PONTECAGNANO. Altri pochi mesi e avrebbe terminato il periodo di affidamento dopo la condanna per l’omicidio di” ‘o Merlacchiotto”, Luciano Merola. Aldo Autuori, libero da un paio di anni, aveva concentrato la sua attenzione sulla figlia da poco nata. La secondo genita. Anche il suo coinvolgimento nell’inchiesta Gasoline avrebbe potuto avere un esito positivo, dopo l’annullamento della misura cautelare a suo carico da parte della Cassazione. Per Aldo Autori sembrava profilarsi una vita “normale”, lavorando nell’azienda di autotrasporti, di famiglia e nella quale era interessato alla gestione. Ma un omicidio non si cancella così facilmente. Quella condanna a 15 anni e otto mesi di reclusione (ridotta a 12 anni in appello con il riconoscimento dell’attenuante della provocazione), pesava ancora e potrebbe aver avuto un peso anche nel contesto locale in cui viveva. Per quell’omicidio del 14 dicembre del 2000, furono processati Aldo Autori e Fabio, ma ad essere condannato fu solo Aldo. Un assassinio non premeditato anche se Aldo, alle 14,30 di quel giorno, all’appuntamento con il 34ennne Merola in via Fiume a Pontecagnano andò assieme al fratello ed armato. Tra i fratelli autotrasportatori e la futura vittima da tempo c’erano cattivi rapporti causati dalla vendita di una Mercedes, fatti anche di minacce da parte di Merola. La mattina precedente l’omicidio pare ci fosse stata già una lite tra i contendenti con scambio di schiaffi. Il pomeriggio, i fratelli autotrasportatori decisero di chiarire la vicenda e andarono a casa di Merola: bussarono al citofono e “ ‘ o Merlacchiotto”, padre di una figlia, scese in strada affrontando i due contendenti. In pochi secondi e la lite prese il sopravvento. Ad estrarre per primo la pistola e a sparare contro i fratelli Autuori fu proprio Merola. Aldo si sarebbe difeso sparando più colpi, probabilmente cinque, di cui uno solo raggiunse il 34enne al petto e sarà di lì a poco mortale. E che fosse armato Aldo nessuno lo sapeva, nemmeno il fratello con lui presente alla lite. Alle 14,45 Merola morì davanti ai parenti che avevano assistito al litigio. A quello scontro dall’esito nefasto avrebbero assistito anche alcuni amici della vittima, tra cui Fabrizio Loffredo, imprenditore, divenuto poi collaboratore di giustizia, che ricostruì ai giudici della corte d’Assise di Salerno quanto aveva visto e cioè che a sparare prima era stato proprio la vittima. Una testimonianza preziosa che fece di molto attenuare la pena per l’unico imputato condannato. Anzi, la ricostruzione dei fatti emersa nel corso del dibattimento fece ancor di più diminuire la pena in appello con il riconoscimento dell’attenuante della provocazione.
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