richiesta per la Pas, ai sensi del Decreto Legge 91/2014 aggiornamento del d. lgs. 28/2011 e non ai sensi del Decreto Legislativo n.190 del 25 novembre 2024; Altresì per quanto riguarda il materiale in ingresso, si fa riferimento ai sottoprodotti elencati nel Decreto Ministeriale 6 luglio 2012 (tab. 1.A) e non alla Normativa di riferimento della disciplina delle fonti rinnovabili attualmente vigente che è il D.lgs. n. 199/2021. Ad ogni buon grado tra i sottoprodotti elencati nel DM 2012 abbiamo: effluenti zootecnici, residui e cascami della trasformazione di frutta e verdura, ecc. ma anche rifiuti di cucina e ristorazione quindi rifiuti urbani differenziati, rifiuti industriali non idonei all’uso nella catena alimentare umana o animale. Per tale motivo riteniamo che un impianto di produzione di biometano da frazione organica di rifiuti solidi urbani, pur essendo qualificabile come “impianto a fonti rinnovabili”, resta un impianto di trattamento rifiuti soggetto, quindi, anche alla autorizzazione unica prevista dall’art. 208 del D. Lgs. n. 152/2006. Dopo una lettura degli elaborati tecnici a corredo del progetto presentato, abbiamo ancora molti dubbi. Oltre a quelli già espressi riguardanti gli aspetti procedurali ed autorizzativi ci sono anche quelli riguardanti l’aspetto tecnico, per citarne solo alcuni: assenza assoluta di una valutazione consona sulle emissioni odorigene ai sensi dell’art. 272 bis del d.lgs. 152/06; assenza di una previsionale riguardante l’impatto acustico; assenza di una relazione tecnica sullo studio della viabilità locale; la Provincia di Salerno evidenzia un fatto sostanziale, afferma che tutti gli elaborati trasmessi sono a firma di un tecnico non laureato. In tal senso, afferma la Provincia, non giova la dichiarazione fatta dalla Ditta proponente in merito al gruppo di progettazione “misto” utilizzato. Gli elaborati devono essere firmati da un tecnico laureato (sia per parte edilizia, presupponendo una progettazione che non può essere di competenza esclusiva di un geometra, sia per parte urbanistica). Inoltre alcuni elaborati tecnici non riportano alcuna firma, mentre altri riportano l’intestazione di un ingegnere, ma risultano comunque firmati da un geometra; prevedono l’utilizzazione di una nuova biomassa, il fico d’india, attraverso l’impianto di talee; per la purificazione dell’H2S utilizzano filtri a carboni attivi, nelle classiche aziende l’abbattimento di tale inquinante avviene per mezzo sistemi biochimici (es. biofiltri, bioscrubbers), l’uso di tale sistema di abbattimento sarebbe innovativo e quindi, convenientemente, da sottoporre all’attenzione degli enti competenti, così come il controllo in continuo (previsto) della qualità del biogas; manca progettazione relativa all’area destinata alla vendita e il suo dimensionamento.





