Riflessioni sulla canzone della “Città cantante” - Le Cronache
Musica Spettacolo e Cultura

Riflessioni sulla canzone della “Città cantante”

Riflessioni sulla canzone della “Città cantante”

di Mimmo Torello

Giovedì scorso al Teatro Trianon Viviani di Napoli si è tenuta la prima delle quattro lezioni –concerto denominate Città cantante, conferenze volute dalla Direttrice artistica Marisa Laurito. Con cadenza settimanale, fino al 31 marzo prossimo, il compositore e musicologo Pasquale Scialò propone un progetto lodevole in quanto attinente alla divulgazione di conoscenze che sono alla base della nostra cultura ed ambizioso, in quanto rivolto in gran parte giovani e giovanissimi, di solito lontani da eventi non contemporanei. Il primo incontro del 10 marzo ha avuto per argomento quella che il Maestro Pasquale Scialò, autore tra l’altro di due splendidi volumi sulla Storia della Canzone Napoletana editi da Neri Pozza, ha chiamato la “canzone in cerca d’autore” ovvero quelle splendide canzoni di matrice popolare e rurale trasmesse nei secoli, perlopiù oralmente, che hanno accompagnato la vita dei napoletani dal tempo di Federico II fino alla seconda parte dell’Ottocento e che solo la dedizione, la passione ed il genio di un francese napoletano, Guglielmo Cottrau hanno fatto sì, che trascritte e raccolte nel 1824 nei Passatempi musicali, giungessero fino a noi. Sapientemente Scialò ha saputo dosare perfettamente elementi conferenziali colti, commenti musicali adatti e sobri e momenti dal sapore teatral-popolare tali da far scivolar via quell’ora e mezza in un battibaleno e con applausi conclusivi, sinceri e convinti, da parte di quella platea fatta quasi interamente di ragazzi che avevano l’entusiasmo stampato sul volto. Al fianco del dominus dell’evento un gruppo di ottimi professionisti. Il soprano e ricercatrice salernitana Nunzia De Falco che, accompagnata al piano dal Maestro Franco Pareti, ha cantato in maniera mirabile, tra gli altri, brani di musica vocale come “Cannetella” e “La Serpe a Carolina”, “Napole”, il chitarrista Antonio Siano ha interpretato con rigore “Fenesta Vascia”, “‘Raziella, Te voglio bene assaie”, “Lu Cardillo”; ancora Romeo Barbaro, che dapprima ha aperto la serata cantando “a cappella” il canto delle Lavandaie del Vomero, per poi coinvolgere il pubblico con la sua tammorra con brani squisitamente di matrice rurale. Tutte le esecuzioni sono state frutto di un concordato lavoro e confronto musicologico, che hanno reso suono le indicazioni e le ricerche di Pasquale Scialò. Opportuno e puntuale l’intervento della professor Francesca Seller che ha trattato dell’editoria a Napoli e del ruolo che ha avuto nella diffusione della canzone napoletana di questo periodo. È stato un bel viaggio attraverso quell’universo temporale e sonoro che nonostante la semplicità e l’ingenuità, a volte, di strutture, testi e melodie, racconta inevitabilmente della nostra storia e della nostra cultura: tutto ciò soprattutto grazie al genio di figure di artisti e imprenditori come Guglielmo e Teodoro Cottrau, che hanno portato Napoli al centro della cultura europea. Quel viaggio che partendo dall’allusivo Canto delle Lavandaie del Vomero, dalle canzoni partorite perlopiù per raccontare fatti di vita e fatica quotidiana o eventi storici, s’imbatte poi con la prima canzone ad avere un proto-ritornello costituito dal distico “Io te voglio bene assaie e tu nun pienze a me”, per approdare finalmente alla vera e propria “canzone d’autore”. Infatti, la canzone d’autore, quella che vedrà la luce verso la fine dell’ottocento, per intenderci, è intrisa di elementi tipici di questo periodo che per usare una metafora di Scialò “sono come cozza e scoglio”, non puoi tirar via la cozza senza che essa porti con sé un po’ dello scoglio su cui è nata! Aspettiamo con ansia la prossima lezione- concerto in programma per il 17 marzo: La canzone d’autore