Carlo Chirico, ragione e passione democristiana - Le Cronache Ultimora
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Carlo Chirico, ragione e passione democristiana

Carlo Chirico, ragione  e passione democristiana

Antonio Manzo

Paziente con la parola, ma irremovibile nelle sua plasticità corporea tutt’altro che remissiva ben nota a Mimì, il fidatissimo autista di Scafati, a Carlo Chirico si deve il merito se la giornata del 2 maggio 1976 con la presenza in corteo a Salerno di Benigno Zaccagnini non finì in una tragedia italiana dell’infausta stagione degli apposti estremismi. Un attacco ai democristiani al corteo con le provocazioni dei giovani missini e dei giovani comunisti. Ora che Carlo Chirico non c’è più è andato via anche la ragione democristiana che lo connotò, nella sua vita politica, anche nella pericolosa circostanza salernitana degli opposti estremismi in campo pronti d ingaggiare la lotta. Un giorno mi disse raccontando l’episodio della candidatura di Renzo Lusetti voluta tenacemente da Ciriaco De Mita che estromise la volontà del partito salernitano di candidare il giornalista Andrea Manzi, designato dagli amministratori della Valle dell’Irno, a quel tempo riconosciuto serbatoio elettorale della Balena Bianca. “Fu una candidatura “aerea” quella di Renzo Lusetti – mi raccontò con ironia – perché merita la conoscenza di qualche precedente e di una pianificata conseguenza. Ma io non racconterò né l’una né l’altra, perché continuo ad amare il mio partito> dice il democristiano di cervello e sangue Carlo Chirico. Segretario provinciale Dc e poi parlamentare scudo crociato mi raccontò, ma, ma non troppo, il “miracolo” della candidatura di Renzo Lusetti catapultato da Parma nell’allora circoscrizione elettorale Salerno. Avelino-Benevento per volere di Ciriaco De Mita. La sua candidatura nel 1987 fu resa possibile grazie al velocissimo trasferimento con l’elicottero di Callisto Tanzi alla scadenza della presentazione delle liste presso il tribunale di Benevento. Carlo Chirico, per carità di partito, glissa sulla candidatura “aerea” ma non potette non raccontare, dettagliatamente, quel l 2 maggio 1976 con la presenza dell’allora segretario dc Benigno Zaccagnini. Strade piene e manifestazione a Piazza Amendola per protestare contro l’incendio della bandiera Dc alla festa della Liberazione celebrata poche settimane prima. Carlo Chirico fu il protagonista principale. Racconta così quella giornata: <La lunga tensione di quella settimana approdò, non senza l’attenzione preoccupata della Prefettura e della Questura, alla decisione di un 25 aprile unitario, col saluto della Associazione Partigiani e dei Sindacati nel Teatro Augusteo, dopo un corteo da Piazza Ferrovia a Piazza Amendola con la presenza delle Bandiere dei rispettivi movimenti. Già durante il corteo si era avvertita grande agitazione: frequenti le urla di “Via la Democrazia Cristiana”, i cui giovani dc marciavano tra le prime fila inalberando le loro bandiere, insolitamente numerose. Raccontò Chirico, testimone di quelle ore drammatiche. Conviene oggi quando gli sarà dato l’ultimo saluto far parlare lui. Per ricordare la fermezza dell’uomo, la ragione democristiana e lo spirito del docente universitario. “All’Augusteo la scena si guastò: mentre i dirigenti furono avviati verso il palco, i giovani e le loro bandiere furono indirizzate nella sala, stranamente già occupata da gruppi di giovani extraparlamentari che cominciarono a gridare disordinatamente “fuori i democristiani”, “La Resistenza è comunista” (evidentemente non avevano sentito parlare dei tanti partigiani diccì, primi fra tutti Benigno Zaccagnini e Tina Anselmi). Il tumulto non si placava e fu allora che uno dei sindacalisti presenti, che avrebbe dovuto prendere la parola, mi si avvicinò all’orecchio e con tono tra lo spaventato e l’imperativo sussurrò “Chirico, dà l’ordine di abbassare le bandiere, se no qua finisce male”. Offeso nella dignità di democratico e toccato dal patriottismo di Partito gridai invece, rivolto soprattutto alle ragazze che stavano nelle prime file, con quanto fiato avevo in gola: “Ragazze, mantenete alte le nostre bandiere”. Seguirono alcuni minuti d’inferno, con un’aggressione violenta e infame da parte dei cosiddetti rivoluzionari che si accanirono soprattutto sulle ragazze e sulle bandiere: qualcuna delle prime finì in ospedale con prognosi per la verità non grave, alcune delle seconde furono bruciate e calpestate. L’immediato intervento della Polizia, presente in forze perché forse già insospettita, evitò che la giornata finisse in tragedia, sciogliendo la manifestazione. Sul loro giornale la mattina del 27 i presunti rivoluzionari titolavano quanto era successo “La DC, messa a tacere, abbandona la sala”. Si, è vero, non solo messa a tacere, ma colpita da minacce e violenze, secondo la tecnica propria dei fascisti nel giorno della Liberazione dal Fascismo! I dirigenti democristiani si raccolsero immediatamente nel vicino Palazzo Sorgenti col loro Comitato Provinciale e rimasero in seduta permanente per tutta la settimana, insieme con la loro rappresentanza parlamentare. Lì ricevettero la testimonianza di solidarietà dei Partiti democratici e particolarmente sincere mi sembrarono le parole di Franco Fichera, di Tommaso Biamonte e di Nini’ Di Marino, degli altri non so quanto fossero appagati che l’evento potesse rallentare, almeno in sede locale, le spinte aperturiste presenti nella DC e nel PCI. La Segreteria Nazionale e Zaccagnini informati consigliarono immediatamente una manifestazione di popolo da tenersi con la mobilitazione di tutta la Provincia, la domenica successiva 2 maggio, con la partecipazione del Segretario Politico Nazionale sul tema della Libertà e della Democrazia. Il corteo che il 2 maggio 1976 partì da Piazza Ferrovia per raggiungere Piazza Amendola costituisce la più grande manifestazione popolare nella vita democratica della Città di Salerno. Non solo il corteo in marcia, ma tutte le traverse che sui due lati di Corso Garibaldi danno verso l’alto e verso il mare erano invase e chiuse da una folla partecipe dell’evento, che scoraggiò in silenziosa fuga qualche rarissima voce di dissenso. Il palco per il comizio di Zaccagnini era situato tra il Palazzo del Municipio e la Prefettura, davanti alla Sede d’allora dell’Azienda di Soggiorno e Turismo.Ricordo Carlo Mazzella avvolto in un grande panno immacolato sormontato da uno scudo crociato dipintogli addosso per tutta la persona. Ricordo da Angri la signora Smirne e da Sapri Gilda Madonna con Corinna Bottiglieri ed un foltissimo gruppo di militanti femminili cantare sorridenti “Biancofiore”, e ricordo soprattutto i tabelloni che testimoniavano la presenza dei Consigli di fabbrica di Salerno e di alcuni Comuni della Provincia. C’era da rimanere sbalorditi a vedere amici da sempre concorrenti tenaci nella dialettica democratica interna di Partito, stringersi insieme sorridenti e nel volto una qual certa solennità quando levavano, insieme, Scarlato e D’Arezzo, alta la voce gridando “libertà – libertà”. E con loro l’intero gruppone compatto dei deputati democristiani della Provincia Amodio, Pica, Lettieri, Valiante, coi senatori Colella e Manente Comunale e con De Mita venuto a rendere la sua testimonianza da Avellino. Col volto severo e stirato sul palco, come isolato nella solennità dell’evento, rivedo Roberto Virtuoso e con lui Michele Pinto e l’indimenticabile Michele Scozia e con loro entusiasta, pressocché al completo, un Comitato Provinciale che nelle settimana di preparazione della visita era stato infaticabile e ineguagliabile: D’Antonio, Musco, Apolito, Di Donato, Adinolfi, Del Mese, Valiante, Maurano, Salemme (poi divenuto lo storico scrupoloso studioso delle cose nostre). E c’erano, con in testa quello di Salerno Alberto Clarizia, tutti i sindaci democristiani della Provincia. Ma più di tutte restano impresse, le braccia leggermente protese di Benigno Zaccagnini a stringer mani e dalle labbra socchiuse, come un ritornello o un brontolio dolce il versetto “difendete la libertà”. Lo stesso tema affrontato nel suo discorso, svoltosi dopo il saluto del Segretario Provinciale e quello di un entusiasta Pasquale Cuofano i giovani della dc vollero celebrare la libertà. Fu una stagione irripetibile per la Dc che certamente sarà ricordata con tutti i corollari politici, anche riprovevolmente negativi, di quegli anni”. Grazie Professore, in viaggio verso Dio. Non dimenticherò mai il tuo commento all’indomani della scomparsa di Mario Tronti, storico marxista. “Ricorda Antonio, Mario Tronti ha avuto il pregio di avere compreso più di tanti intellettualoni di destra e di sinistra che il ripudio del relativismo etico predicato da Joseph Ratzinger, papa Benedetto XVI, non rappresenta una categoria della teologia della conservazione ma corrisponde all’approdo più sublime dell’Umanesimo”.