Andrea De Simone*
Poco più che adolescente frequentavo la sede del Manifesto di via Duomo 33 e Franco era già leader affermato e stimato di Avanguardia Operaia di piazza Portanova. Ammiravo lui e pochi altri negli incontri tra i gruppi, nelle assemblee al magistero, nei comizi volanti che seguivano le grandi manifestazioni di quegli anni. Inizia oltre cinquant’anni fa una frequentazione che è andata oltre la comune appartenenza. Quando la politica era comunità, la case dei dirigenti più anziani o comunque di quelli già sposati, erano le nostre case Molti di noi, più giovani, dopo una riunione o un corteo, attendavamo ansiosi l’invito di Franco per condividere un piatto caldo ed un bicchiere di vino, continuando a discutere ed immaginare il mondo dei sogni di una generazione di appassionati militanti della sinistra. Abbiamo continuato, negli anni, a condividere interessi oltre la politica. Devo molto a lui della mia formazione politica e culturale: suggeriva libri da leggere, non solo i testi classici, ma anche i primi saggi di sociologia. Scelsi non a caso la facoltà di via Irno, dove lui, con il professore Enrico Pugliese, aveva iniziato la carriera accademica. Franco è stato anche il mio Professore e, successivamente il relatore scelto da Daniela per una interessante tesi sulla cooperazione internazionale con Cuba, una ricerca sul campo, frutto di un interessante soggiorno nell’isola che abbiamo tanto amato, dove abbiamo potuto contare su meravigliosi rapporti di amicizia con l’Istituto per le relazioni con i popoli, i docenti della facoltà di lettere, la famiglia di Ernesto Che Guevara. Abbiamo condiviso l’amore per l’Argentina. Franco era affascinato dai racconti sui miei avi emigrati nel paese sudamericano nella seconda metà dell’800. Grazie ai suoi studi ed alle sue relazioni ho potuto incontrare parenti di cui la mia famiglia non aveva più notizie da decenni. Fu un viaggio ricco di emozioni, quello con il compianto Peppe Beluto a Buenos Aires: Franco era considerato uno di famiglia per docenti universitari, rappresentanti di associazioni, familiari di desaparecidos e attivisti usciti da poco dalla clandestinità Sui temi dell’emigrazione il Professore Calvanese è stato un maestro per studenti, per appassionati, per organizzazioni politiche e sindacali. Ha previsto, prima di altri, un fenomeno che avrebbe assunto, negli anni, una dimensione cosi complessa. E’ stato un riferimento politico in città e nel quartiere di Fratte dove io frequentavo la sezione “Sacco e Vanzetti”. Aveva aderito al partito di Rifondazione mentre io ero restato nel Pds e, dopo il mio “passo indietro” nelle elezioni per la Camera del 1994, era toccato a lui il collegio della valle dell’irno. I nostri comuni amici e la struttura del partito a cui ero particolarmente legato profusero un impegno straordinario, grazie al quale Franco fu eletto. E’ stato parlamentare e prima ancora un consigliere comunale molto attivo. La sinistra salernitana, tutta, senza distinzioni, abbruni le proprie bandiere, perché perde un altro pezzo importante della sua storia. La nostra città in pochi anni, con Giuseppe Cacciatore prima, Pino Cantillo poi e Franco Calvanese oggi, perde riferimenti importanti. La scuola di formazione politica, che abbiamo avviato con il professore Alfonso Conte la settimana trascorsa, non ha potuto contaare sull’apporto di personalità importanti alle quali sicuramente avrebbe fatto piacere partecipare. Tocca ai più giovani, a nuove generazioni, il compito di rinnovare l’impegno per lo studio, per la formazione, per nuove battaglie civili, culturali e politiche. Chi rappresentare la sinistra a Salerno oggi, sappia che l’eredità da difendere e tutelare è una eredità preziosa. Prezioso è stato infatti il contributo di Franco Calvanese e noi gli siamo grati. Addio compagno e amico prezioso, di inestimabile valore umano. * già senatore della Repubblica





