
di Erika Noschese
L’Italia degli anni ’70 era in bilico: un Paese stretto tra la crisi economica, la violenza politica e la minaccia di un golpe reazionario. In questo contesto, il segretario del Partito Comunista Italiano, Enrico Berlinguer, lanciò la proposta del “compromesso storico”: un’alleanza tra il PCI e la Democrazia Cristiana, il partito di maggioranza relativa, per garantire la stabilità del Paese e affrontare le sfide del momento.Oggi, nel 2025, cambiano gli attori e le motivazioni ma resta invariata l’ipotesi del “compromesso”, che non sarà storico ma rappresenta il trait-d ’union tra le volontà di Arcigay provinciale di Salerno e le necessità, se così vogliamo chiamarle, del Comune di Salerno di evitare troppi nasi distorti alla vigilia di due appuntamenti elettorali importanti e a breve distanza quali le Regionali e le successive Comunali. Da un lato, infatti, le voci di corridoio che facevano sapere quanto fosse scomoda la posizione degli amministratori di Palazzo di Città si sono fatte sempre più intense, a tal punto che – dopo le rivelazioni sulle criticità organizzative proposte anzitutto da queste colonne – si sono manifestate le volontà (quasi certe, ndr) di confermare l’impossibilità di utilizzare il Corso Vittorio Emanuele per buona parte del corteo e, come se fosse necessaria una conferma in merito, sull’impossibilità di utilizzare piazza della Libertà per la manifestazione. “Troppo piccola”, la manifestazione, per la più grande piazza europea che affaccia sul mare, sussurrano da Palazzo Guerra. Da qui la necessità di capire, seppur tra parentesi, quali siano le definizioni che portano un evento a essere considerato “di grande portata” per il Comune di Salerno, considerando che è stato possibile realizzare iniziative di carattere religioso nella medesima piazza che risulterebbe poi non idonea a ospitare il Pride. Tra l’altro si parla spesso di piazza della Libertà come area qualificata ad ospitare grandi eventi, salvo poi cadere nella più grande delle contraddizioni: sempre dai corridoi di Palazzo di Città, infatti, si è rivelata la necessità di rimodulare l’evento e, in particolare, il corteo anche a causa della poca copertura della polizia municipale per la manifestazione. Quindi la piazza sarebbe troppo grande per l’evento, ma l’evento è troppo grande per la città? Al di là delle definizioni e dei ragionamenti che non rientrano, ovviamente, nella sfera dei dati di fatto, resta il dato chiave sulla forte, fortissima difficoltà di gestione dell’evento: avevamo già anticipato quanto potesse essere difficile realizzare questa manifestazione senza che le opposizioni utilizzassero questo evento (assurdamente, ndr) come punto di polemica politica antecedente alle Regionali prima e alle Comunali poi. Vista la necessità di realizzare l’evento, per evitare che a storcere il naso poi siano i cittadini che ancora oggi necessitano di manifestazioni come il Pride per rivendicare il proprio orgoglio di esistere e di accettarsi esattamente per ciò che si è, sembrerebbe sempre più valida l’ipotesi di realizzare il “compromesso” di cui prima. Realizzare il Pride, quindi, soltanto sul Lungomare: partire dall’inizio, dall’area adiacente il sottopiazza della Concordia, per arrivare fino all’area che suddivide il solarium di Santa Teresa e la sala Pasolini. Con tutte le dovute limitazioni del caso, anche lì, considerando che la data originaria del 21 giugno è stata posticipata al 28: una settimana dopo, ma l’evento potrebbe coincidere con un’altra manifestazione, il Santa Teresa Beach Soccer, che da sempre riempie l’intera area del solarium. Varrà, anche per questa parte di organizzazione, l’ipotesi del “compromesso” o si dovrà ovviare in altro modo per evitare di scontentare ulteriormente le parti in causa? Salerno, fatti forza: comunque vada, il Pride s’ha da fare.