Monterisi, il vescovo che disse no a Badoglio - Le Cronache Attualità
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Monterisi, il vescovo che disse no a Badoglio

Monterisi, il vescovo che disse no a Badoglio

di Antonio Manzo

Fu un vescovo “singolare”, austero ed esigente con se stesso e con gli altri. “Singolare” sì, come lo avrebbe definito uno dei suoi successori nell’episcopato salernitano, monsignor Guerino Grimaldi. L’arcivescovo Monterisi sfidò il maresciallo Badoglio nell’Italia in ginocchio, e vinse. Poi, nel dicembre 1944, pienamente cosciente, avverte che si sta per avvicinare l’ora della fine, e ai suo confratelli Antonio Balducci e Carmine Di Girolamo comunica che venga ricoverato presso la casa la casa dei poveri (nel centro storico) dove vuole chiudere i suoi giorni. In particolare, a monsignor Balducci che gli fa osservare che tale decisione non sarebbe gradita e ai laici, l’arcivescovo replicò dicendo: <Risponderai che per un vescovo è un grande onore morire in mezzo ai poveri> L’arcivescovo Monterisi aveva da poco comunicato che tutto il clero doveva restare al proprio posto a tutela dei fedeli che erano sotto le bombe dei bombardamenti, lui che aveva sempre condannato la guerra, con i fedeli disorientati prima da liberalismo e poi dal fascismo. Sabato sarà celebrato il ricordo e la figura l opera di monsignor Nicola Monterisi a ottanta anni dalla morte, voluto dall’ arcivescovo Andrea Bellandi. Il convegno sarà introdotto e moderato dal professor padre Michele Curto dell’istituto teologico salernitano. Interverrà oltre a Bellandi il cardinale Francesco Monterisi nipote dell’arcivescovo. La spiritualità e pastoralità di monsignor Monterisi sarà affrontata nella relazione di don Michele di Martino dell’istituto teologico Salernitano E le carte dell’archivio diocesano saranno illustrate dal direttore dell’archivio don Alessandro Gallotti . Il maresciallo Pietro Badoglio capo del governo di sua maestà l’otto dicembre 1943 scriveva, a Monterisi, in maniera non meno decisa di volere requisire il pontificio seminario regionale voluto negli anni Trenta a Salerno dallo stesso arcivescovo. La risposta di Monterisi. < Due mesi ho fatto restaurare il seminario Prima di accingermi a tanta spesa, per essere più sicuro, ottenni dal governo italiano il permesso di aprire il seminario>. Ma questo non bastò per calmare l’assurda pretesa di Badoglio che rispose con tracottanza. Lui fece portare a mano ad un generale inglese la richiesta che il Governo doveva stabilirsi a Salerno per espresso desiderio di alleati angloamericani. La sistemazione, secondo Badoglio era occupare il seminario regionale. Naturalmente, spiegò Badoglio, sarà pagato un congruo canone di affitto. <Io spero vivamente vostra Signoria – scrisse il maresciallo Badoglio- da buon italiano aiuti il governo in questa situazione >. L’arcivescovo non ebbe paura di rispondere il 12 dicembre 1943 fece consegnare al comandante militare degli alleati una lettera contro l’occupazione del seminario regionale. Badoglio non misurando bene la statura morale del suo interlocutore, credette di usare la maniera forte e, con autorità, chiese all’arcivescovo Monterisi. <Ma lei eccellenza è italiano?>. L’arcivescovo non si fece intimorire e replicò con durezza: <Non permetto che si mette in discussione la mia italianità, mi sento e sono più italiano del Maresciallo Badoglio. Quando il popolo che è rimasto solo e stremato dalle sofferenze della guerra io, vecchio di 76 anni, col mio clero ho dato sollievo alla popolazione. Il maresciallo Badoglio è scappato a Pescara>. È stato lo storico Nicola Oddati uno dei più autorevoli storici della memoria di Salerno Capitale, a ricordare spesso questo evento. Monterisi sconfisse il maresciallo Badoglio, con le sue pretese espropriative ma salvò il seminario regionale che per decenni è stata la culla formativa di migliaia di sacerdoti meridionali (il più illustre tra questi il cardinale Crescenzio Sepe arcivescovo di Napoli). Potrebbe essere il professore Oddati a far capire l’importanza del monumento civico del seminario regionale difesa da Monterisi ed ora abbandonato e malmesso, quasi distrutto. Se il professore Oddati non venisse fermato dall’antropologica avversione nei suoi confronti (è notoria la fatica civica di tenere aperto il museo Salerno Capitale) potrebbe spiegare a chi amministra il senso di un bene collettivo che è nella memoria religiosa e civile dei salernitani. Gli studi storico – religiosi sulla pastoralità di Nicola Monterisi fanno capo alla scuola di Gabriele De Rosa e Antonio Cestaro che nel 1994 organizzarono per volere dell’arcivescovo monsignor Pierro un convegno di studi ,successivamente fu pubblicato un interessante saggio su Nicola Monterisi da Adriana di Leo della scuola del professore Cestaro L’episcopato di Monterisi si svolse quasi durante tutto il periodo fascista e del fascismo egli non condivise mai i contenuti e metodi in nome della verità, della libertà e della dignità dell’uomo.Proibì la benedizione dei labari fascisti in nome della fede e non ammise mai intromissione nelle cose sacre e nelle feste religiose. Anche quando quasi tutto l’episcopato italiano prendeva parte alle varie battaglie del regime egli rimase solo nel suo dignitoso e austero silenzio rispettando i comportamenti degli altri e non mai venendo meno alle sue convinzioni. Lui era per una netta e decisa opposizione all’incidenza della politica e dei politici nelle cose sacre della vita della Chiesa. Resta nella storia una delle pagine chiare e coraggiose: <Molte parrocchie sono irrimediabilmente vacanti ma quando ne vaca qualcuno non mancano parecchi concorrenti. Avviene non di rado che per spuntarla oltre all’alea del concorso qualcuno ricorre allo stantio e ammuffito sistema delle raccomandazioni politiche. Ora ciò è umiliante per tutti è umiliante per l’arcivescovo quando si suppone che egli possa avere interessi eterni delle anime (tanto tesoro è affidato al parroco) a disposizione dell’onorevole tizio e dell’eccellenza ministro Caio. È umiliante il politico il quale deve preoccuparsi di chi debba diventare parroco mentre egli non va più a Messa alla domenica e molto meno fa Pasqua e forse ritiene il Credo opera di qualche Carneade.> Ma era tutt’altro che estraneo alla vicenda politica soprattutto per amore del popolo.Lui fu uno dei promotori dell’Ora del popolo diretto prima da Girolamo Bottiglieri e successivamente da Carlo Petrone.