di Erika Noschese
Un anno e quattro mesi di carcere: è la richiesta avanzata dal pubblico ministero, la dottoressa Zambrano, nei confronti di M.Q, la donna di Battipagli che ha procurato la morte di Maria Rosaria Santese, 19enne, arbitro di basket e figlia dell’imprenditore battipagliese Renato Santese, investita e uccisa il 19 maggio del 2017. Nel mese di marzo 2019 il rinvio a giudizio per la 47 a bordo di una Tiguan Wolkswagen che impattò frontalmente con la vespa 125 guidata dalla giovane. Secondo l’impianto accusatorio il decesso della giovane non sarebbe da attribuire all’impatto con il veicolo o alla successiva caduta sull’asfalto. Il cuore della 19enne si sarebbe fermato dopo che la vettura l’avrebbe trascinata per alcuni metri: Maria Rosaria è morta per dissanguamento a seguito dell’amputazione di una gamba. Quel giorno la giovane si stava recando a casa di un’amica dove avrebbe trascorso alcune ore di relax concedendosi un bagno in piscina. Nella richiesta avanzata, il pubblico ministero chiarisce la donna a bordo dell’auto aveva posto in essere una condotta produttiva dell’evento per colpa per negligenza e imprudenza. La donna guidava ad una velocità superiore a quella stabilità per norma in quel tratto di strada, invadendo anche la corsia di marcia opposta, scontrandosi così con la vespa della giovane Santese. Presente in aula ieri anche il papà della giovane vittima, Renato Santese, difeso dall’avvocato Michele Tedesco. L’incidente fu ripreso anche da telecamere di videosorveglianza installate in via Cupe Filette permettendo così agli agenti della polizia municipale di ricostruire l’esatta dinamica di quanto accaduto quel drammatico giorno.