A 5 anni dalla scomparsa, ricordiamo l’Avv. Rosanna Benvenuto, come Alcesti, colei che non ebbe riluttanza a morire per amore”
Di Giulia Iannone
Era il 22 luglio 2016 quando si addormentava per sempre, a Roma, dopo aver salutato e riunito tutti i suoi cari al suo cospetto, l’avvocato Rosanna Benvenuto, che ha vissuto e lavorato per 40 anni a Salerno. Sono trascorsi esattamente 5 anni dalla scomparsa di mia madre, e quale sia la giusta maniera per poterla commemorare e ricordare ancora una volta, è per me molto difficile, doloroso, inaccettabile. Perché la si vorrebbe con sé. Mi sono ricordata, però, grazie ad uno dei soliti segni che riaffiorano di lei nel mio viver quotidiano, che in una delle nostre conversazioni serali estive, che avvenivano sul nostro balcone di casa in cerca di refrigerio e sollievo dal grande caldo, mia madre mi aveva raccontato la storia dell’eroina tragica di Euripide, Alcesti, dicendomi “ Io sono come Alcesti. Un giorno se dovrai ricordarmi, pensami come colei che non ebbe riluttanza a morire per amore”. E proprio l’altra sera, la storia mi è capitata davanti agli occhi, sfogliando il cellulare. Ed ho ricollegato le due figure femminili. “ Il Dio Apollo narra di essere stato condannato da Zeus a servire come schiavo nella casa di Admeto, re di Fere. Apollo nutriva per Admeto un grande rispetto, tanto da aver ottenuto dalle Moire che l’amico potesse sfuggire dalla morte a condizione che qualcuno si sacrificasse per lui”. Era questo il passaggio che mia madre mi raccontava sempre con grande intensità e valore : il concetto del sacrificio, senza indugio o titubanza, che prova solo una madre e moglie devota. “ Nessuno tuttavia era disposto a fare questo sacrificio, nessun amico, né gli anziani genitori, solo l’amata sposa Alcesti si offrì prontamente. Quando arriva Thanatos, ovvero la morte, Apollo tenta in tutti modi di evitare la morte della donna, ma poi si allontana, lasciando la casa avvolta e proiettata in un silenzio angoscioso”. Mia madre indugiava sulla descrizione della donna,dell’eroina, pronta ad offrirsi alla morte, vinta dalla commozione e dal dolore per il distacco dalla sua famiglia. “Grazie all’aiuto del marito Admeto e dei figli, Alcesti appare sulla scena per pronunciare le sue ultime parole: saluta il sole, compiange se stessa, accusa i suoceri, che egoisticamente non hanno voluto sacrificarsi e consola, anche in quel momento tragico, suo marito. Prima di morire, Alcesti si fa promettere dal marito di non essere sostituita da altra donna. “il tempo ti consolerà, non è più niente chi muore”. Arriva sulla scena Eracle, intento in una delle sue dodici fatiche per chiedere ospitalità. Admeto lo accoglie con generosità, pur non nascondendogli la propria afflizione, tanto da essere costretto a rivelargli il motivo. Racconta all’eroe però solo metà della verità: gli dice che è morta una donna che viveva nella casa ma non era consanguinea, per non mettere a disagio l’ospite. Sarà poi un servo, a rivelare ad Eracle la verità: la donna non consanguinea morta in realtà è la moglie di Admeto. L’eroe fortemente pentito – senza riguardo per la situazione si era persino ubriacato – decide di scendere nell’Ade per riportare in vita la donna. Eracle allora, ritorna con una donna velata, fingendo di averla vinta a dei giochi pubblici, per mettere alla prova la fedeltà del marito addolorato. Admeto, memore e devoto alla promessa fatta , ha quasi orrore di toccarla, convinto che sia un’altra, ed acconsente a guardarla solo per compiacere il suo ospite. Quando toglie il velo, si accorge che la donna, non è anonima ma Alcesti, finalmente restituita all’affetto dei suoi cari. “Molte sono le forme del divino. Molte cose gli dei compiono contro le nostre speranze e quello che si aspettava non si verificò, e quello che non ci si aspettava diede compimento il Dio” dice la tragedia in conclusione. Il dono di mia madre, sotto il velo persistente del ricordo e purtroppo del tempo che trascorre che la fa sbiadire, perché viene meno la frequentazione quotidiana, me la rende più forte e presente nelle idee, nei valori, nei sentimenti, negli esempi, negli insegnamenti. C’è in quel velo tutto ciò che mi manca, e primo fra tutto il suo amore, affetto, il senso della cura, l’accoglienza senza egoismo, la dedizione, la gioia, la gentilezza, la maternità esemplare che non potrò mai dimenticare. Sacrificio, amore, famiglia, terra amata d’origine, queste sono le parole chiave che definiscono benissimo mia madre, che è andata e tornata dagli inferi, credo da sola, senza l’aiuto di Eracle, ma per un progetto divino che ancora oggi non mi è chiaro, ma che mi lascia un senso di grande mancanza ma di infinito affetto di madre. Come mi tornano, uno ad uno, quei racconti d’estate, sul balcone di casa, che mi portavano in viaggio, tra mito, vita e forza di andare avanti.