Domani sera, alle ore 21, il sipario del teatro Verdi si leverà sulle creature stravaganti della compagnia svizzera
Di Olga Chieffi
La straordinaria creatività del teatro non verbale e del trasformismo visivo sbarca da domani sera alle ore 21, sino a domenica con i Mummenschanz. La compagnia fondata in Svizzera 50 anni or sono, porta in scena degli spettacoli di trasformazione visiva, dove oggetti di uso comune, come gomme, tessuti, tubi ed altri materiali, possono diventare grazie alla magia del teatro qualsiasi cosa davanti agli occhi del pubblico. I Mummenschanz sono famosi in tutto il mondo e si sono esibiti in più di sessanta paesi. La compagnia fu fondata nel 1972 dagli artisti svizzeri Bernie Schürch e Andres Bossard con Floriana Frassetto, con l’obiettivo di portare in scena una tipologia di teatro non verbale. Il loro più grande successo è stato registrato a Broadway, dove si sono esibiti per tre anni consecutivi. Dopo la morte di Andres Bossard, Mummenschanz è diventata una fondazione no-profit che si impegna a diffondere in tutto il mondo la magia e l’incanto del teatro che non fa uso di linguaggio verbale o sonoro, avvalendosi soltanto delle potenzialità visive, dell’espressività corporea e delle maschere surreali di cui gli attori fanno uso. Figure delle più fantasiose, giocose creature dotate di vita propria e che non lasciano intravedere gli attori che le interpretano, si alternano sulla scena, e senza il bisogno di parole o musica o scenografia, raccontano storie, situazioni, che coinvolgono gli spettatori facendoli ridere dei momenti di vita quotidiana. La compagnia proporrà uno spettacolo al di fuori dell’ordinario, dove gli oggetti d’uso più comune sono in grado di diventare qualsiasi altra cosa, ma soprattutto dove le potenzialità espressive dei gesti, dei movimenti, dei colori e delle luci, superano di gran lunga il potere, talvolta sopravvalutato, della parola a teatro. Creature stravaganti e buffe, fatte di gomma, tubi, tessuti, gommapiuma, fili fluorescenti, carta e cartoni, stoffa, sacchetti di plastica, rotoli di carta igienica, emergono dal buio della scena con i loro colori sfavillanti, resi ancora più evidenti da un sapiente sistema d’illuminazione, e raccontano senza mai far uso di parole, suoni o rumori, e senza il bisogno di sottofondo musicale, scene di vita quotidiana, piccole storie d’amore tra personaggi fantasiosi, sketches comici ed irresistibili, davanti ai quali non si può far a meno di ridere, nonostante queste strambe creature non parlino né comunichino tra loro, se non a gesti, o modificando di continuo le loro meravigliose maschere. L’aspetto più straordinario della performance dei Mummenschanz è che, ad un certo punto, non ci si rende neanche conto di assistere ad uno spettacolo “muto”. Quando ce ne accorgeremo, cominceremo a pensare che le parole, ma anche solo la musica, non avrebbero espresso ciò che questo linguaggio “visivo” della scena è in grado di comunicare. I Mummenschanz ci riporteranno ad un teatro delle origini, quello del mimo e della pantomima, quando l’arte del teatro non doveva affidarsi ad altro che al proprio codice primario, quello visivo fatto di scena, colori, luci, ed espressività corporea, come gesti, movimenti, maschere, con cui si può raccontare qualsiasi cosa. Un linguaggio incredibilmente universale e compreso da tutti. Tante sono le interazioni con lo spettatore, più volte chiamato a “contribuire” in vari modi alla “creazione” degli stessi personaggi da rappresentare in scena, tra le risate che scoppieranno davanti alla spontaneità, ma anche le assurdità, di ogni sketches.