Mucciolo: Vuoto normativo sulle concessioni balneari - Le Cronache Attualità
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Mucciolo: Vuoto normativo sulle concessioni balneari

Mucciolo: Vuoto normativo sulle  concessioni balneari

di Erika Noschese

Il caso di Capaccio Paestum potrebbe risultare emblematico per tanti altri Comuni d’Italia, o forse no, viste le condizioni in cui si presenta l’area dal punto di vista del territorio “occupato” da stabilimenti. Ciò che interessa più di tutto è capire in che modo verranno messe a bando le concessioni attualmente in essere, considerando l’area di Capaccio Paestum occupata per meno del 50% del territorio costiero da stabilimenti balneari. Ulteriore conferma arriva da Michele Mucciolo, presidente dell’associazione “Amare Paestum” e proprietario del “Laura Mare Beach”. La messa a bando delle concessioni demaniali, a Capaccio Paestum, non sarà di facile gestione. «La direttiva Bolkestein nasce per facilitare la libertà di circolazione di cose e persone, aumentando la concorrenza. La concorrenza, però, ha bisogno di saturazione del mercato per essere tale. Quando si parla di concessioni demaniali, ogni piano comunale, che sia piano regolatore o particolareggiato, ha dato un X o N metri lineari di costa. Nel Comune di Capaccio Paestum sono 12500 i metri di costa, basandoci sull’ultima ricognizione fatta nel 2020 dopo il rinnovo delle concessioni, Risultavano, quindi, occupati solo 4000 e rotti metri, lasciando una superficie disponibile di oltre 7 km. Cosa potrebbe avvenire nel caso in cui oggi andassimo tutti a gara, in modo indiscriminato? La richiesta ricadrebbe solo sulle concessioni già esistenti, perché ci si riferisce a un indotto già avviato su una creatura già esistente, con un punto e un fatturato di riferimento, lasciando ancora disponibili 7 km di costa». Cosa significherebbe, questo, per i concessionari? «Paradossalmente, questa situazione si può leggere come una discriminante per l’attuale concessionario, se non verranno fissati dei paletti nel dire: il nuovo concessionario, perché noi siamo sempre per un libero mercato, che vuole investire, cosa dovrà riconoscere? Il vecchio concessionario, uscente, lascia le chiavi della struttura costruita negli anni determinando una storia non solo familiare ma sociale ed economica. Possiamo immaginare che consegni le chiavi a un nuovo concessionario che nulla ha fatto per godersi quel bene?» Probabilmente poteva esserci un modo diverso di operare sul tema. «È una forzatura inserire una concessione di beni e servizi all’interno della Bolkestein. Non si lascia la macchina al nuovo tassista, si lascia la concessione. Noi invece non abbiamo ancora capito: la concessione la potremmo perdere, ma gli investimenti fatti finora vanno a titolo gratuito al nuovo concessionario? Questo vuoto legislativo va colmato. Avremo sicuramente ottime proposte per il nuovo legislatore, perché il punto va chiarito senza fare terrorismo». Di che terrorismo parla? «Siamo stati oggetto di terrorismo circa le notizie messe in circolazione, mai pure e limpide e trasparenti. Ci hanno dipinto sempre come approfittatori di bene pubblico, che operavano a solo vantaggio delle nostre tasche, perché noi ci arricchiamo durante quei pochi mesi estivi e godiamo di beni pubblici». Ripartire da zero è possibile, sul tema? «Banalizzare, azzerare e partire alla pari, in termini civilistici non è sicuramente possibile. In termini demaniali, sì. La direttiva Bolkestein pone come principio fondamentale, per la sua applicazione, un requisito: la scarsità della risorsa. Il Comune di Capaccio non esaurisce la sua disponibilità di spiaggia: non si verifica l’ipotesi della Bolkestein in cui non c’è più l’opportunità di creare nuove attività sul territorio, ma si determinerebbe soltanto una sostituzione degli attuali imprenditori a favore di chi non conosciamo. Civilmente non è auspicabile: nel comune abbiamo 7 e più km di disponibilità di costa». Quindi la Bolkestein non sarebbe applicabile, né a Capaccio Paestum né in altri comuni. «Se la Bolkestein pone come requisito fondamentale la scarsità, noi dovremmo avere problemi. I comuni che hanno scarsità di risorsa saranno un 20%, e siamo larghi. Lì partono azioni mirate non a salvaguardare l’imprenditore uscente ma a salvaguardare il futuro. Quello che oggi noi subiamo dovrà domani essere subito da chi subentrerà al nostro posto, che sicuramente non sarà poi eterno. Tra 5-6-10 anni, capiterà lo stesso problema. Cosa accadrà tra 20 anni? Le stesse cose su cui non cerchiamo di fare luce oggi. Laddove esiste una scarsità vanno adottate regole, ma lì dove non esiste, paradossalmente, è punitivo per i concessionari uscenti. Se si dovesse fare richiesta di concessione, si troverebbe più vantaggioso fare investimento in un punto dove ci sono anche altre strutture, dove ci sono stati più investimenti come fognature, lungomare e piani di sviluppo, non dove non c’è stata ancora alcuna attività. Gli attuali concessionari risulterebbero quindi fortemente penalizzati rispetto a una grande disponibilità di fascia costiera, più del doppio: a favore di chi?»