di Clemente Ultimo
«Quella di cui parliamo è una polemica tardiva, tuttavia può rivelarsi paradossalmente utile se porta ad una
riflessione storica serena ed attenta». È proprio con l’intento di sfruttare questa opportunità che Luciano Schifone – protagonista di lungo corso della Destra campana, con un’ampia esperienza in consiglio regionale e un’incursione a Bruxelles – interviene sulla polemica nata a seguito di alcuni post sui social con cui diversi esponenti di Fratelli d’Italia, tra cui il presidente del Senato Ignazio La Russa, hanno ricordato l’anniversario della fondazione del Movimento Sociale Italiano, nato il 26 dicembre 1946.
Partiamo dalla polemica degli ultimi giorni: secondo alcuni esponenti del Pd ricordare la fondazione del
Movimento Sociale sarebbe un atto che viola la costituzione, o almeno il suo spirito.
«In premessa è bene sottolineare come anche alcuni esponenti della sinistra, o comunque figure lontane politicamente dalla Destra, abbiano preso le distanze da una polemica priva di alcun senso. Detto ciò, è bene ricordare come il Movimento Sociale sia un pezzo della storia politica ed istituzionale della Repubblica. È di tutta evidenza che questi attacchi altro non sono se non il tentativo disperato di mettere in difficoltà il governo guidato da Giorgia Meloni, che gode invece di ottima salute. Se non fosse stata approvata in tempo utile la finanziaria o se non fossero stati raggiunti i 55 obiettivi del PNRR nessuno, ne sono certo, si sarebbe accorto dei post della senatrice Rauti o del presidente La Russa. Oggi che il governo ha superato con successo i due passaggi indicati dagli osservatori come un momento potenzialmente critico, l’opposizione vede messa a nudo la propria inconsistenza, dunque prova a rimpattarsi su una polemica costruita su argomenti a dir poco esili».
Nessuno spettro anticostituzionale, quindi, nei post celebrativi della fondazione del Msi?
«Tutt’altro. Credo che in una corretta valutazione storica sia impossibile non riconoscere al Movimento Sociale un ruolo fondante per la democrazia italiana. Che piaccia o meno, nell’aprile del 1945, a guerra ormai finita, di fascisti in Italia ce n’erano e non pochi. Così come all’indomani del referendum istituzionale del ’46 i monarchici non scomparvero di colpo, dalla sera alla mattina. Ecco, la presenza di queste due corpose minoranze di sconfitti avrebbe potuto avere un forte impatto negativo sullo sviluppo della democrazia italiana se la classe politica di allora – composta da esponenti del Comitato di Liberazione, dunque dai vincitori della guerra civile – non avesse compreso la necessità di avviare un processo se non di pacificazione, almeno di “convivenza” con i vinti del conflitto mondiale.
Ci sono almeno un paio di elementi che testimoniano di questa consapevolezza: in primis le trattive condotte con discrezione, ma con convinzione, da esponenti di governo con Pino Romualdi – considerato in quel momento il principale rappresentate dei reduci di Salò – affinché gli ex repubblichini in occasione del referendum istituzionale del giugno ’46 si schierassero a favore della Repubblica e, più ancora, l’amnistia voluta dal ministro di Grazia e Giustizia Palmiro Togliatti. In breve, i costituenti e gli esponenti dei primi governi repubblicani compresero perfettamente come, per superare le lacerazioni della guerra, fosse opportuno offrire a monarchici ed ex fascisti lo spazio politico per costruire formazioni che avrebbero preso parte alla vita politico-amministrativa della neonata Repubblica».
Il Movimento Sociale parte integrante ed attiva del sistema repubblicano, dunque, a dispetto della conventio ad excludendum concretizzatasi nella creazione dell’arco costituzionale?
«Nel corso di alcuni decenni il MSI ha partecipato ad ogni livello, da quello amministrativo a quello politico,
alla vita istituzionale e democratica del Paese, venendo riconosciuto come una forza politica pienamente legittima e legittimata. Chi avesse dubbi in proposito bene farebbe a leggere il libro che Antonio Padellaro ha dedicato ai rapporti tra Giorgio Almirante ed Enrico Berlinguer. Quelli raccontati sono incontri riservati, ma su questioni estremamente delicate e complesse: evidente che il presupposto per un confronto di questo tipo è dato da riconoscimento e legittimazione reciproci. Di fronte a tutto questo, e molto altro
ancora di potrebbe dire, sono ancora più evidenti la strumentalità e l’artificiosità della polemica che alcuni hanno provato a sollevare e ad alimentare, un espediente che serve solo ad una politica di basso livello.
Oggi, invece, ci sono finalmente le condizioni per un’autentica pacificazione nazionale, un processo che può fondarsi esclusivamente su una memoria condivisa, di cui facciano naturalmente parte tanto le pagine belle della storia italiana quanto quelle tragiche e deplorevoli. Ecco, forse da questa polemica di bassa lega può scaturire una discussione salutare ed una riflessione sull’importanza che un partito come il Movimento Sociale ha avuto nella storia della Repubblica. Un partito che, è bene ricordarlo, nel 1994 portò al governo un ex repubblichino come Mirko Tremaglia: altro che vocazione anticostituzionale, il miglior esempio possibile di adesione allo spirito, oltre che agli articoli, della Carta».