Da Salerno a Buenos Aires per poter inseguire il sogno di diventare artista - Le Cronache
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Da Salerno a Buenos Aires per poter inseguire il sogno di diventare artista

Da Salerno a Buenos Aires per poter inseguire il sogno di diventare artista

Di Erika Noschese

Dall’Argentina, da Salerno a Buenos Aires per inseguire un sogno: la musica. Vincenzo Cicale, 33 anni, viveva a Mercatello, nella zona orientale del capoluogo di provincia. Dopo la laurea in lingue e culture straniere presso l’Università degli Studi di Salerno decide di specializzarsi e, nel contempo, coltivare il suo sogno: diventare un artista. Così, biglietto di sola andata per l’Argentina, alla scoperta delle sue radici, della sua famiglia e di quel nonno paterno, argentino, mai conosciuto. Al suo lavoro di insegnante ha affiancato quello da cantante, si sta specializzando in Tango ed è protagonista di serate magiche. Oggi, vive a Buenos Aires e per quanto ami il Paese, vorrebbe poter «vivere con un piede in Italia e uno in Argentina, portare quanto appreso qui nel mio sud».
Vincenzo, dall’Italia all’Argentina per coltivare la tua più grande passione, la musica. Diciamolo subito: ci sei riuscito?
«Se ci sono riuscito? Se mi guardo indietro e osservo il percorso fatto allora so di aver camminato abbastanza ma c’è ancora molta strada da percorrere. Sicuramente è la strada giusta ma c’è tanto da fare. Credo che un artista sia in continua trasformazione, in continuo studio ed evoluzione ed è infinito il tragitto. Uno degli aspetti più belli è proprio questo: non arrivare mai davvero a destinazione perché ci sarà sempre qualcosa in più da apprendere, su cui lavorare per migliorarsi».
Come nasce il tuo amore per l’Argentina?
«Il mio amore per l’Argentina nasce fin da quando ero piccolo. Ho parenti in Argentina, da parte del nonno paterno; non l’ho mai conosciuto e la curiosità di sapere di lui, della sua vita mi ha spinto ad avvicinarmi all’Argentina per entrare in contatto con la mia famiglia e le mie radici. Tutto questo mi ha portato ad essere vicino a questo Paese e alla cultura argentina: dai 13 anni in poi mi ha aperto un mondo con la lingua, la letteratura, la musica, con tutte le varianti della lingua e per il modo di fare».
Hai frequentato l’Università degli Studi di Salerno, laurea in lingue poi un biglietto di sola andata. Avresti avuto, secondo te, le stesse possibilità a Salerno o in altre città italiane?
«Non credo che avrei avuto le stesse possibilità né che avrei fatto quanto sto facendo oggi in Argentina ma lo dico con amarezza. Buenos Aires è considerata tra le dieci città con proposte artistiche più grandi al mondo; esempio concreto: un artista può crescere concretamente su un palco, partendo da zero, per arrivare ai grandi livelli. Ci sono locali dove la gente può salire su un palco e ha a disposizione 15 minuti per cantare o recitare, fare stand up e fare esperienza di palco, facendosi conoscere contemporaneamente. Qui non c’è bisogno di contatti o di agganci, un artista può farsi conoscere in questo modo ed è una cosa che a Salerno manca: lì devi avere buoni contatti e devi essere sicuramente già bravo. Ma come si diventa bravi se non si fa esperienza su un palco? E poi, Salerno è una città che deve ancora crescere da un punto di vista artistico e culturale, ha grandi potenzialità ma purtroppo non offre molto artisticamente. Ci sono sicuramente tante città italiane che hanno una valida offerta culturale ma credo che Buenos Aires e il continente americano in generale abbiano la forza di aiutare i giovani a realizzare i propri sogni a dispetto dell’Italia».
È stato difficile ambientarsi in una terra straniera, da solo?
«Sì, è sempre difficile ambientarsi in una terra straniera. I problemi più grandi sono sicuramente due. Uno di questi è la distanza perché l’Argentina non è così vicina, impiego almeno 14 ore per arrivare in Italia e posso fare un viaggio così solo una volta l’anno perché i costi sono eccessivi. Qui si sente molto di più la nostalgia, la sensazione di essere lontani da casa a dispetto di un Paese europeo. Ma l’Argentina, anche a causa della forte presenza di immigranti italiani, ha molti elementi in comune con il nostro Paese; sono italiani non italiani perché elementi tipici della nostra cultura vengono presi e in parte modificati, adattati e quindi si percepisce questa lontananza, questa diversità seppur le tante similitudini. Non è facile ma le motivazioni per restare ci sono e oggi posso dire che ne vale la pena».
Oggi, secondo te, un giovane ha la possibilità di vivere della sua passione?
«Oggi, ieri e domani, un giovane può vivere delle proprie passioni; non è facile, non esiste un manuale che ci spieghi come fare. Bisogna lavorarci molto, crederci ma sono convinto sia assolutamente possibile».
Pensi mai di tornare in Italia?
«Mi piacerebbe avere un piede in Italia e uno in Argentina, avere la possibilità di potermi muovere costantemente tra questi due Paesi e di poter dare qualcosa al mio sud Italia. Magari tutto ciò che sto imparando in Argentina mi piacerebbe portarlo a Salerno per arricchire la mia città dal punto di vista culturale e di estenderlo a tutto il sud. Sarebbe bello davvero».
Cosa consigli ai giovani che vorrebbero intraprendere la tua stessa strada?
«Il consiglio che posso dare ai giovani e alle persone che vogliono intraprendere la mia strada è quella di crederci. Non c’è un’età per iniziare e questo me lo insegna l’America: tutti si possono reinventare, a qualsiasi età e in qualunque momento. Bisogna credere nei sogni, non far sì che resti sulla nuvola ma prenderlo e creare un progetto perché la cosa più importante è metterla su carta e lavorarci sopra. Tutti abbiamo la possibilità e la capacità per poter realizzare quello che vogliamo ma c’è bisogno di tanto lavoro».
Italiano all’estero, pro e contro?
«Bella domanda! Ho il mio gruppo di amici italiani, è bello riunirsi ma è altrettanto bello mischiarsi con i locali. Credo sia utile avere amici italiani ma è altrettanto utile e bello non stare solo con loro altrimenti non ci si adatta mai alla cultura del Paese. Il pro è che l’italiano all’estero diventa la tua famiglia, letteralmente, perché sono quelli che aiutano, capiscono e questo avviene quando l’interlocutore ha vissuto un’esperienza simile alla tua».
Progetti a breve o medio termine?
«Il 16 settembre canterò alla finale del Festival de Tango di Flores, uno dei festival più importanti di Buenos Aires. Superare la finale è stata una bellissima emozione: su 70 persone che si sono proposte solo nove di noi hanno superato la selezione. Sono straniero, vivo in Argentina e aver raggiunto questo importante traguardo è bello. Penso alla mia città, alla mia gente, alle mie regioni perché mamma è campana e papà della Basilicata quando accadono questi episodi belli, mi sento ambasciatore del mio sud ed è un orgoglio poterlo fare in un festival così importante».