Salerno. L'auto dei vigili occupa lo stallo per i farmaci salvavita - Le Cronache Attualità
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Salerno. L’auto dei vigili occupa lo stallo per i farmaci salvavita

Salerno. L’auto dei vigili occupa lo stallo per i farmaci salvavita

di Erika Noschese

Salerno è una musa bizzarra, una città che inspira l’arte del paradosso con una costanza disarmante. Se la sicurezza urbana altrove è un dovere, qui è elevata a una performance di nicchia, un happening concettuale dove l’azione è sostituita dalla suggestione dell’assenza. Si potrebbe quasi sostenere che la Polizia Municipale non sia un corpo di polizia, ma un collettivo artistico specializzato in installazioni minimaliste e atti performativi di evanescenza. Abbiamo assistito, in passato, alla metamorfosi della Divisa in figurante d’onore lungo i percorsi istituzionali, pronta a svanire con la rapidità di un prestigiatore non appena il “Marchese” si ritira. Ma la vera maestria si raggiunge quando l’arte della sparizione evolve nella scultura del divieto. Ieri sera (sì, ieri, perché la notte porta consiglio e il giorno porta l’editoriale), il grande Teatro dell’Assurdo salernitano ha inaugurato una nuova e inquietante opera d’arte contemporanea. Il palcoscenico? L’area adiacente a una farmacia. L’oggetto esposto? Un’auto di servizio della Polizia Municipale. Il genio risiede nel contrasto. Lo stallo in questione non è un parcheggio qualsiasi, ma l’ultima trincea della civiltà, l’area sacra riservata all’emergenza e alla fragilità. È lo spazio vitale destinato a chi necessita di farmaci salvavita, delle bombole d’ossigeno o, semplicemente, è un cittadino non autosufficiente con gravi problemi di deambulazione e non può permettersi lunghe passeggiate per raggiungere i medicinali. Quel metro quadro di asfalto è teoricamente immune alla barbarie del “parcheggio veloce” per il caffè o la schedina. Teoricamente. Eppure, a presidiare questo luogo di vitale importanza, non c’era un agente a controllare o a sanzionare, ma il simbolo stesso dell’autorità: un veicolo ufficiale. Un gesto di una tale potenza sarcastica da togliere il fiato. Il mezzo, di per sé destinato a imporre la legge, era parcheggiato con una noncuranza che gridava al sabotaggio interno, occupando il posto di chi, magari, aveva un’urgenza clinica e non un pacchetto di sigarette. Un affronto doppio: all’urgenza e alla disabilità. Motore spento, fari oscurati, sirene imbavagliate. L’auto era lì, immobile, una sentinella dormiente, priva del suo contenuto umano. Gli attori, i vigili, erano svaniti nel nulla, forse impegnati in un’altra performance di teletrasporto, lasciando il loro attrezzo di scena a creare l’infrazione che, per contratto, dovrebbero prevenire e punire. Ma come ogni opera d’arte degna di nota, anche questa richiede un contesto che ne esalti il significato. L’auto in sosta vietata fungeva da fulcro statico, da monumento all’inerzia. Attorno ad essa, la vita scorreva secondo i canoni dell’anarchia più sfrenata. Dall’altra parte della carreggiata, e negli immediati dintorni, auto e motocicli si esibivano in una sosta in doppia e tripla fila che pareva una vera e propria sfilata di moda dell’inciviltà. I cittadini, percependo il vuoto pneumatico dell’autorità – un vuoto reso tangibile e ironico dall’auto di servizio abbandonata – hanno reagito con il tipico istinto predatorio: dove non c’è occhio, non c’è peccato. E la beffa, la ciliegina avvelenata sulla torta di questo dramma, è stata l’auto della Polizia Municipale stessa. Incastrata. Prigioniera. Nonostante fosse nello stallo vietato, se gli agenti fossero tornati di corsa, non avrebbero potuto muovere il veicolo. Il loro stesso mezzo, il loro simbolo di potere e mobilità, era bloccato, circondato e assediato dalle auto parcheggiate in doppia fila. L’anarchia generata dall’assenza della Divisa aveva finito per imprigionare la Divisa stessa. È una metafora potentissima: l’inefficacia si auto-neutralizza e si condanna all’immobilità. Questo modello operativo, l’attivazione a intermittenza della Polizia Municipale, trova la sua perfetta sintesi nella citazione cinematografica del “Marchese”. Si ricorderà che nel capolavoro di Mario Monicelli, “Il Marchese del Grillo”, l’intero popolo di subalterni fingeva di lavorare con strenua dedizione solo finché il loro padrone, il cinico e potente Marchese Onofrio del Grillo, era sveglio e poteva osservarli. Non appena il suo servo più fidato si affacciava per urlare “S’è addormito!”, tutti smettevano magicamente ogni attività, sprofondando nell’ozio e nel disordine. A Salerno, il “Marchese” che determina l’attivazione e la disattivazione del corpo di vigilanza è, in questo caso e per storica abitudine, l’ombra ingombrante di Vincenzo De Luca – ex Sindaco, ex Governatore, nonché figura centrale di ogni apparizione pubblica cittadina. La Polizia Municipale finge di esserci, schierata ad hoc e in pompa magna, quando il “Marchese” è in arrivo, in transito, o semplicemente nei paraggi dove la sua vista potrebbe spaziare. Ma quando l’ormai ex Governatore è passato, quando il ciak istituzionale è terminato, si ritorna alla tranquilla anarchia di sempre. Il colpo di radio che annuncia che il Capo è rientrato, e che si può tornare a “dormire” o, peggio, a parcheggiare dove non si dovrebbe. L’auto in sosta vitale negata è l’icona del momento in cui l’eco del “Marchese s’è addormito!” risuona per le strade. La vigilanza è attiva e visibile solo dove l’occhio istituzionale è presente. Nelle zone “ordinarie”, dove c’è solo l’emergenza del cittadino comune, la vigilanza si dissolve, lasciando solo un simbolo abbandonato in divieto di sosta, bloccato dalle conseguenze della sua stessa assenza. Un capolavoro. Ma, ahimè, un capolavoro che fa male. Perché l’arte, quando si confonde con l’inerzia istituzionale, cessa di essere intrattenimento e diventa dramma sociale. Il Teatro dell’Assurdo ha un nuovo Re, ed è in divieto di sosta.