di Francesco La Monica
Ieri mattina, presso il Liceo Artistico “Sabatini Menna” di Salerno, si è tenuto un interessante seminario intitolato “La gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata”. A promuovere l’iniziativa il Sodalis Csv, centro servizi per il volontariato della provincia di Salerno. L’incontro, coordinato dal collega Andrea Manzi, è stato promosso per fare il punto della situazione sui beni confiscati alla criminalità organizzata, con l’ausilio delle testimonianze di alcune associazioni, attive sia sul territorio campano che in ambito nazionale. Presente al seminario, uno dei promotori dell’associazione “Da Sud”, Pasquale Grosso. Associazione finalizzata alla sperimentazione di percorsi di giustizia sociale. Nata in Calabria nel 2005, ha come obiettivo lo sviluppo dei diritti come strumento di contrasto ai clan, e la costruzione dell’antimafia popolare. Nel corso del suo intervento, Grosso ha sottolineato l’importanza della “narrazione”, cioè della reale rappresentazione dei fatti e degli avvenimenti legati e collegati alla ‘ndrangheta: «Abbiamo scelto di fondare un’associazione perché ciò che ci succedeva intorno veniva raccontato in un modo che non ci rappresentava. Le vittime di ‘ndrangheta, fino al 2006, non sono state mai ricordate. Noi abbiamo messo insieme oltre 900 storie di vittime innocenti della criminalità organizzata, volutamente nascoste e dimenticate dall’omertà». Non sono mancate le critiche al Decreto Sicurezza, emanato circa un mese fa, per gli aspetti riguardanti la confisca dei beni alla criminalità organizzata: «Nell’attuale Decreto Sicurezza, c’è la possibilità di vendere i beni al miglior offerente, possibilità che precedentemente era soltanto marginale. Tutto ciò è gravissimo, perché un bene confiscato diventa l’emblema della lotta alla Mafia, e deve necessariamente essere restituito alla collettività, e certamente non ad un privato». Della stessa opinione anche Riccardo Christian Falcone, collaboratore campano di “Libera, Associazioni, nomi e numeri contro le Mafie”: «Nell’articolo 36 del Decreto Sicurezza, si parla di ampliamento della platea per la vendita. Ciò significa che chiunque offra di più può acquistare il bene confiscato all’asta. Questa cosa appare come un chiaro tentativo di voler fare cassa. Tutto ciò tradisce lo spirito della legge 109, voluta da più di un milione di cittadini, che prevede il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie». Falcone ha parlato anche dei temi scelti in questi anni da Libera fin dal 1995, anno della sua fondazione: «Il nostro compito è innanzitutto quello di far memoria di tutte le vittime innocenti della mafie, ma soprattutto di essere vigili sul riutilizzo dei beni confiscati. La nostra è stata una vera e propria rivoluzione, perché oggi 800 realtà sociali di tutta Italia gestiscono migliaia di beni confiscati. Rivoluzione realizzata in appena 20 anni, grazie anche alla raccolta firme, avvenuta nel ’96, che ha reso possibile l’istituzione della legge 109. Questo Paese, è sì la patria della Mafia ma anche e soprattutto patria dei più numerosi movimenti antimafia del mondo. Grazie alla costante azione delle varie associazioni, si è riuscito a restituire alla collettività migliaia di luoghi che erano l’emblema del potere criminale, e che oggi sono il simbolo della speranza, del riscatto e della dignità di tantissime persone e di moltissime comunità».