Pellegrino (Virtuoso): La scuola è un valore - Le Cronache Ultimora
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Pellegrino (Virtuoso): La scuola è un valore

Pellegrino (Virtuoso): La scuola è un valore

di Matteo Gallo

Ornella Pellegrino è una donna colta, elegante e pragmatica. Dal duemilaventi, dopo un lungo impegno d’aula come docente di lingue straniere, guida con visione e passione l’istituto Roberto Virtuoso di Salerno. Un incarico professionale che la vede in prima linea senza mai sottrarsi alle sfide del tempo presente ma con i piedi – dell’agire e dell’essere – saldamente piantati nella storia e nella tradizione di una Istituzione fondamentale per la formazione e la crescita delle giovani generazioni. «All’inizio della mia carriera ho avuto la fortuna di insegnare in provincia di Napoli ricevendo davvero tanto sul piano umano e lavorativo. Le scuole in cui ho lavorato quel periodo sono state per me delle vere e proprie maestre di vita».
Perché, professoressa Pellegrino, ha poi scelto di diventare dirigente scolastico?
«Sentivo il bisogno di continuare a dare il mio contributo all’istituzione scolastica da un’altra prospettiva. Nel 2009, in provincia di Avellino, il primo incarico da dirigente».
Com’è cambiato il ruolo del dirigente in questi quindici anni?
«Prima ci si occupava in maniera preminente di didattica. Adesso, invece, vengono richieste anche competenze  amministrative, giuridiche ed economiche. Insomma, è un lavoro profondamente cambiato».
Un cambiamento negativo?
«Un cambiamento. Punto».
E le competenze oggi richieste sono eccessive?
«Un dirigente, in quanto tale, è giusto che abbia delle competenze trasversale. Sul piano della gestione del personale e delle variabili che vi sono necessariamente collegate non vi esiste, però, un rapporto di proporzione tra un dirigente scolastico e un dirigente di settore a livello ministeriale. Siamo entrambi dirigenti della pubblica amministrazione. Tuttavia mentre io, ad esempio,  sono responsabile di una comunità scolastica composta da  centocinquanta docenti, cinquanta collaboratori amministrativi e un migliaio di alunni, un dirigente del ministero ha al massimo tre dipendenti».
Quanto tempo occorre a un dirigente per incidere realmente sulla propria scuola?    
«Un dirigente scolastico non dovrebbe restare troppi anni nello stesso istituto per evitare il cosiddetto effetto-abitudine. A quel punto non si è più sfidanti e non si riesce ad essere efficacemente motivanti. La continuità non è sempre un fattore positivo».
Anche la continuità didattica non lo è?
«Cambiare docenti non è un limite per gli studenti ma un’opportunità. L’interazione con più stili di insegnamento arricchisce la formazione e la crescita dei ragazzi».
La scuola è diventata troppo azienda?
«Non credo si sia persa l’umanizzazione dell’insegnamento, se è questo che si vuole intendere con la definizione scuola-azienda. Si è invece perso, del tutto, il senso della scuola».
Qual è il senso (perduto) della scuola?
«La scuola è un valore. Un valore unico e fondamentale. Purtroppo le famiglie, che dovrebbero trasmettere questo valore ai propri figli, non sempre lo fanno».
 Cosa produce questo difetto di trasmissione?
«Mancanza e scarsa considerazione della scuola. Eppure, a fronte di questo, dalla scuola si pretende tutto e di tutto per poi darle la colpa quando qualcosa non funziona».
L’alleanza educativa scuola-famiglia è in crisi?
«Per i ragazzi il rispetto delle regole è fondamentale all’interno della vita scolastica così come nel futuro mondo del lavoro. Ci vuole una catena virtuosa che unisca scuola, famiglie e studenti affinché anche questo messaggio non solo passi ma si sedimenti. Le famiglie – va detto –  fanno tanti sacrifici per i propri figli ma questi ultimi non sono abituati a farne altrettanti»..
Autonomia scolastica: esiste solo sulla carta?
«Assolutamente no. L’autonomia didattica e organizzativa è un prezioso strumento da utilizzare. Quella che invece manca, checché se ne dica, è l’autonomia economica».
Dimensionamento: un errore o una necessità?
«Anche i numeri purtroppo hanno un peso. Detto questo, l’ufficio scolastico di Salerno ha lavorato bene rispettando le criticità di alcune aree del nostro territorio come la Costiera Amalfitana e il Cilento, aree interne comprese».
Innovazione tecnologica: la scuola è chiamata ad “abitare” un tempo nuovo per dare agli studenti le chiavi di lettura del futuro. Un processo, sostenuto fortemente sul piano economico con il Piano di ripresa e resilienza, che la scuola governa o subisce?
«Per certi versi è un processo subito perché queste risorse non le abbiamo chieste ma ci sono state assegnate, tra l’altro con uno preciso scopo. Allo stesso tempo è un processo che la scuola sta governando con serietà, responsabilità e formazione continua perché la competenza digitale sarà sempre più decisiva nel mondo del lavoro e nei concorsi. Dobbiamo  essere al passo con le altre nazioni».
Alle importanti risorse per l’innovazione tecnologica non corrisponde, in materia di edilizia scolastica, altrettanta considerazione economica.  Le pare normale? 
«Sarebbe cosa buona e giusta destinare una parte dei fondi del Pnrr all’edilizia scolastica. Tra l’altro quando le risorse  arrivano direttamente alla scuola vengono spese con rapidità ed efficacia evitando le solite lungaggini o, peggio ancora, di impantanarsi anche e soprattutto per colpa della burocrazia».
Mancanza di aule e laboratori. Secondo lei la realizzazione di un Polo scolastico è una soluzione possibile? 
«Allo stato la considero una soluzione complicata. Tuttavia ritengo praticabile la strada della collaborazione tra istituti e dirigenti scolastici. Da settembre all’istituto ‘Virtuoso’ ospitiamo due classi della scuola media Calcedonia. E nelle ore pomeridiane accogliamo anche i corsi di alfabetizzazione organizzati dai Centri provinciali per l’istruzione degli adulti. Le collaborazioni sono uno strumento prezioso ed efficace. Per realizzarle, però, serve collaborazione…».
A volta manca la voglia di collaborare?
«L’istituto che dirigo non ha la palestra nella propria dotazione strutturale. Pur avendo dimostrato grandi e concrete aperture verso gli altri, non sono ancora riuscita a intercettare la disponibilità di qualcuno in merito».
In definitiva. Qual è lo stato di salute della scuola pubblica italiana?
«Lo stesso della pubblica amministrazione italiana».
Ovvero?
«Sofferente».
La politica dovrebbe fare di più?
«Purtroppo da parte della politica non c’è la reale volontà di risolvere i problemi della scuola, che sono  gravi e seri ma anche tutti assolutamente risolvibili. A patto, appunto, di volerlo realmente».
E la scuola, invece, potrebbe fare di più?
«No, fa già il massimo».