di Arturo Calabrese
La vicenda della Dervit, la società di Vittorio De Rosa finita al centro dell’inchiesta Alfieri che ha portato all’arresto anche del rappresentante legale, ha radici molto profonde nel territorio cilentano. È nel lontano 2006 quando la realtà vede ricevere un incarico da parte del comune di Roccadaspide per l’illuminazione votiva al cimitero.
L’importo dei lavori da seguire era di 61.370,57 euro oltre Iva più il tariffario legato ai costi di utilizzo dell’utenza, di cui la ditta deve corrispondere all’ente un canone di concessione da calcolarsi in ragione del 13%, con un totale di incasso annuo per Dervit di circa 30 mila euro, una media dal 2020 al 2022, con possibilità di riscatto per l’ente non prima di 15 anni, riscatto che al momento non è avvenuto, determinando un apparente ulteriore vantaggio economico in tema di profitto.
Da sottolineare che in giunta era presente tale Antonio De Rosa e l’omonimia del cognome non è un caso perché Antonio e Vittorio sono fratelli. Ma la parentela a Roccadaspide, si sa, viene sempre premiata. Sindaco era Girolamo Auricchio, attuale vicesindaco. Il primo cittadino odierno Gabriele Iuliano era in maggioranza.
È del 2010, poi, un secondo incarico e qui entra in gioco la pubblica illuminazione. Nell’agosto del 2010, arriva la determina dell’Ufficio Tecnico 394 con cui si indiceva una procedura aperta per l’affidamento del servizio di Illuminazione pubblica, con un importo a base d’asta di 7.936.703,76 euro per complessivi 29 anni e ad aggiudicarselo è la Dervit per un importo pari a 7.493.835,69 euro.
Gli interventi avrebbero riguardato 2026 punti luce. Il documento venne firmato dall’ingegnere Tommaso Maria Giuliani che era arrivato nel comune rocchese dall’allora Unione dei Comuni Alto Cilento, oggi Unione dei Comuni Paestum Alto Cilento. Tra l’altro, in fase di consegna degli impianti era stata messa in atto una ricognizione degli stessi, nonostante l’ultima fosse stata compiuta pochi mesi prima. Alla fine, giusto per essere precisi, vennero installati 81 punti luce in più con tanto di riformula del contratto e di conseguenza dell’importo. Insomma, la Dervit ha vinto l’appalto grazie ad un ribasso che però poi è diventato rialzo grazie all’adeguamento del 4%.
La società oggi al centro dell’inchiesta, quindi, ha prima ribassato per sbaragliare la concorrenza e poi si ritrova con l’aumento del contratto. I punti luce in più sono stati inseriti dopo l’esito della gara al momento della sottoscrizione del contratto tra Ente e Dervit.
E a dover controllare era l’assessore Antonio De Rosa, fratello di Vittorio. C’è poi il capitolato speciale. Esso prevede che la ditta debba provvedere ad efficientare, ma a dodici anni dal contratto lo stesso ufficio, con lo stesso responsabile che aveva dimenticato di inserire i famosi punti luce in gara e che ora dimentica il capitolato speciale dello stesso contratto, facendo un ulteriore regalo alla Dervit.
La società si aggiudica un altro milione e mezzo di euro oltre Iva 1,5 milioni per l’aggiudicazione di altri due progetti, a cui la stessa non poteva partecipare in quanto da contratto doveva provvedere all’efficientamento con le proprie risorse. C’è molto altro ancora che verrà trattato in un prossimo appuntamento. I legami tra Dervit e Roccadaspide non sono finiti.