Andrea Pellegrino
Giudici di pace, consulenti tecnici e avvocati. Un sistema per ottenere rimborsi assicurativi dopo falsi incidenti grazie a sentenze favorevoli. La Guardia di Finanza di Torre Annunziata ha eseguito 22 arresti, nell’ambito di una inchiesta della Procura di Roma. Corruzione in atti giudiziari, corruzione semplice e favoreggiamento, i reati contestati ai protagonisti dell’organizzazione composta da 27 persone. A capo un giudice di pace di Salerno. Si tratta di Antonio Iannello, insieme ad altri due giudici del Tribunale di Torre Annunziata. In casa di uno di loro e di una sua collaboratrice – durante le perquisizioni di ieri mattina – sono stati trovati contanti per 30mila euro, risultato delle mazzette ricevute. Tra gli indagati anche alcuni rappresentanti delle forze dell’ordine. Trenta episodi corruttivi in un mese e mezzo: i giudici arrestati (due in carcere e uno ai domiciliari) avrebbero preso soldi da alcuni avvocati, anche loro finiti in manette, per dare pareri favorevoli a chi corrompeva. Sotto la lente d’ingrandimento degli investigatori anche l’assegnazione di una serie di perizie pilotate verso consulenti che pagavano per ricevere gli incarichi. L’indagine è partita poco più di due mesi fa. Secondo la Procura di Roma, Iannello «riceveva denaro contante quale contropartita per l’emissione di sentenze favorevoli agli incarichi di consulenze tecniche con cadenza giornaliera. L’indagine ha dimostrato infatti come Iannello nel perseguimento dei suoi fini illeciti avrebbe seguito un rigido format, collaudato nel corso degli anni. L’efficacia di tali operazioni aveva reso oltremodo sicuro e impermeabile a qualsiasi forma di cautela il giudice. La tranquillità e la sicurezza dell’agire, rivelata anche dagli altri protagonisti delle vicende corruttive, confermano la normalità del sistema criminale messo in piedi da Iannello, gli avvocati patrocinanti ed i periti». Elemento ancor più grave è, sempre secondo la Procura: «la pervasività, raggiunta da questo sistema, rafforzato altresì da un intreccio di rapporti personali e da un reciproco scambio di favori tra i vari soggetti, anche appartenenti alle forze dell’ordine, che vede la consapevole prevalenza del rapporto personale, a scapito della correttezza. Il cosiddetto sistema corruttivo si articolava attraverso una puntuale applicazione cronologica di sei fasi. Inizialmente il fascicolo veniva assegnato al giudice che lo esaminava. Vi era quindi un incontro tra Iannello e l’avvocato patrocinante, con il quale veniva concordata la successiva assegnazione della consulenza tecnica d’ufficio ad un perito compiacente. La Ctu veniva così assegnata da parte di Iannello al perito prescelto durante l’udienza. Quest’ultimo andava a consegnare poi presso lo studio del giudice dei contati (solitamente 150 euro) per la cortesia ricevuta. Per ottenere poi una consulenza particolarmente favorevole in sede di perizia, l’avvocato ricompensava il perito. Sulla scorta di questa consulenza era possibile realizzare una sentenza generosa. L’avvocato corrispondeva infine al giudice somme variabili di denaro tra i 500 ed i 1000 euro». Numerose le intercettazioni telefoniche ed ambientali. In un altro caso uno dei giudici corrotti si lamenta con l’avvocato “corruttore” per essersi presentato con la mazzetta – il tariffario prevedeva 500 euro “a prestazione” e gli sconti anche di soli 50 euro erano mal sopportati – composta da banconote da 10 euro, quindi troppo voluminosa e vistosa. In un altro caso, l’avvocato “corruttore” si rivolge al giudice di pace “corrotto” e gli dice: “il mio onorario è troppo alto, non esageriamo altrimenti se ne accorgono”. In carcere sono finiti i giudici di pace Raffaele Ranieri e Antonio Iannello, oltre al medico Ciro Guida e agli avvocati Ivo e Guido Garofalo Varcaccio, Aniello Guarnaccia, Rodolfo Ostrifate (ex consigliere comunale del Pd a Castellammare di Stabia), Nicola Basile, Dario Luzzetti, Fabio Donnarumma, Enrico Tramontano Guerritore, Francesco Afeltra, Eduardo Cuomo, Luigi Coppola, Vincenzo Elefante, Salvatore Verde, Marco Vollono e Liberato Esposito. Ai domiciliari, invece, si trovano il giudice Paolo Formicola e i carabinieri Gennaro Amarante e Antonio Cascone, oltre a Carmela Coppola e Rosaria Giorgio, mentre altre cinque persone sono indagate a piede libero.