Pina Ferro
Ha visto il compagno avere attenzioni sessuali verso la figlioletta, ha denunciato il tutto. Risultato? ha dovuto affrontare anche il dolore di vedersi togliere quella bambina che ama con tutta se stessa e che oggi, dopo tante battaglie, è riuscita a riavere con sé. Amalia S. 55 anni, residente in un centro della provincia di Salerno, è stata, e continua ad essere, una guerriera e non si è fermata dinanzi a nessuna delle molteplici difficoltà che è stata costretta a vivere. Il suo dolore ma anche la sua forza sono tutti nei suoi grandi occhi.
Amalia ci racconta la sua storia?
«Questa è una storia che ha dell’incredibile e che solo oggi finalmente mi sento libera di raccontare. Non è la solita storia di abusi su minori e di violenze sulle donne, questa è la mia storia. Una storia diversa perché sono stati violati i diritti di una madre e di una figlia, diritti che assistenti sociali, avvocati e chi doveva difenderci ha invece calpestato».
Andiamo con ordine….
«Ho denunciato il “padre” di mia figlia per abusi su di essa da me visti e da lei testimoniati, oltre che per le violenze fisiche subite da entrambe. Quando le violenze fisiche ero io a subirle era sempre presente mia figlia che gridava disperata: “mamma ti esce il sangue!”. All’epoca dei fatti la bambina aveva 6 anni. La mia denuncia presentata ai carabinieri non viene mai dimostrata. Con me vi era una testimone delle violenze: una mia carissima amica. Colgo l’occasione per ringraziare quest’uomo che veste una nobile divisa, per avermi offesa paragonandomi ad una donna di strada con parole che non mi sento di poter ripetere perché indegne e offensive soprattutto per l’onorata Arma».
Quando ha deciso di rompere il silenzio?
«Una mattina scopro il “padre” nudo davanti al computer, e non aggiungo altro. Una scena, quella che si presenta dinanzi ai miei occhi che mi fa rendere conto che aveva oltrepassato ogni limite. Prendo coraggio e per l’ennesima volta lo invito a lasciare la mia casa il prima possibile. Immagini come mi sentivo. Al mio posto poteva esservi mia figlia. Una settimana dopo averlo cacciato fuori da casa, contatta la bambina e prende un appuntamento con lei per il giorno seguente. Devo precisare che il padre di mia figlia era sposato ed aveva altri tre figli. Spaventatissima decido di fare qualcosa per portare mia figlia lontana dal padre. Ovunque non potesse trovarci».
Dove andò?
«Purtroppo la nostra fuga fu ostacolata da un incidente che ci porta a trascorrere un giorno e una notte, tra freddo e pioggia, in montagna, dove io per tutto il tempo continuo a chiedere aiuto (vi erano dei testimoni). Da questo evento la nostra vita diventa un susseguirsi di accuse e menzogne. Qualcuno sostenne che il mio intento fosse quello di ammazzarmi insieme alla bambina. A questo punto il “padre”, avvalendosi della testimonianza resa da colei che consideravo un’amica, la stessa che era presente con me quando avevo denunciato gli abusi, mi fu tolta mia figlia. La mia amica aveva confermato l’ipotesi di un mio presunto intento di uccidermi insieme alla mia bambina. Dopo l’incidente e finalmente i soccorsi, in ospedale prendono in considerazione solo la versione del “padre”, curano fortunatamente la bambina, mentre io vengo usata come cavia facendo almeno 6 o 7 tra tac, radiografie ed altro alla testa perché secondo il “padre” sarei pazza. Tralasciano le mie ferite fisiche ben evidenti senza neanche disinfettarmi o fasciare le mie mani scarnificate. Da quel momento mia figlia viene affidata al “padre”. O meglio viene affidata in maniera esclusiva alla prima figlia di quell’uomo, la stessa che più volte mi aveva augurato, durante la gravidanza, di perdere la bambina. Capisco perfettamente che questo è un ulteriore modo per farmela pagare. Fortunatamente dopo varie accurate perizie si stabilisce finalmente che non avevo alcuna intenzione di uccidermi ma ero semplicemente rimasta coinvolta in un incidente. Questo accade dopo 2 mesi dal fatto. Ma, la mia bambiba resta comunque affidata alla sorellastra con la presenza continua del “padre”, tutto questo grazie ad un’assistente sociale loro amica. Intanto, su richiesta proprio della figlia affidataria mi viene tolta la possibilità di sentire telefonicamente e di vedere mia figlia per 12 mesi. Tengo a sottolineare di aver denunciato gli abusi anche ad un’ assistente sociale del posto ma questa, nel momento in cui dico di aver visto mia figlia baciare il padre lingua e lingua, si rivolge al suo collega dicendogli testuali parole: “questo è meglio che non lo scriviamo”. Inizia un calvario che non sto a spiegarvi fatto di cose indicibili e incredibili. Ad un certo punto la primogenita del padre decide di far affidare mia figlia ad una casa famiglia, naturalmente la più indecente, perché stanca di questo affidamento. Mia figlia in questa struttura veste quasi sempre in modo zingaresco, per 1 mese, ad ogni incontro, la trovo con infradito rotti che trascinava, nonostante io le portassi ogni volta vestiti e scarpe nuove. Voglio concludere anche se ci sarebbe molto da dire visto che dopo 2 anni riesco a riavere mia figlia grazie a l’unico avvocato che rifiuta compromessi».
A questo punto cosa accade?
«Tornata a casa mi ritrovo con una bambina ormai cresciuta troppo in fretta e con problemi psicologici e fisici che ancora oggi a distanza di 5 anni si porta dietro. L’ 8 marzo 2018 mia figlia decide di testimoniare in tribunale e di raccontare tutto ciò che non riusciva più a sopportare, che non riusciva più a tenere nascosto. Racconta di essere stata costretta ad avere rapporti con il figlio della sua affidataria e che è stata tenuta chiusa a chiave fino a quando non avesse acconsentito. Questa è solo una delle violenze subite in quella casa. Questa storia non è mai finita in un tribunale.Il padre di mia figlia, che insegnava musica e continua a farlo in una scuola pubblica, non è mai stato processato». Perchè ha deciso di raccontare il suo calvario e quello di sua figlia, oggi? «Perché come madre non posso assolutamente abbandonare mia figlia ai suoi incubi notturni. Chiedo, non giustizia perché dubito vi possa essere una giustizia di fronte a tali abusi, ma sicuramente risarcimenti per le violenze e maltrattamenti fisici e psicologici, per i danni esistenziali che mia figlia è stata costretta a vivere e per essere stata chiusa in una casa famiglia. Sono certa che se quest’uomo avesse accettato di sottoporsi a perizia, così come ho fatto io quando mi è stato chiesto, oggi avremo un quadro molto più chiaro».