“ A mio padre devo la vita, al mio Maestro una vita che vale la pena essere vissuta”, soleva ripetere Alessandro Magno del suo Maestro Aristotele. Il maestro Giovanni De Falco ha lasciato nella serata di lunedì 25 febbraio tutti noi orfani. Maestro è un termine di cui si abusa, senza rispettarne l’intenso significato: “Maestro” era l’appellativo di Gesù Cristo nei Vangeli, l’omaggio dei contemporanei ai grandi del Rinascimento. Oggi è banalizzato, nelle arti, nella scuola, in teatro. Il Maestro è generoso, offre aiuto, suggerimenti, ispirazione dentro e fuori l’aula, segnala svolte e insegna prospettive, indica una via e la illumina, col proprio esempio, col proprio “fare”, col proprio porsi sempre in gioco, instilla il dubbio, che è la via per uscire dalla “selva”, un passaggio sicuro fatto di pochi principi chiari, su cui procedere, lavora indefessamente con severità, nella costruzione del sapere, senza mai aggobbire sotto sistemi pre-confezionati, verso sempre nuovi traguardi, conquistati in prima persona. La ricompensa è l’onore di trasmettere qualcosa, di accendere una scintilla in chi viene dopo, un piacere puro, “gratuito”, quindi, impopolare. Giovanni De Falco Maestro lo è stato in vita e lo sarà per sempre, avendo lasciato un segno indelebile nella scuola italiana del clarinetto. La sua carriera è iniziata nel primo Conservatorio italiano, il San Pietro a Majella di Napoli e lì si è chiusa, dopo un intervallo di circa trentacinque anni in cui ha insegnato nella massima istituzione musicale salernitana, il Giuseppe Martucci, ritornando sulla cattedra del suo maestro, Giacomo Miluccio, di cui è diretto discendente e degno depositario di quei pochi chiari principi che ha instillato negli allievi: la ricerca e la produzione del bel suono, virtuosismo spinto, ma sempre mantenuto nei canoni di una intensa liricità, supportata attraverso la forza espressiva delle articolazioni sonore. Su questi blocchi Giovanni ha costruito la sua carriera, dalle collaborazioni con l’Orchestra lirico-sinfonica del San Carlo di Napoli, il Corso di Pratica Orchestrale diretto da Franco Ferrara presso la Fenice di Venezia, le incisioni da solista, per clarinetto e orchestra, raccolte in due compact prodotti e distribuiti dalle Edizioni Musicali “III millennio”, concerti da solista con rinomate orchestre sia italiane che straniere, tante prestigiose performance cameristiche in giro per l’Europa. Ma Giovanni non si è mai fermato alla semplice intuizione musicale. Ha vissuto la cultura a tutto tondo, tra convegni e conferenze clarinettistico-musicologiche, speziate di brillanti intuizioni pedagogiche e filosofiche. Diverse le generazioni di eccellenti clarinettisti che ha prodotto il suo magistero, riunite attraverso i più validi rappresentanti nell’ensemble Panarmonia, che continuerà sulla traccia luminosa donata dal loro fondatore. Un dialogo, questo, che non è affatto terminato lunedì sera, poiché si riaccenderà ogni qualvolta un allievo diretto di Giovanni, oggi docente, porrà tra le mani di un giovanissimo un clarinetto, evocandone, così, l’insegnamento, lo spirito. “Dov’è più nero il lutto, ivi è più flagrante la luce” scrive Gesualdo Bufalino. Ancora attoniti, per l’improvvisa scomparsa dell’amico rimasto semplice, schietto e sincero, per aver perso inaspettatamente un maestro che ci voleva bene, con il quale si è condivisi momenti che sono patrimonio di un’umanità che cresce e migliora attraverso un’azione etica, che è quella del dialogo, della cultura, dell’ “otium”, non riuscendo a scorgere sino in fondo cosa si nascondesse nella filigrana di un evento, che proiettava dinanzi ai nostri occhi il profilo temibile della morte, oggi, lo saluteremo nella Chiesa della Madonna della Medaglia Miracolosa di Salerno alle ore 10,30. Nel rinnovare commossamente il ricordo della sua figura, Olga Chieffi e Tonino Florio, unitamente all’intera redazione di Le Cronache del Mezzogiorno, abbracciano con grande affetto la moglie Antonietta La Gorga, i figli Nunzia e Alfredo e la famiglia tutta.
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