Un' orchestra su venti dita: il pianoforte a quattro mani - Le Cronache
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Un’ orchestra su venti dita: il pianoforte a quattro mani

Un’ orchestra su venti dita: il pianoforte a quattro mani

Terzo appuntamento, oggi, alle ore 20, per la VI edizione del Festival di Musica da Camera Santa Apollonia,  con i pianisti Armando Sabbarese e Giuseppe Carmine Atorino

Di OLGA CHIEFFI

Serata dedicata al pianoforte a quattro mani, quella, di oggi alle ore 20  per la VI edizione del Festival di Musica da Camera Santa Apollonia, un evento istituzionalizzato del Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci”, che anima il centro storico, ospite della Bottega San Lazzaro di Chiara Natella. Capita assai di frequente che il professore di pianoforte decida di “accoppiare” due allievi della sua classe, press’a poco della stessa età e dello stesso livello di sviluppo tecnico-artistico, per far loro saggiare il repertorio a quattro mani e per due pianoforti. Un tempo il “quattro mani” costituiva prezioso strumento educativo che permetteva di far conoscere ai ragazzi un mondo, quello sinfonico, non facilmente fruibile nella versione originale. Oggi, i professori di pianoforte, formano nella loro classe dei duo perché suonare con un partner significa innanzitutto imparare a calibrare il fraseggio in modo non solipsistico ma comunicativo. E ancora, l’uso non puramente istintivo, ma ragionato dei pedali o la scoperta della vita pulsante delle parti di mezzo, sono prerogative dello studio in questa formazione. Il programma scelto dal duo pianistico composto da Armando Sabbarese e Carmine Atorino, principierà con la Fantasia Op. 103 (D. 940) di Franz. Schubert, composta nel 1828 ededicata all’ “immortale amata di Schubert”, la principessa Carolina Esterhazy. A questa pagina va il merito di fondere la maestria formale all’ispirazione più alta, collegando quattro momenti secondo l’ordine della Sonata, ma senza adottarne con rigore la struttura tradizionale e conservare le caratteristiche della forma-sonata. Piuttosto è l’espressione di un grande fugato con un tema dal ritmo puntato nel primo movimento Allegro molto moderato, un Recitativo maestoso seguito da una incantevole melodia di sapore italiano, un Allegro vivace che riconduce allo spirito dello Scherzo, con un ampio sviluppo seguito dal Finale in cui ricompare la melodia udita all’inizio della composizione. Composta nel 1828, la Fantasia fu dedicata all’ “immortale amata di Schubert”, la principessa Carolina Esterhazy. Si continuerà con i sedici Valzer op. 39 di Johannes Brahms. Disimpegnato è il tono di questa raccolta, in cui  Brahms predilige la scrittura per pianoforte a quattro mani, con la chiara intenzione di realizzare un prodotto di quella Hausmusik che intorno alla metà dell’Ottocento faceva ancora da collante sociale nelle serate dell’alta borghesia. I Walzer vennero pubblicati nel 1865 (anche se il materiale in alcuni casi è molto precedente) come chiaro omaggio alla danza in cui Vienna si specchiava da più di un secolo. L’apparizione di una raccolta così brillante e mondana all’interno di un catalogo pieno di corali, di contrappunto e di melodie austere lasciò di sasso i contemporanei. Eduard Hanslick lo disse chiaramente: «Brahms e il valzer! Le due parole paiono stupite di trovarsi insieme sullo stesso frontespizio. Il serio, il taciturno Brahms, l’autentico fratello minore di Schumann, scrive valzer! E per di più lui così nordico, così protestante, così poco mondano! Una parola sola risolve l’enigma: Vienna! La città imperiale ha guidato Beethoven non a danzare, ma a scrivere danze». Evidentemente, secondo Hanslick, era successo lo stesso a Brahms; e infatti la sua raccolta ha tutto il sapore scintillante del valzer, solido e possente come i grandi viali imperiali, ma anche intimo e nostalgico come un ceto elevato che affoga nella festa collettiva i propri dolori individuali. Gran finale con la Rapsodia Spagnola di Maurice Ravel. Esplicito è il richiamo all’ambiente iberico con i quattro pezzi che la compongono. Nel Prélude à la nuit le iterazioni del disegno di quattro note discendenti creano un clima di sospensione del tempo. “Molto vivo” è il successivo brano de la Malagueña mentre l’andamento lento caratterizza l’Habanera. Conclude il breve ciclo, Feria, brillante e festosa.