di Aldo Primicerio
Sul tentativo di sterilizzare i magistrati inquirenti abbiamo già scritto, e continueremo a farlo: separazione delle carriere, fondi ridotti per le intercettazioni ambientali, abolizione dell’abuso d’ufficio, e tanto altro. Ora è il momento dei giornalisti. Gli emendamenti al Ddl Diffamazione presentati dal Fratello d’Italia sen. Berrino fanno scattare allarmi e forti proteste. Si vogliono incrementare multe e reintrodurre il carcere per cronisti sgraditi. Nel mirino soprattutto le colleghe ed i colleghi precari, spesso senza alcuna copertura legale e contrattuale, i più esposti alle minacce di chi non gradisce inchieste su mafie, malaffare, corruzione. Il governo Meloni conferma ancora una volta il suo marcato anti-europeismo con quella che a Bruxelles già appare come una provocazione, dal momento che la Corte europea e le stesse istituzioni internazionali ne hanno già previsto la soppressione; solo l’Italia non ne ha ancora pienamente recepito la direttiva. Con l’assalto alla par condicio, alla Rai, alle agenzie ed al Media Freedom Act, fine del giornalismo d’inchiesta e dell’art. 21 della Costituzione? Alcuni pensano che la proposta Berrino potrebbe non andare avanti. Ma il clima che traspare in questo governo però non promette nulla di buono. La destra, specie la Lega, ma a veder bene le cose anche Fdi e Forza Italia sembrano manifestare il loro rancore con queste minacce a quel poco che resta del giornalismo d’inchiesta di una volta e dell’art. 21 della Costituzione. Vogliamo farlo rileggere a chi non lo conosce? “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Questi emendamenti arrivano infatti dopo l’assalto alla par condicio, il via libera ai comizi del governo anche nelle campagne elettorali, l’assalto alla Rai ed il tentativo di trasformarla nell’Eiar di triste memoria, l’approvazione delle norme che vietano la pubblicazione delle ordinanze, la sistematica violazione della tutela delle fonti, le querele bavaglio contro autori, disegnatori, giornalisti. Insomma siamo di fronte ad una vera linea politica di questo governo, se è vero che Lega e Fratello d’Italia si sono astenuti qualche giorno fa non votando il Media Freedom Act, varato dall’europarlamento. E’ un regolamento che prevede norme rigorose su conflitto di interessi, trasparenza delle proprietà, autonomia della Rai, pluralismo delle fonti, contrasto delle querele bavaglio e delle minacce contro il diritto di cronaca, ma anche svendita di agenzie di stampa importanti a parlamentari di maggioranza. Insomma siamo di fronte ad una vera e propria strategia contro l’Europa, il suo Consiglio, la sua Corte, la Corte Costituzionale italiana. Un attacco alle istituzioni nazionali ed europee? O un tentativo di distrarre l’attenzione dal vero obiettivo, quello di una rappresaglia contro la diffamazione? Con il colpo di spugna a Camere e Capo dello Stato, il rischio di fare la fine dell’Ungheria di Orban? Qui nessuno vuol negare il reato di diffamare gli altri. Ci mancherebbe. Ma il punto è se si vogliono inasprire le pane per imbavagliare il diritto di cronaca. Noi crediamo che la Commissione e la Corte UE stiano già preparando ispezioni e sanzioni. Perché, diciamolo apertamente, qui rischiamo di fare la fine dell’Ungheria di Orban. E tutto questo alla vigilia di un voto che potrebbe dare tutto in mano alla o al premier di turno, cancellando con un colpo di spugna i controlli democratici delle Camere e del Presidente della Repubblica. Noi ci rifiutiamo di crederlo, ma qualcuno sostiene che in questi giorni si respiri la stessa aria del 1924 quando, tra leggi iperfasciste, ci furono proprio quelle contro la libertà di stampa. E poi, signori del Governo, le norme contro la diffamazione già ci sono, ed anche severe. Perché inasprirle, a cosa si punta? Ci si limita a dichiarare indagata una madre che uccide il figlio, una drogata ed ubriaca che ammazza due carabinieri, e poi si vuole mettere dietro le sbarre un professionista che ha scelto l’alta missione di informare i cittadini? Ma torniamo alla famosa Par Condicio. Se l’Unione Europea la difende con una legge e l’Italia (con l’Ungheria) non la vota qui è giusto allarmarci, perché il rischio è quello di allinearci ed anche di superare Orban. Sembra un assalto alla Costituzione, con leggi bavaglio e forse manganelli alla vigilia di unma vera e propria controriforma costituzionale, dove stanno per scomparire anche la figura del Capo dello Stato e la democrazia parlamentare. L’assalto alla par condicio, il carcere ai giornalisti ed anche il francobollo per Berlusconi, insulti alla coscienza nazionale Cosa succederà in questa campagna elettorale? Sull’accesso, sui tempi al microfono, sui confronti, sulla disciplina degli spot, già siamo un Paese tra i più permissivi d’Europa. Ora sapete che si vuol fare per questa tornata elettorale europea dell’8 e 9 giugno? Si vuole scorporare dai tetti e dalle norme la comunicazione del governo in modo da escluderla dai conteggi e da vanificare ogni regola, scrive Beppe Giulietti, già presidente della Federazione Nazionale della Stampa. E, come se non bastasse, prevedendo anche la presenza di giornalisti di diverso orientamento politico. Scelti da chi? Dalla Vigilanza? Dalle forze politiche? Mediante autocertificazione? Dopo un esame? Forse così si vuole garantire il pluralismo? Macché. L’intento è quello di bloccare qualsiasi programma sgradito, tener lontani i giornalisti che fanno troppe domande. Non so se i cittadini hanno interesse a queste tematiche. Forse alcuni le considerano lontane dai loro interessi. Un grave errore. Qui si parla di loro, della loro vita, del loro lavoro, del loro futuro, dei loro figli. E la ciliegina sulla torta è il via libera del Consiglio dei Ministri alla produzione di un francobollo commemorativo con l’effigie di Berlusconi a un anno dalla sua scomparsa. Noi Silvio l’abbiamo sempre e pubblicamente stimato, anzi oggi ne si avverte l’assenza con tutti questi desaperacidos a sfogliare i gossip sullo smartphone tra gli scranni mentre si decidono i destini del Paese. Ma ci sembra davvero un colpo basso alla politica, ed al prestigio internazionale del Paese, emettere un francobollo a chi per 30 anni ha manipolato il palcoscenico politico italiano, fatto parlare di sé per scandali politici e non solo. E’ stato, senza dubbio, uno dei protagonisti indiscussi della politica italiana degli ultimi 40 anni. Il suo impero mediatico, la sua grande intelligenza hanno plasmato le menti e influenzato le masse come pochi altri. Tuttavia, è stato anche condannato in via definitiva per frode fiscale, ed animato scandali per una vita privata turbolenta ed immorale, che certamente non possono farcelo vedere, a noi ed al resto del mondo, come un “grande italiano”. Ci perdonino i figli, ma questa scelta è un insulto alla memoria, una macchia sulla coscienza nazionale.