L’artista emiliano con la sua band all stars infiamma il teatro delle Arti, dedicando al pubblico salernitano una scaletta eterogenea passando dalla canzone italiana ai ritmi latini nel suo nuovo show “Pur di far commedia”
Di Olga Chieffi
Un talento musicale che cerca una propria via verso nuove concezioni d’espressione, non può non lasciarsi sedurre da un genere di musica, lo swing, che uno dei suoi più grandi interpreti, Gene Krupa (drums) definisce “…eccola davanti a voi in ogni suo aspetto: mettetela come volete. Una bellezza che è insieme stracciona e cordiale, sfrontata e perfida, e che ha senza dubbio il suo fascino”. Uno dei titoli più ricordati, tra i brani di Duke Ellington, è anche uno dei suoi più divertenti e sospesi: “It don’t mean a thing, if it ain’t got that swing”, cioè “Non significa niente (Non vuol dire niente), se non ha quel certo swing”. Swing è una di quelle parole assolutamente americane di cui è una grana dare una soddisfacente resa in italiano. Si salta dai ballabili popolarissimi della “Swing Era”, al mistico swing dei giocatori di golf, degli sportivi americani che cercano la scioltezza, la naturalezza e l’efficacia del gesto atletico. Lo swing (qualsiasi traduzione se ne possa dare – e anzi, solitamente lo si lascia tale quale in inglese) ha dunque a che fare con un’idea di equilibrio e musicalità, con un’oscillazione perfetta e sensata, incorruttibile, un’immagine da cui si ricava l’impressione affascinante che la vita stessa, la nostra famosa esistenza, sia dotata di un suo proprio swing. Quale poi sia il significato – per ritornare al titolo di Ellington – di questo swing, non si può dire, e anzi stabilirlo non ha nessuna importanza: l’essenziale è coglierlo, accorgersene, registrarlo. Paolo Belli e la sua band uno stellare settetto, lo “swing” lo hanno registrato perfettamente, altrimenti avrebbero suonato polke e mazurke, e lo hanno posto alla base della loro musica, della loro vita, spaziando mirabilmente dai successi di Renato Carosone, da Caravan Petrol a Torero, da ‘O sarracino a Tu vuo fa’ l’Americano, deviando per Guantanamera, quindi dal nero della canzone italiana con Gaber e Cochi e Renato, passando per Libertango sempre nel segno dello swing. Prima dello spettacolo l’incontro con i liceali salernitani. A loro il monito di aprirsi tante strade, di provare un po’ tutto, per poi stringere il range e scegliere sempre la strada del cuore, quella verso cui ti muove la passione. Vari e coloriti gli aneddoti dall’iscrizione in conservatorio che gli fece trovare tra le mani un fagotto, alla passione per la Juventus, per la quale ha scritto l’inno e gli ha fatto incrociare Ronaldo attraverso la nazionale cantanti. Ancora, il terremoto in Emilia e la scoperta della bicicletta, che ora si porta dappertutto e che nella stessa giornata del concerto lo ha portato a godersi il bacio della primavera, pedalando da Salerno ad Amalfi, per fissare negli occhi la nostra grande bellezza. I grandi sono umili e Paolo dopo l’incontro ha domandato se fosse andato bene. Una risposta sicuramente positiva, poiché ha entusiasmato i ragazzi, fatto salvo che il fagotto sia il sax barocco (Salerno è una piazza difficile calcistica e musicale e affettuosamente non gliela lasciamo passare). Paolo Belli è un vero animale da palcoscenico e pari sono i suoi musicisti, a cominciare da Juan Carlos Albelo Zamora, polistrumentista, che passa dal violino, all’armonica, al mandolino, Gabriele Costantini, il tenor sax, sulle tracce di the Hawk, Mauro Parma, esperto batterista, Enzo Proietti, il piano conductor, Gaetano Puzzutiello, il bassista della band, il suo sostegno armonico e ritmico, Peppe Stefanelli, l’aitante percussionista e Paolo Varoli, il virtuoso chitarrista, detto il Gelido, con i quali inscena il primo incontro in sala prove di questa band, con balzane audizioni. Chi sceglie di vivere la sua vita su di un palcoscenico, il teatro lo sposa per intero ed è così anche per la Paolo Belli band, i cui strumentisti, tra un pezzo e l’altro, presentando i vari titoli hanno rivelato doti di fini intrattenitori e performer. Forse, avremmo preferito ascoltare qualche pezzo in più, ma si sa, se da tavola devi riuscire ad alzarti non satollo, dal teatro se lo spettacolo è davvero buono, si deve uscire col desiderio di rientrarvi al più presto per riascoltare i protagonisti della serata. La band di Paolo Belli, tra ritmi, latini, e classici, è riuscita a generare la più potente e sensuale delle musiche, un vortice di energia capace di sublimare tutti i mali del mondo, le sofferenze, la paura della morte, musica che nasce dalle segrete scintille della vita. Musiche e versi che con i loro contenuti hanno raccontato semplicità ed erotismo, brani strutturati per raccogliere energia, per comunicarla, “dividerla” e restituirla collettiva, anche attraverso la danza, musica questa, che non separa mai il divertimento e l’ “impegno”, anche quando è apparentemente priva di significati, coinvolgendo e divertendo l’uditorio sempre sa tributargli il più caldo degli applausi.