di Andrea Pellegrino
Dalla latitanza gestiva il suo gruppo. E ieri mattina non è servito nascondersi nel letto della suocera per sfuggire al blitz della polizia. Nicola La Rocca era ricercato per l’omicidio commesso nel giugno 2007 del padre dell’allora fidanzata, un operaio ucraino 46enne. Per quel delitto – all’epoca aveva 17 anni – è stato condannato, a 14 anni di carcere ma si di lui si erano perse le tracce quando la sentenza per omicidio è diventata definitiva. Fino a ieri mattina quando è stato smantellato il gruppo criminale che ha portato in carcere undici persone, due ai domiciliari e alla sospensione di un poliziotto infedele. Le indagini sono partite nel 2015 dopo l’arresto di Marco Viscardi e la scoperta di un vero e proprio arsenale con tanto di kalashnikov calibro 7,62 presso la sua abitazione di Sarno. Le intercettazioni e le prove successive hanno portato gli investigatori verso Nicola La Rocca, fermato ed arrestato nel febbraio 2016, in seguito ad ulteriori accertamenti. Apparentemente insospettabile e incensurato è lo stesso Viscardi ad ammettere di essere un semplice custode delle armi e della droga rinvenuta presso la sua abitazione. Un’ammissione che lo preoccupa, al punto che, in carcere, confessa al padre, al fratello e alla madre, di aver paura: «Mi uccidono… per via di quella carta… pensano che ho fatto l’infame». Un sequestro ingente, quello delle armi che La Rocca stima – in una intercettazione con un componente del gruppo – in soli 10mila euro per il kalashnikov e «5 mila euro per i tre caricatori ed una pistola con il silenziatore». Per un totale di «trenta scorze», 30mila euro, compreso 200 grammi di cocaina e 300 di marijuana. La pistola sarebbe dovuta servire, inoltre, per «Natale» per «un regolamento di conti con alcune persone». Napoli, Roma, Quindici e Frosinone le strade della droga verso l’Agro Nocerino Sarnese con un sistema di approvvigionamento delle piazze di spaccio gestite direttamente dal giovane Nicola La Rocca che progettava anche di ingrandire l’attività nella zona di Palinuro. Un gruppo criminale che poteva servirsi anche di informazioni riservate provenienti direttamente dal commissariato di Sarno grazie alle soffiate di un assistente capo di polizia, oggi sospeso dal servizio. «Un amico degli spacciatori – si legge nell’ordinanza del Gip Maria Zambrano – che grazie alle sue informazioni assumevano un atteggiamento più cauto». Diciotto in tutti gli indagati: undici sono stati trasferiti in carcere, due ai domiciliari, uno sospeso dal servizio e i restanti sono a piede libero. Un’operazione coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia e condotta dalla Dia e dalla Squadra mobile di Salerno, con il supporto del commissariato di Sarno e con l’ausilio delle squadre mobili di Roma e Siracusa. Gli indagati rispondono a vario titolo dei reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico di spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione illegale e porto abusivo di armi da sparo, estorsione e riciclaggio. Il gruppo criminale guidato dal giovane Nicola La Rocca si serviva – secondo la ricostruzione degli inquirenti – anche del papà Francesco Paolo La Rocca (già coinvolto in altre operazioni antimafia a Sarno), dedito all’approvvigionamento ed alla vendita al dettaglio dello stupefacente, confrontandosi con il figlio sui prezzi da applicare.