di Olga Chieffi
Esiste in Campania un contesto archeologico di eccezionale rilevanza. Grotte e siti preistorici del Cilento, localizzati soprattutto lungo la costa tra Palinuro e Sapri, sono un prezioso archivio di informazioni per la ricostruzione dell’ambiente, del clima, dei modi di vita, dell’economia di più specie di Homo che lì hanno vissuto a partire da circa 700 mila anni fa. Il circondario di Marina di Camerota offre le più numerose e importanti documentazioni, ma è nell’insieme di quel lungo tratto costiero che da tempo è stato segnalato e indagato un patrimonio preistorico che nulla ha da invidiare a più famosi e valorizzati siti europei. Se ne discuterà questo pomeriggio, nell’ambito di un convegno promosso dal Comitato scientifico centrale del Club Alpino Italiano, che avrà inizio alle ore 17,30 a Palazzo Sant’Agostino. Titolo dell’incontro, che saluterà quale relatore il Professore Fabio Martino docente dell’Università di Firenze sarà “Preistoria del Cilento: sei decenni di ricerche e di valorizzazione”, vedrà anche gli interventi di Raffaella Bonaudo, soprintendente ABAP di Salerno e Avellino, Giuliano Cervi Presidente comitato Scientifico Cantrale Cai, Raffaella Luise, Presidente del Gruppo Regionale Cai Campania, Ciro Nobile, Presidente della sezione Cai di Salerno, Anna Maria Martorano Presidente del Comitato Scientifico Sez.ne salernitana del Cai e di Alfonso Andria, Presidente del Centro Universitario Europeo Beni Culturali di Ravello. “La grande avventura – scrive il Professore Fabio Martini – delle ricerche sulla preistoria cilentana è iniziata sessanta anni fa, quando Arturo Palma di Cesnola fu inviato a verificare alcune emergenze casualmente venute alla luce a Marina di Camerota. Ebbe così inizio un complesso progetto multidisciplinare di rilevamento e di scavi anche in grotte vicine che Palma di Cesnola proseguì ininterrottamente negli anni successivi insieme alla sua equipe. Fu durante la sua attività all’Università di Siena che ebbe il primo grande impulso la ricerca sulla preistoria del Cilento, sviluppato poi con nuovi progetti dall’Università di Firenze, sempre in stretta collaborazione con l locale Soprintendenza archeologica. Un prezioso archivio storico, dicevamo. Tra Palinuro e Sapri sono noti siti del Paleolitico arcaico (la cosiddetta Cultura del Ciottolo) a Capo Grosso, Cala Bianca, Cala d’Arconte. Qui ha vissuto Homo heidelbergensis (con la Cultura dell’Acheuleano, circa 600 mila anni fa). Ma è soprattutto Homo neanderthalensis che si diffonde nel territorio, lasciando tracce, soprattutto in grotta (Grotte del Poggio, Infreschi, del Molare a Scario) che documentano i suoi modi di vita, tracce che sono ritenute di grande importanza a livello europeo. La diffusione di Homo sapiens, che entra in Europa dall’Europa orientale circa 45 mila anni fa e che si diffonde lungo tutta la penisola, riguarda anche il Cilento. Le grotte della Serratura, della Cala, della Calanca, solo per citarne alcune, sono dei punti di riferimento a livello europeo per le fasi più recenti del Paleolitico e del Mesolitico (sino a circa 7 mila anni fa). Con l’arrivo dei gruppi umani di agricoltori e allevatori (Neolitico) le evidenze preistoriche si fanno meno intense, così come nelle epoche successive (età del Rame, età del Bronzo). Uno dei tanti aspetti che riguardano la preistoria costiera cilentana riguarda il rapporto dell’Uomo con l’ambiente e la capacità dei paleolitici di utilizzare le risorse marine, maturando una eccezionale sapienza ambientale. Intorno a 13.000 ha inizio l’attività di pesca, con sistemi molto semplici lungo costa e riservati alle aguglie, al cefalo, all’anguilla. Attorno a 10.000 anni è documentato un avanzamento della pesca, anche in mare più aperto come attestano la cernia, l’orata, il tordo nero. Nel Neolitico, a distanza di alcuni millenni, le tecniche di pesca si fanno più elaborate e l’uso di imbarcazioni consente di spingersi al largo per procurarsi, oltre ai pesci già noti, anche la corvina, la ricciola e il tonno. Questo patrimonio storico e archeologico, ben noto agli specialisti di archeologia preistorica, necessita di una opportuna valorizzazione, avviata con iniziative che, per quanto degne di plauso, non rendono ragione all’importanza delle evidenze. Le poche esperienze attuate sinora sono tentativi isolati che non hanno dato impulso ad una politica culturale di ampio respiro. Come in altre località italiane ed estere il turismo culturale può essere coniugato al turismo balneare o ad altre forme di attrazione, creando i presupposti per aumentare posti di lavoro per le giovani generazioni e incrementando il senso civico e la coscienza di identità che la consapevolezza storica genera.ed ut perspiciatis unde omn