Bottiglieri: Seve aumentare i medici - Le Cronache Attualità
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Bottiglieri: Seve aumentare i medici

Bottiglieri: Seve aumentare i medici

di Erika Noschese

 

 

Si alza il coro dei contrari alla bozza di riforma che riguarda i medici di medicina generale. La bozza, sostenuta dal ministro della Salute Orazio Schillaci e dalle Regioni, include tre principali punti. Il primo riguarda l’attività di assistenza primaria in medicina e pediatria: per migliorarla, si stabilisce che debba esserci un “rapporto di impiego” diretto. La seconda novità riguarda il cambiamento del rapporto tra il Servizio sanitario nazionale (Ssn), i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta che non sono dipendenti del Ssn. Questo tipo di rapporto è destinato a esaurirsi nel tempo. In base a quanto scritto nella bozza, i nuovi medici di famiglia saranno assunti, mentre quelli già in servizio potranno scegliere se continuare come liberi professionisti o passare a un contratto da dipendenti del servizio sanitario. La terza novità stabilisce che i medici dovranno operare “sia presso gli studi sia presso le Case della Comunità”, strutture dove i cittadini potranno trovare medici di famiglia e specialisti disponibili dalle 8 del mattino alle 8 di sera, in grado di offrire servizi diagnostici avanzati, come elettrocardiogrammi, ecografie e spirometrie.

Medici di medicina generale, nuovi dipendenti del sistema sanitario nazionale?

«Credo che farli diventare dipendenti del sistema sanitario nazionale significhi, forse, peggiorare la loro attività. Sono tutte bozze, quelle che girano, ma di fatto si è arrivati al punto che i medici di base sono pochi e con questa riforma si potrebbe arrivare, in effetti, a non migliorare le condizioni ma addirittura a rendere più difficile il percorso per arrivare a essere medico di base, anche con un aumento degli anni per prendere la specializzazione. Secondo me, bisogna fare un discorso diverso con maggiori risorse. In effetti la coperta è corta, quello è il discorso. Tendono a sfruttare al massimo le prestazioni di questi professionisti che, comunque, già fanno molto per la verità».

I cittadini, spesso, si lamentano del contrario.

«È vero che dal Covid si è visto che sono troppo autonomi nella gestione, forse, ma è proprio questa autonomia nella gestione, e quindi poi la fiducia che il singolo paziente ripone nel medico, che contraddistingue la medicina di base. Secondo me, la medicina generale va implementata con un maggior numero di medici e basta, anziché creare delle posizioni di lavoratori dipendenti che si devono dividere la loro attività tra lo studio e l’attività sul territorio. È un attimino complicato, secondo me, fare una cosa del genere. Tra le altre cose, nella bozza si parla anche di un numero di pazienti che a loro sarebbe assegnato: queste persone dovranno comunque fare 38 ore settimanali, secondo quelle che sono le norme del lavoro dipendente. Quindi, di conseguenza, perderebbero parecchio. Anche a livello economico, secondo me. Per cui, anziché aumentare, i medici di base diminuirebbero».

Come si svilupperebbe la questione, nella pratica?

«Si potrebbe contrarre, da parte dei medici, una specializzazione in questo senso. È vero che tutti i medici, quelli ospedalieri, hanno la qualifica di dirigente. Oggi, però, un medico di base è autonomo, quindi anche nella gestione dell’orario e delle sue attività. Ma se in effetti il medico dovrà sottostare agli orari del lavoro dipendente, diventa un problema. Noi siamo abituati in maniera diversa, cioè ad avere il medico e a dare fiducia al medico di base. Ma facendo così, si allarga sempre di più la maglia tra l’assistito e il medico. Il medico di base è diventato un vero e proprio burocrate: tanto è vero che molte volte gli si invia la mail e lui risponde con la ricetta per andare in farmacia a comprare il farmaco. Fino a qui ci siamo: quello che è preoccupante è il fatto che il medico, una volta che rientra in un discorso di lavoro dipendente, non sarà più il vero professionista che ti assiste, ma di fatto diventerà come un medico ospedaliero. Soprattutto perché tutti dovranno mettere a disposizione delle comunità locali la loro professione. I problemi in sanità ci sono e questo, secondo me, potrebbe essere un ulteriore problema».

Cosa si potrebbe fare?

«Bisogna aumentare i medici, non tanto farli diventare dipendenti delle asl. Bisogna aumentare i medici di base con delle convenzioni che siano, magari, più stringenti, che li obblighino a fare determinate cose, ma da questo a farli diventare dipendenti è un attimino azzardato. Non si comprende, poi, come si possa, con un’attività di lavoro dipendente, avere dei pazienti assegnati. Secondo me è da riguardare: a Roma ci sono molti che stanno studiando questa cosa da molto tempo, ma sicuramente è difficile. I medici hanno il loro sindacato, quindi si faranno sicuramente sentire, però siamo preoccupati soprattutto per un peggioramento della sanità. Se diamo un’altra botta anche ai medici di medicina generale, sarà dura».