
(…) Lei pensa che i Consorzi di bonifica intesi come enti fondati per una specifica missione abbiano ancora un futuro alla luce dei cambiamenti strutturali del quadro economico generale o vanno ripensati?
Certo che sì, oggi la bonifica è più che mai essenziale e lo strumento “Consorzio” è il modello giusto. Se analizziamo il quadro storico della nostra Italia, la bonifica è nata, in sostanza, per sottrarre terre all’impaludamento e questa cosa ha avuto le sue evoluzioni dal XIX secolo in avanti, a partire dai grandi notabilati del nord fino ad arrivare ai Borbone al sud. Non dimentichiamo che ci sono opere di bonifica realizzate dai romani ancora oggi in piedi, quindi è un falso storico dire che la bonifica è stata fatta unicamente dal fascismo, sebbene quest’ultimo fosse motivato dal fatto che bisognava mettere quante più terre possibili a coltivazione e l’unico modo era fare la bonifica. Non credo di esagerare, però, se dico che un grande bonificatore fu Camillo Benso di Cavour, che fece costruire il più grosso canale italiano, appunto il «Canale Cavour», che attraversa il Po e sfocia nell’Adriatico. Però, il più grande conoscitore e inventore, direi, dei processi di sottrazione di terra al latifondo è stato Arrigo Serpieri
Si sente dire spesso che le imprese agricole a volte sottovalutino il valore e l’importanza di acqua e bonifica. E’ vera questa cosa o è una leggenda, insomma esiste una coscienza adeguata da parte delle categorie di riferimento del Consorzio?
Un tempo era così, oggi molto meno. Io direi che c’è un elemento storico che incide non poco.
Quale?
La disponibilità dell’acqua: è come se noi immaginassimo che in un palazzo condominiale, un bel mattino, apriamo il rubinetto e non c’è acqua. In quel momento preciso ci accorgiamo della sua importanza. La stessa cosa succede in agricoltura. Oggi, avendo ottimizzato i processi di irrigazione legati alla sua disponibilità per 12 ore su 24, non sembrerebbe essere un problema principale ma lo diventa nel momento in cui, d’improvviso, manca l’acqua. Quindi diciamo pure che c’è stata un’ulteriore crescita culturale relativa all’importanza dell’acqua che è determinante dal punto di vista della qualità delle colture ma soprattutto della redditività delle colture stesse. Gli agricoltori danno un peso sempre più forte ai sistemi di gestione.
Ma la vita del Destra Sele non si esaurisce qui
Esatto, il Consorzio organizza incontri e corsi di formazione per gli agricoltori, per informarli sulle nuove tecnologie e sulle pratiche agricole sostenibili. Senza dire che fornisce assistenza tecnica e consulenza per aiutarli ad ottimizzare l’utilizzo dell’acqua e a migliorare la qualità delle loro produzioni.
Sono molti anni che lei è Presidente del Destra Sele: al di là di quanto sin qui detto, quale potrebbe essere il tratto distintivo di questa Presidenza?
Diciamo che ho avuto la fortuna di amministrare il Destra Sele negli ultimi 25 anni soprattutto grazie a ottimi compagni di percorso che, sostanzialmente, erano e sono imprenditori, li abbiamo scelti proprio per questo. L’unità di intenti è massima, posso addirittura affermare che in tutte le delibere approvate negli ultimi 25 anni, sia di giunta che di consiglio, non c’è stato mai un solo voto contrario.
L’unanimismo prolungato può essere un’arma a doppio taglio a volte…
Nel nostro caso è andata diversamente perché c’è stata una scelta alla base di tutto
Che tipo di scelta?
Una scelta non dettata da posizionamenti politici ma fatta soprattutto nell’interesse delle imprese agricole, quindi del territorio tutto. Diciamo che noi rappresentiamo un punto alto e qualificato della sussidiarietà.
Che cosa si intende per sussidiarietà ora?
Rapporto armonioso tra la dimensione verticale e orizzontale del sistema, ogni intervento lo facciamo nell’interesse dell’impresa agricola in quanto fruitori di un beneficio, ma lo facciamo soprattutto nell’interesse della collettività perché «allontanare» l’acqua non significa allontanarla soltanto dalle aziende agricole ma da tutto il territorio. Le scelte fatte negli ultimi 20 anni vanno in questa direzione. Quando arrivai al Destra Sele c’era un sistema che ho definito «borbonico».
Che intende per «borbonico»?
La prima domanda che mi feci anni fa fu questa: com’è possibile che un agricoltore debba aspettare 10 giorni per poter irrigare? Abbiamo quindi dovuto attrezzarci perché l’agricoltore potesse avere la disponibilità idrica 365 giorni all’anno, aprendo cioè la sua bocchetta seguendo la stessa logica del condominio urbano dove quello del primo piano deve poter farsi la doccia come quello del sesto. Questo concetto secondo cui gli agricoltori dovevano irrigare tutti insieme, utilizzando cioè tutti i nostri 12 bacini contemporaneamente, sembrava una pazzia, tant’è che mi sono scontrato spesso con professori universitari che sostenevano che, essendo l’acqua un fattore di disponibilità, all’agricoltore andava data quando «decideva il sistema», cioè a turni. Io invece ho sempre sostenuto che non esistono turni, nell’agricoltura moderna tu devi poter dare acqua sempre, è come una persona che non può né deve bere per 5 giorni per attendere fino al sesto. Questa cosa sembrava all’inizio un’utopia, oggi a livello nazionale questo nostro percorso ha fatto scuola facendo del nostro Destra Sele uno dei consorzi meglio qualificati in Italia
In che senso?
Potrei raccontare quando facemmo una gara nazionale e internazionale per un impianto di irrigazione su 1800 ettari. Un progettista, considerato un luminare, ci disse che non era possibile dare l’acqua a tutti in contemporanea. Io sostenni il contrario perché noi abbiamo fatto i bacini, ed ero convinto che bacino per bacino, sotto-bacino per sotto-bacino, l’impianto di irrigazione doveva essere legato a una vasca di accumulo proporzionata a quanti metri cubi potevano servire agli ettari. Alla fine abbiamo avuto ragione noi. Chiedere ai nostri agricoltori.
(2-fine_ red.econ.)