
Alberto Cuomo
Il più consultato oracolo greco era quello di Delfi dedicato al dio Apollo. Il santuario di Delfi sorgeva presso il monte Parnaso in un luogo considerato l’ombelico del mondo, originariamente dedicato a Gaia, la Terra, cui era caro il serpente Pitone ucciso da Apollo che, punito per il suo delitto, ritornerà nel santuario sotto le forme di un delfino, da cui il nome Delfi. All’inizio del culto l’oracolo si poteva consultare solo una volta l’anno, successivamente fu consentito andare al santuario, accompagnati da un abitante di Delfi, una volta al mese nei nove mesi più miti dell’anno. I quesiti venivano rivolti alla Pitia (da pitone), una donna vergine scelta tra le famiglie più ricche, la quale inebriata dai fumi delle foglie di alloro e di erbe allucinogene, offriva risposte spesso sconnesse che venivano tradotte dai sacerdoti in versi esametri epici. Il culto di Apollo e dell’oracolo durò per ben tredici secoli, dal IX secolo a.C. alla caduta di Roma nel 476 d.C. prevista dalla pitonessa già nel 393 d.C. Il culto di Delfo era noto nell’intero Mediterraneo e ricorrevano all’oracolo non solo tutte le popolazioni greche quanto anche quelle delle coste africane e del Medio Oriente. Ciò perché il desiderio di conoscere il futuro al fine di raddrizzarlo, quando non appare favorevole, appartiene a tutti gli uomini in ogni epoca. Tant’è che riti di divinazione simili a quelli greci sono rintracciabili, sia pure in forma diversa, anche in popoli lontani nel tempo e nello spazio. Presso i nativi d’America colui che chiedeva di conoscere quale strada intraprendere nella propria vita o di ottenere un responso circa una prova che lo attendeva, si sottoponeva alla cosiddetta “ricerca della visione” o, più propriamente, “pianto per la visione” secondo la traduzione dalla lingua algonchina. Non vi erano quindi sacerdoti o sacerdotesse ma il richiedente era egli stesso il tramite con Manitu, il dio che è in ogni cosa. La pre-cerimonia durava da due a quattro giorni nei quali l’aspirante al vaticinio non avrebbe dovuto mangiare, bere ed emettere suoni. Dopo essersi purificato, sotto la guida dell’uomo della medicina, lo stregone, l’uomo sceglieva un luogo, di solito quadrato, posto su una altura e segnato dal fumo della propria pipa, qui, spogliatosi, in completo isolamento, proseguendo per altri tre giorni senza parlare, bere e mangiare, supplicava le forze invisibili di offrirgli la visione. Il lungo digiuno, la stanchezza, il fumo e le preghiere inducevano nell’aspirante uno stato di trance, analogo a quello della Pitia greca, che permetteva di comunicare con il mondo degli spiriti, dal quale trarre messaggi divinatori. Cerimonie simili erano presenti anche nei popoli africani e asiatici, i quali o delegavano allo sciamano la divinazione attraverso uno stato di ebbrezza o allo stesso richiedente attraverso percorsi di sofferenza varia utili alla purificazione necessaria per entrare in contatto con il mondo spirituale. Oggi tutto questo è concluso e, sebbene sussistano forme di divinazione arcaica, qual è ad esempio l’oroscopo, la lettura dei tarocchi o del pendolino, rimane nell’uomo il desiderio di conoscere il proprio futuro in termini più certi affidandosi alle varie divinità delle singole tradizioni religiose. Ed anche con il ricorso all’intelligenza artificiale che, attraverso le combinazioni di avvenimenti negativi o positivi può offrire il suo responso. Un modo di agire attuabile anche senza il ricorso ad algoritmi. Ad esempio, nel caso di Vincenzo De Luca, quale strada intraprendere dopo il secondo mandato da presidente regionale? Come finirà la sua insistenza a voler correre per il terzo mandato? Ebbene, se si incrociano i dati recenti, in termini artigianali, senza utilizzare il computer, non sembra sia auspicabile per il presidente della Campania voler mantenere la poltrona regionale. Dopo le indagini sui suoi maggiori elettori, da Cascone e Alfieri al consigliere regionale Giovanni Zannini, o al rinvio a giudizio del dottore Enrico Coscioni, che conta circa 5000 preferenze non spendibili nella sua condizione, dopo l’avviso di garanzia alla propria compagna quale responsabile del servizio urbanistica del Comune di Salerno, per la costruzione di un complesso di ville vista mare, un’altra tegola appare essere l’indagine conoscitiva della procura di Salerno sui finanziamenti alle campagne elettorali della lista deluchiana Campania libera e del figlio Piero, da parte degli imprenditori portuali liguri Aldo e Roberto Spinelli, gli stessi che hanno finanziato la campagna elettorale di Giovanni Toti, finito in gattabuia sino alle dimissioni dalla presidenza regionale. Si da oltretutto il caso che gli Spinelli siano parte della società Salerno Terminal Container che vede quale socio di maggioranza Agostino Gallozzi, uno di coloro che hanno seguito le indicazioni di De Luca allorchè gridò ai salernitani dal palco postelettorale, “arricchitevi” (alcuni di essi sono i costruttori Postiglione, Rainone, Ritonnaro, Chechile e pochi altri) tale da sentire l’obbligo di intervenire sulla vicenda degli Spinelli assicurando la corretta elargizione, secondo legge, dei finanziamenti. Il richiamare però tali traversie non vuole mettere in luce possibili colpe, tanto più che a gestire i porti campani l’avvocato Andrea Annunziata è stato confermato da Salvini, non certo amico di De Luca, sebbene suo ammiratore, quanto solo mostrare che i venti, o i fumi, o il volo dei corvi, o le viscere dei capri, al fine di possibili divinazioni, sono avversi e che, quindi, meglio sarebbe desistere se gli dei, o anche il solo Apollo, o la sola dea Themis, sono ostili. Né un buon segno è il fatto che la stilografica con il corno che De Luca regalò a Toti non abbia funzionato contro il malocchio.