di Matteo Maiorano
«Pizza anti-tumorale? Nel mio locale è ben accetta. La metter a menù». Il ristoratore Giovanni D’Acunto ha accolto l’appello lanciato da Cronache per far diffondere la pizza Pascalina sul nostro territorio. Il prodotto, ideato dalla fondazione “G. Pascale” di Napoli, si compone di prodotti sani come la farina di frumento tipo 1, friarielli campani, Pomodori san Marzano o di Corbara, olio Evo del Cilento, olive nere, noci e lievito madre o di birra. In aggiunta, eventualmente, anche aglio e origano. Amante del biologico, D’Acunto lo scorso anno ha aperto una pizzeria a Brignano che fa del benessere e del mangiar sano il proprio cavallo di battaglia: «Quella della fondazione “G. Pascale” è un’iniziativa estremamente importante. Spero che aderiscano il maggior numero di locali a Salerno. Nella nostra città c’è bisogno di maggiore attenzione verso questo tipo di proposte». A modo bio, di Giovanni d’Acunto , si appresta ad essere la prima pizzeria a scrivere sul proprio menù anche la “Pascalina”: «Abbraccio volentieri il progetto della pizza Pascalina. La mia idea di food si incentra sul bio, quindi su prodotti naturali: il modo di vedere il settore alimentare si rispecchia in pieno con la pizza ideata dall’istituto partenopeo. Più che sul gourmet – precisa D’Acunto – la mia offerta alimentare si focalizza sul mangiar sano. Bio significa anzitutto ricerca di un prodotto diverso, a filiera corta come la farina. Parliamo di un prodotto a chilometro zero, tipo 1 e 2, macinata a pietra, arricchita con cereali, semi di lino e di girasole. Ci sono cereali specifici che aiutano la circolazione. E’ tutto legato ad un discorso di produzione limitata. Sono sicuro che il prodotto proposto dal “Pascale” potrà avere un largo successo». Sul suo locale: «A noi farebbe piacere avvicinare anche una clientela più giovane. Ho fatto uno studio di un anno sul prodotto che offro all’interno di “Delicious – A modo Bio”: una pizza che all’esterno sembra normale ma è invece integrale e con caratteristiche nutrizionali ben definite. Le integrali sono più difficile da lavorare. Quello a cui ho puntato è dare l’impatto di una pizza classica napoletana. Ci è voluto molto per trovare il tipo di farina e di cereali adatte. Non distinguiamo più – sottolinea D’Acunto – il sapore vero delle cose. Abbiamo varie sfaccettature di un unico prodotto. Il nostro corpo si sta abituando a mangiare male».