Scafati/Agro. Dopo aver compilato i verbali da quando ha iniziato a collaborare con la giustizia (8 aprile), ora il nuovo pentito scafatese Giuseppe Di Dato è stato citato dal pubblico ministero della Dda come teste (e come imputato) nel giudizio partito ieri a carico degli ex complici dello spaccio e delle estorsioni che sono imputati nel processo con rito ordinario a Nocera Inferiore. Si tratta dei componenti del clan “Famiglia che secondo la Dda salernitana avrebbero formato il cartello malavitoso autodefinito famiglia per via dei vincoli di parentela tra gli indagati al cui vertice c’è il nome di Dario Federico di Boscoreale già condannato anni fa per associazione camorristica. Altri 22 invece procedono il rito abbreviato e saranno in aula a Salerno il primo ottobre. E anche per chi ha optato con il rito alternativo ci sarà la deposizione di Dato. Il blitz è quello di febbraio scorso a capo di in un’attività congiunta tra i carabinieri e Guardia di Finanza coordinati dal pubblico ministero della Dda Rocco Alfano e dell’aggiunto Alberto Cannavale. Il 49enne di Boscoreale Dario Federico (arrestato dopo la latitanza) è ritenuto il capo e promotore dell’associazione e avrebbe spostato i suoi interessi criminali dalla storica allocazione in Pompei e Boscoreale, “assumendo il controllo criminale del territorio di Scafati approfittando del vuoto lasciato dai Loreto/Ridosso e Matrone/Buonocore” scrive la Dda nella richiesta di processo con giudizio immediato per tutti gli imputati. Federico si sarebbe servito della fattiva collaborazione del 47enne scafatese Salvatore Di Paolo anche lui noto alle aule di Tribunali e alle forze dell’ordine. Il gruppo poteva disporre delle armi da fuoco che sarebbero state approvvigionate da Domenico Tamarisco del clan “Nardiello” di Torre Annunziata e gestiva le piazze di spaccio di Scafati e zone limitrofe, controllando quelle di larga zona del comune dell’Agro nocerino fino ad arrivare a Boscoreale e Pompei, dedicandosi anche ad attività estorsive sullo stesso territorio e nelle zone confinanti. Secondo la ricostruzione accusatoria da parte della procura Antimafia salernitana il gruppo, “si era trasferito a Scafati a seguito di un altro vuoto di potere correlato all’arresto eseguito nel dicembre del 2021 di presunti esponenti della cosca collegata a Franchino Matrone ‘a belva (deceduto in carcere qualche mese fa), acquisendo una supremazia sugli altri gruppi criminali operanti sullo stesso territorio, tanto da essere chiamato ad intervenire per regolare le competenze territoriali camorristiche e dirimere gli “sgarri” attuati da altri cartelli malavitosi che avessero sconfinato dai territori di insediamento”. Tra le azioni criminose spicca una estorsione all’interno del porto turistico di Marina di Stabia. Dopo l’acquisizione delle fonti di prova e la richiesta della Procura (accolta) del neo pentito in aula, il processo è stato rinviato a settembre dove si partirà con i testi della procura e le testimonianze della polizia giudiziaria.
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