di Erika Noschese
Salerno capitale della Cultura e dell’arte. Grande successo per la quarta edizione della Biennale d’Arte contemporanea in scena al Palazzo Fruscione fino a ieri sera. Edizione che doveva tenersi lo scorso anno e bloccata, dopo tre rinvii, a causa della pandemia. Un successo senza precedenti grazie al lavoro svolto da Olga Marciano, presidente di Salerno in Arte, Curatore d’Arte contemporanea e Curatore Sezione Arti figurative e grazie a Giuseppe Gorga, Curatore d’arte contemporanea e Vice Presidente di Salerno in Arte Curatore Sezione Arti figurative. Ed è proprio Gorga a raccontare la Biennale, l’arte ma anche e soprattutto i suoi prossimi impegni, tra la Colombia e il Messico.
Salerno diventa la capitale dell’arte con la Biennale d’Arte contemporanea, una mostra internazionale che richiama in città tantissimi artisti…
“Sì, è proprio così. La prerogativa di questa biennale è legata molto anche al turismo, nel senso che Salerno è stata riconosciuta da tanti, anche all’altro capo del mondo, proprio per la Biennale perché la migliore pubblicità resta il passa parola. Dalla prima edizione, la gente così come i ristoratori chiedevano il perché di tutte queste persone in città ed era collegato proprio alla Biennale perché Salerno, un tempo, era una città dormitorio e si arrivava in città solo per andare a Paestum, a Pompei ma ora, dopo anni, grazie ad una serie di ristrutturazioni anche urbanistiche è andata avanti. Ne parlavo proprio con Luis Gramet, presidente argentino della Biennale: Salerno è riconosciuta anche grazie a questa importante manifestazione e tanta gente è venuta e verrà a visitare la città. La Biennale apre uno scenario nuovo, dopo questa pandemia c’è stata la possibilità di incontrarsi nuovamente, l’arte non solo è bella in quanto tale ma apre nuovi orizzonti, con una ricaduta turistica”.
La Biennale si tiene in un luogo simbolo della città di Salerno, Palazzo Fruscione…
“E’ probabilmente il più importante Palazzo della città di Salerno al quale sono particolarmente legato: fu il mio primo esame da architetto e c’è stato un dejà vu ritornare in questo palazzo nel 2014, in occasione della prima Biennale con 20mila presenze che si sono replicate sia nel 2016 che nel 2018 mentre quest’anno, contro ogni previsione, è arrivata tantissima gente, con una risonanza mediatica incredibile tanto che in sud America siamo diventati l’evento cult europeo”.
C’è un tema che lega tutte le opere, quest’anno è la luna…
“Il tema di quest’anno è lunatica perché la biennale doveva essere fatta nel 2020 ma a causa del covid è stato annullato l’evento, rinviandola tre volte. Era l’anno della luna il 2020; noi abbiamo un tema libero e uno dedicato, come sempre. Lunatica è il lato oscuro degli artisti, quello creativo, quello che esce fuori dalle opere d’arte”.
Come cambia l’arte con la pandemia? Per gli artisti, come per tutti, c’è stato un periodo di stop forzato. Come è cambiata la biennale?
“L’arte è una spugna, assorbe le sensazioni e le motivazioni, quello che succede attorno a noi. Si vedono tante contaminazioni dovute a questo covid, le opere trasmettono il periodo avuto, espresse su tele, installazioni e sculture. Attraverso le opere d’arte si avverte il problema del covid, esattamente tutto ciò che hanno vissuto è stato replicato nelle opere”.
Quali sono gli obiettivi futuri per la Biennale? Terminata questa edizione si lavorerà subito alla successiva…
“Sì, la biennale richiede grande lavoro, anno per anno. Finita un’edizione, l’anno successivo è totalmente dedicato alla nuova edizione. Siamo alla quarta edizione, la biennale è cresciuta; quest’anno abbiamo stretto una collaborazione con la Colombia, grazie al supporto di Ramirez e ad un senatore: vogliono che la biennale, nel 2022 abbia sede in Colombia. Si tratta di un evento con una risonanza mediatica incredibile e vorrebbero che la biennale di Salerno diventasse supervisore di tutte le biennali, sia colombiana che messicana”.
È un evento conosciuto in tutto il mondo, cosa spinge un artista – secondo lei – ad inviare a Salerno le sue opere?
“Intanto, noi abbiamo come madrina Rabarama, la scultrice italiana più famosa al mondo. Lei dal primo anno ci ha seguito, una nostra amica e ogni biennio è a Salerno. Fa da traino agli artisti emergenti, un valore aggiunto perché i grandi nomi ti aprono le porte dei Paesi stranieri. È la biennale indipendente più importante d’Italia, conosciuta in tutto il mondo”.
Arte significa cultura ma la città di Salerno non ha un assessorato dedicato. Cosa ne pensa?
“Abbiamo avuto qualche problema ultimamente ma, anche per scelta personale, non sono molto addentro alla politica. La biennale deve essere asettica, l’arte è di tutti, non ha limiti ma se ci fosse un assessorato dedicato non sarebbe male. Antonia Willburger è stata assessore alla Cultura, devo riconoscere a lei la sua attenzione, ha fatto cose mai fatte prima, grazie ad un rinnovato entusiasmo. Devo ringraziare lei per il supporto, anche nei momenti bui, ed Ermanno Guerra, tra i più attenti assessori alla Cultura”.
Ci sono nuovi eventi in programma?
“Assolutamente sì, non ne parlo per scaramanzia ma sto organizzando un expo molto importante, fuori Salerno e che chiamerà artisti da tutto il mondo. Poi, dovrò volare in Messico per lavorare alla biennale di Medellin, sotto la supervisione di quella di Salerno”.
Ci sono tanti giovani artisti che vorrebbero emergere, cosa consiglia loro?
“Fare l’artista è un lavoro come tanti altri, con più sensibilità. C’è una programmazione, orari di lavoro e se non si capisce che l’artista figura evanescente non esiste più. Bisogna essere professionisti, dedicando anima e corpo; poi c’è il 50% di fattore c e 50% di capacità e quando si presenta un’occasione bisogna investire su sé stessi perché se non ci credi tu non ci possono credere gli altri”.