di Andrea Bignardi
Riqualificare la litoranea sud – che con il degrado odierno appare propria di una “vergognosa città mediorientale” – e ridurre la pressione burocratica per realizzare gli interventi necessari alla modernizzazione del Porto commerciale. Sono queste le due priorità per Aniello Salzano, già sindaco della città dal 1984 al 1985, allo scopo di consolidare quel rapporto tra città e mare che da sempre segna e contraddistingue la vita dei salernitani.
Com’è cambiato rispetto a quando Lei è stato protagonista della vita politica salernitana il rapporto tra la città ed il mare?
«Rispetto a quando sono stato sindaco – e ancor più rispetto a quando ero ragazzo – sono cambiate molte cose per quanto riguarda il rapporto tra Salerno ed il mare. Un rapporto viscerale ma anche spesso non adeguatamente sfruttato. Ricordo quando fino ai primi anni ’70 in corrispondenza dell’attuale porto commerciale, all’ingresso nord della città, c’era una grossa spiaggia di cui si servivano salernitani e non per trascorrere le giornate estive».
La città secondo lei ha sviluppato adeguatamente la sua vocazione turistica legata alla risorsa mare?
«Salerno era realmente una città di mare, e nel suo piccolo aveva anche una vocazione balneare di tutto rispetto: basti pensare che fino a qualche decennio fa molti appartamenti fronte mare nei quartieri di Torrione e Pastena erano fittati per la stagione estiva a bagnanti avellinesi o lucani. Salerno, nel tempo, sarebbe potuta divenire una cerniera tra le due costiere, rappresentando un riferimento serio per il turismo internazionale. Dagli anni ’80 ad oggi sono stati commessi tanti errori nello sviluppo del fronte di mare, anche in parte giustificabili dal fatto che servirebbero milioni e milioni di euro da investire per poter attuare interventi importanti in tal senso».
Una proposta che ritorna puntualmente in auge è quella della delocalizzazione del porto commerciale nella zona orientale: ritiene possa essere una soluzione valida?
«Proprio negli anni ’80, quando sedevo tra i banchi del consiglio comunale, ci fu una proposta di realizzare un “porto – isola”, a largo della costa. Il progetto, però, si arenò e rimase un vero e proprio volo pindarico: sarebbero serviti moltissimi anni ed investimenti ingenti per realizzarlo. Le tecnologie dell’epoca, poi, erano meno sofisticate di quelle attuali, tanto che per costruire il porto commerciale si assecondarono, in un certo senso, le correnti meteomarine. Era impossibile, negli anni ’70, pensare di costruire il porto commerciale fuori dall’insenatura in cui si era sempre trovato sin dai tempi dei romani. Il porto ha sempre condizionato il dibattito politico della città: basti pensare che Michele Scozia, che a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 era consigliere comunale nelle fila del Movimento Sociale, passò alla Dc proprio contestualmente all’assunzione di decisioni fondamentali sul futuro del porto».
Qual è la sua posizione in merito ai progetti di riqualificazione della fascia costiera?
«Vede, il dibattito politico nel corso degli anni ha proposto più volte progetti di rifacimento della litoranea, che ad oggi appare, purtroppo, come un pessimo biglietto da visita della città, che ha acquisito con il tempo l’immagine di una sporca città mediorientale. Dilagano costruzioni abusive, immigrati clandestini e sporcizia ovunque, le spiagge libere sono realmente ridotte male, mi ricorda i racconti di Pier Paolo Pasolini su Ostia. Dal 1993 ormai abbiamo l’amministrazione che risponde ad un solo colore politico eppure non sono state create le condizioni per una vera riqualificazione della fascia costiera. Si è perso molto tempo, basti pensare ai dici anni che ha impiegato Agostino Gallozzi per ottenere tutte le autorizzazioni necessarie alla costruzione del Marina d’Arechi: solo battendo realmente la burocrazia si potranno offrire soluzioni concrete al degrado che attanaglia quella zona.