I due volti di Francesco Cicchella - Le Cronache
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I due volti di Francesco Cicchella

I due volti di Francesco Cicchella

Abbiamo trascorso una serata col performer napoletano ospite del Teatro delle Arti, prima in dialogo con gli allievi del liceo Scientifico Severi, quindi lo spettacolo con la super-band capitanata da Paco Ruggiero e due ballerine, in uno show ai limiti della perfezione

Di Olga Chieffi

Un One Man show da ricordare ha ospitato in questo week-end il Teatro Delle Arti, con Franco Cicchella ed una super- band d’appoggio capitanata dal pianista Paco Ruggiero. “Bis!” il nuovo spettacolo del performer partenopeo è stata  l’occasione per ritrovarsi e scoprire l’altro volto di Francesco Cicchella, il quale si è donato generosamente prima di concentrarsi, “fare i suoni” e prepararsi per salire sul palcoscenico, agli allievi del Liceo Scientifico Severi di Salerno. Cosa c’è dietro le parodie di Francesco Cicchella, sempre sorridente, esilarante? In primo luogo ci sono studi classici, ovvero lo studio del teatro, la filosofia del “pathire”, la nascita dall’ombra, dal contrasto, per poi riuscire ad accendere la meraviglia, che non sarà solo incanto o superamento estatico, ma dovrà continuare ad essere riflessione, la riflessione del cogito che proverà insieme l’angoscia del silenzio e la gioia della parola, del suono delle cose. Francesco Cicchella ha iniziato subito con la musica, piccolo enfant prodige un po’ in tutto, dalla scuola al pianoforte, al teatro, al ballo a 19 anni lo abbiamo già applaudito con i colleghi di Made in Sud. “I generi li ho provati tutti – ha rivelato Francesco ai ragazzi – mi sono immaginato attore serio, di musical, poi ho scelto il genere comico, che poi non è solo divertente, buffo, poiché mi rivedo nel clown melanconico, poiché qui posso creare a mio piacimento”. Infatti, in Cicchella, l’immaginazione e il mestiere si combinano, risolvendosi, nella fantasia, che decompone l’ordine delle cose, risignificandolo. Una fantasia, però, non da intendersi come meravigliosa erranza dell’immaginario, ma come capacità della mente a comprendere, a décomposer, a inventare. Analisi, sintesi, sensibilità, intelligenza è giusto questo il Cicchella che attraverso le sue parodie lancia messaggi importanti per “dire” e “cambiare” le cose. Lezione ai ragazzi in cui non abbiamo potuto non pensare a John Cage, seduti sugli scalini d’accesso in palcoscenico, che dichiarava: “La cosa decisiva che penso influenzi il mio modo di agire più di ogni altra cosa è l’interesse sociale, e così cerco di non scrivere un pezzo a meno che non abbia una sua utilità in quanto esempio di una società”.  Quindi, sipario su di uno show diretto dallo stesso Cicchella che, con Gennaro Scarpato e Vincenzo De Honestis e un empatico quintetto con Paco Ruggiero, al piano e alle tastiere, Andrea Venditti al basso elettrico, Elio Severino alla batteria, Emilio Silva Bedmar al sax e flauto e Guido Della Gatta alle chitarre con due splendide ballerine, ha lasciato che Francesco “giocasse” con la musica, cominciando da Another Star di Stevie Wonder, che ha immediatamente scoperto le meravigliose carte del sassofono tenore di Bedmar, la sua straordinaria qualità di esecuzione, esaltata dalla freschezza sempre mantenuta vivissima, dalle soluzioni espressive, dalla perfetta combinazione di lucida razionalità e di poetico abbandono, in un miracolo di interazione con la formazione, in un simpatetico,  ferace interplay, nei diversi brani, impreziositi da flessibili linee melodiche. Così Francesco raccontando le avventure e le sgridate della madre a Mario, si è trasformato in Pizzul, che l’interrogazione a scuola sugli antichi romani diventava una sfilata di personaggi da Peppino di Capri per Tiberio a Celentano per Adriano l’Imperatore, l’era dei Consoli, con la Carmen nazionale, Fossati, Baldi Giovanni (Nino D’ Angelo) e Biondi per i barbari, Patrizi e Plebei sono i Ricchi e Poveri che mangiavano quest’ultimi i Tozzi di pane, e se De Honestis avrebbe voluto imitare Gianni Morandi ma è stato sempre bloccato da tutto e tutti, il Maestro  Paco alla fine Maliziusella di Capotosti, dalla fresca e comunicativa invenzione è riuscito felicemente a proporla. Clou della serata, dopo la trasformazione nel personaggio di Tony Servillo, seriosamente comica, quella da Bublè in Gigione, un esorcismo, passando dai Bee Gees al trash e kitsch di Gigione con A Campagnola, il Gelatino e Trapanarella, quindi le malattie dei cantanti che influenzano le loro emissioni di voce da Elvis Presley con la narcolessia, alle emorroidi di Antonello Venditti, sino all’allergia di Michael Jackson, in cui ha sfoggiato un pressoché perfetto  Moonwalk, per chiudere con lo stile di Mika e il testicolo retrattile o in ascensore, con canzoni ironicamente rilette, sino alla citazione della nascita dei Cugini di Campagna. Finale in a solo al pianoforte per dedicare al pubblico, fuori di ogni lazzo, All of me di John Legend, un modo per dire che amare qualcuno significa amarne ogni parte, inclusa quella sbagliata, quella sfuggente, quella problematica, e anche quella che rimane dentro te stesso. Applausi e bene, bravo, bis!