Leandro Tolino e il sogno di suonare il sassofono
Di Leandro Tolino
Sono stato ospite del “serraglio” dall’ottobre del 1968 all’estate del 1970. No, io il primo giorno non piansi, anzi le scuole erano già cominciate, fui portato in giro per le classi a mo’ di esempio, così giusto per tirarmi addosso le “simpatie” dei più grandi che, invece, piangevano e fui sistemato in una prima elementare differenziata. Questa classe era una specie di lager in cui c’erano bambini dai 6 ai 10 anni, alcuni con ritardi altri semplicemente con problemi di apprendimento, la prima e seconda elementare erano accorpate ed io riuscivo ad imparare gli argomenti oggetto del programma di seconda, oltre a quelli di prima, dote che mi procurò altre “simpatie”, ed attenzioni da parte dei miei coetanei. ricordo ancora il ragazzo down che infilo la penna nel braccio di un coetaneo il secondo giorno di scuola, o quello che mi picchiò la domenica mattina prima della visita dei familiari, perché, a suo dire, non poteva capacitarsi che non piangessi, mi avevano chiuso ed io non piangevo. Allora, ci provò lui a farmi piangere, mi picchiò tanto, mi strappò la divisa nera, tipo beccamorto che ci facevano indossare la domenica per la visita parenti e ricordo ancora il sorvegliante che, quel giorno non mi diede il permesso di vedere i miei familiari per punizione. Allora si che piansi, piansi tanto forte che mia madre sentì dall’altra ed incomincio a fare la “pazza” per vedermi, e ci riuscì. Ricordo le punizioni assurde dal barbiere se solo osavi parlare, ti sistemava poggiato al muro con le punte degli indici a braccia tese e tutto il peso del corpo sopra, le punizioni medievali in classe, la maestra di terza elementare che se eri bravo ti premiava facendosi tagliare le unghia o tirare i primi capelli bianchi (la cosa mi faceva talmente tanto schifo che non rispondevo alle interrogazione pur conoscendo le risposte). Il mio unico sogno era di poter accedere al conservatorio per poter imparare il sassofono. La classe di sassofono era l’unica in Italia ed era stata istituita lì dal M° Francesco Florio dopo inusitati sacrifici. Il suono di quello strumento mi ha sempre incantato. Era un suono particolare eclettico, dolcissimo e maschio allo stesso tempo, o somigliante al suono più bello degli archi. Fu solo un sogno quello, ma lì ho imparato a lavorare il metallo, il ferro ed ora magari, inseguo quel suono attraverso le mie sculture.