Il 26 luglio ricorrono i tradizionali festeggiamenti cittadini di una delle Sante legate alla cultura cattolica più genuina e popolare della nostra città. Sant’Anna fu colei che generò Maria, la madre di Gesù. Viene invocata come protettrice della donna in attesa che a lei si rivolge per chiedere l’intercessione per un parto felice, un figlio sano e latte sufficiente per crescerlo bene. Altri patrocini legati al suo culto sono associati al suo ruolo di madre e nonna per cui Sant’Anna è la patrona delle lavandaie e delle ricamatrici.Pure bisogna ricordare che il suo culto popolarmente riconosciuto è sola parte di una genealogia più ampia che assorbe nel ruolo di nonno anche il culto di San Gioacchino. Questo era il marito di Anna, ma non tutti sanno che questa coppia di sposi visse gran parte dell’esistenza senza generare figli. Per i tempi da loro vissuti a Gerusalemme in non avere figli se non propriamente disonorevole, era vissuta come vergogna e causava una certa emarginazione sociale. I due dopo un’esistenza di coppia infruttuosa da anziani generarono Maria, loro unica figlia. L’iconografia di Sant’Anna è efficace tant’è che Sant’Anna in città è nota affettuosamente come “vecchiarella”. Maria generata in tarda età fu accolta come dono divino e fu allevata come un “tesoro”: da questa simbologia ne derivò il patronato degli orefici. Anna e Gioacchino, sposi, genitori e nonni di Gesù, sono stati sempre invocati da queste categorie familiari e tanti nonni nei secoli successivi, quando i loro nipoti facevano tribolare per salute o altro chiedevano ontercessione. San Gioacchino aveva anche il patronato sugli ebanisti. Per loro Il culto popolare è stato sempre corposo nei secoli in tutte le latitudini tanto da indurre la Chiesa a unificare il loro ricordo nella data del 26 luglio. Fu Paolo VI nel 1969 a promulgare il nuovo calendario liturgico unificando al 26 luglio la ricorrenza onomastica dei nonni di Gesù. Nel formarsi e dipanarsi i riti celebrativi Salerno non fu ma meno già dal XVII secolo essi erano venerati in diverse chiese tanto che negli anni dell’unificazione dell’Italia ben due conventi soppressi ripresero a funzionare per il culto di Sant’Anna. Avvenne nel Convento di San Lorenzo con la definitiva soppressione il fabbricato fu inglobato al vicino orfanotrofio provinciale maschile Umberto I, istituito nei locali dell’ex monastero di San Nicola de la Palma, e la chiesa fu adibita all’assistenza religiosa degli allievi. Uguale sorte avvenne nel convento di Santa Maria in Porto Salvo. A Salerno era anche una piccola cappella detta di Sant’Anna addossata al complesso medievale di San Pietro a Corte. Testimonianze di quanto il culto fosse popolare nella nostra citta antica, regno di sartine, lavandaie, madre, nonne tutte devotamente affezionate alla vecchierella madre di Maria.In questi anni le comunità del porto e di Canalone, opportunamente, si alternano nel realizzare gli annuali festeggiamenti soprattutto nell’organizzare la manifestazione pubblica della processione. Quest’anno è un adempimento demandato alla parrocchia di Sant’Anna in San Lorenzo. Questa vede sfilare sull’arroccato rione i simulacri di entrambi i nonni di Gesù. Se la processione vede sfilare entrambe le figure cardini della famiglia è stato grazie al recupero di una vecchia effige di San Gioacchino. Alcuni anni fa fu Don Luigi Aversa a “riesumare” dai depositi la statua, davvero malmessa e operare un pregevole restauro conservativo. Anche quest’anno le due statue sono state portate in processione ispirato a devozione dai portantini vestiti di giallo oro e di verde. E da segnalare che alcune devozioni popolari mantenute nel rito processionale, pure di esse si sono un poco perso, il senso religioso che intendeva suggerire. Mi riferisco alla presenza dell’oro adagiato sulla statua della Santa che non richiama all’opulenza, né alla ricchezza, ma richiama alla preziosità del dono ricevuto dal Signore (Maria). È tradizione popolare, pure da qualche tempo consentita dai vari parroci, adornare con alcuni grappolo d’uva la Santa, fino ad alcuni decenni fa la parrocchia era tutta dedita all’agricoltura e gli offerenti si contendevano il privilegio di ornare l’effige. L’”uva di Sant’Anna” rappresentava un omaggio augurale perché in tali giorni avveniva la maturazione dei primi grappoli. L’uva era portata in processione come auspicio di una buona raccolta per produrre un eccellente vino. Oggi sempre più di rado avviene nel corso della processione siano recitate preghiere di ringraziamento per raccolti abbondanti e per chiedere al Signore la protezione sulla terra e sulle culture. Sempre l’attenta osservazione della statua di Sant’Anna portata in processione si vede assisa sul suo tronetto di legno intagliato a motivi vegetali e volute. La simbologia richiama gli ebanisti che hanno quale patronato proprio san Gioacchino. Un trono cui ogni marito dovrebbe porre la sua sposa. Ecco la processione dovrebbe essere un momento di riflessione e di festa collettiva, allietato da suoni di banda, un momento aggregativo sia nella società sia nelle famiglie. Lo sparo dei fuochi pirotecnici in onore dei Santi a Canalone messi in opera dal Comitato Rionale assolvono la funzione aggregativa. Vicenzo Sica, Coordinatore Corsi Scuola Maestri del Lavoro
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