
La Corte di Cassazione considera “insufficienti e incomplete” le motivazioni alla base dell’ordinanza di custodia cautelare che, nello scorso novembre, ha portato all’arresto di Giuseppe Cipriano, imprenditore scafatese coinvolto nell’inchiesta (insieme ad altre tre persone) per l’omicidio del sindaco di Pollica, Angelo Vassallo. La Suprema Corte, lo scorso 8 aprile, ha annullato l’ordinanza (stessa decisione anche per il colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo e per l’ex carabiniere Lazzaro Cioffi), rinviando gli atti al Tribunale del Riesame di SALERNO per un nuovo esame. Gli ermellini (presidente Giacomo Rocchi), nelle motivazioni con cui hanno accolto il ricorso presentato dall’avvocato Giovanni Annunziata per conto di Giuseppe Cipriano, hanno evidenziato diverse incongruenze. In particolare per i giudici il quadro accusatorio a carico dell’imprenditore fa leva principalmente su dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia che non sarebbero supportate da altri elementi di prova. “Il Tribunale non esclude che Ridosso abbia effettivamente operato il depistaggio di cui hanno parlato D’Atri e Casillo”, si legge nelle motivazioni, “ma osserva che tale attività è stata operata ai danni di un soggetto, Giuseppe Cipriano, di cui risulta comunque provato il coinvolgimento nell’organizzazione dell’omicidio; tale osservazione non agganciata ad alcuna evidenza probatoria o argomento logico risulta una mera congettura”. Per i giudici, inoltre, l’ordinanza ha seguito “un percorso argomentativo incompleto la cui tenuta logica è stata significativamente compromessa dall’omessa considerazione di gran parte dei rilievi difensivi rimasti privi di risposte esaustive”. Motivazioni che, secondo la difesa, aprono a nuovi scenari. “Siamo soddisfatti dell’importantissimo risultato ottenuto in Cassazione”, ha detto l’avvocato Giovanni Annunziata. “La motivazione recepisce in toto le argomentazioni difensive, ribaltando il quadro indiziario ed evidenziando lacune nella ricostruzione prospettata dalla Procura che, per vero, la difesa, fin dalla prime battute del procedimento, aveva già evidenziato. Rimaniamo fermamente convinti della estraneità ai fatti dell’imprenditore Giuseppe Cipriano, il quale, tuttavia ed allo stato, ha già patito 5 mesi di custodia cautelare in carcere, in regime di alta sorveglianza presso la casa circondariale di Reggio Calabria. Nondimeno, questa vicenda, riattualizza una ormai vecchia polemica sull’utilizzo della custodia cautelare in carcere prima della celebrazione dei processi”.