Lungi da me attaccare chi in questi giorni sta usando parole di lode nei confronti degli studenti che ogni mattina, dall’8 di gennaio in poi, sono obbligati a lunghi viaggi per raggiungere scuola e per poi tornare a casa. Treni pieni, percorsi alternativi non propriamente degni di un paese civile, ma le strade provinciali del Cilento sono esattamente questo, ritardi vari sono ormai all’ordine del giorno nella vita dello studente medio di Vallo della Lucania. Onore a loro, ovvio, che affrontano tali difficoltà, ma forse chiamarli “eroi” è leggermente troppo.
Non perché non lo siano, anzi, non perché non sia per loro ampio e complesso andare a scuola, ma perché gli eroi sono altri. O “anche” altri. Chi scrive conosce benissimo la realtà dei collegamenti salernitani sia su strada in asfalto che in ferro perché per recarsi a lavoro deve spostarsi di molti chilometri. Il pendolarismo è un sacrificio perché porta via tempo, energie, pazienza, soprattutto se esso deve concretizzarsi in situazioni al limite della sopportazione umana. E i pendolari, non solo in provincia di Salerno ovviamente, sono migliaia e questa condizione non è legata ai lavori sulla Cilentana i quali, per quanto lunghi, avranno prima o poi una fine. Per gli altri no: i problemi continueranno e dovranno recarsi al lavoro sempre e comunque, con la pioggia, col vento, col sole, col caldo, con la neve. Prima che il sole sorga sono già lì, sulla banchina, ad attendere il treno, avvolti nei loro cappotti o già pronti ad affrontare l’afa della giornata. Ci sono, poi, altre persone che dalla chiusura del viadotto sulla Cilentana hanno avuto solo e soltanto problemi. Si tratta dei malati oncologici e dei dializzati che ogni giorno devono recarsi all’ospedale di Vallo della Lucania, o in altri nosocomi a nord, per sottoporsi alle cure salvavita, necessarie e fondamentali, non procrastinabili e che non possono dipendere dall’apertura o dalla chiusura di un viadotto.
Anche loro sono costretti ad affrontare quelle mulattiere, strade che a chiamarle tali si fa fatica. Devono però farlo. In ospedale debbono andarci anche perché l’alternativa sarebbe la morte. Rispetto immenso, dunque, per gli studenti, per i docenti e per tutti gli operatori della scuola costretti a quotidiane odissee, ma prima di chiamarli “eroi” si deve sinceramente riflettere a lungo. Non perché non lo siano, meglio ribadirlo, ma perché l’eroismo è altrove. C’è addirittura chi ha avanzato l’idea di ridurre i giorni di svolgimento delle lezioni per permettere a studentesse e studenti di recuperare, di rilassarsi, di riposare. Soluzione mai pensata per i lavoratori, però, ugualmente pendolari. L’eroismo risiede in chi resiste, è in quei giovani che la scuola l’hanno da poco lasciata che ancora vivono nel Cilento, nonostante i mille disagi, nonostante l’abbandono da parte delle istituzioni, nonostante il Cilento non sia nelle agende non tanto dei governi nazionali quanto di quelli strettamente locali. Se così fosse, non ci sarebbero i disagi e ciò è incontrovertibile. Nel frattempo, eroi e no, il 19 sarà sulla Cilentana il sottosegretario ai Trasporti Tullio Ferrante che fa sapere di avere massima attenzione sulla vicenda e che entro Pasqua il viadotto sarà riaperto.