Leone XIV e l'Intelligenza artificiale - Le Cronache Attualità
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Leone XIV e l’Intelligenza artificiale

Leone XIV e l’Intelligenza artificiale
di Mario Mele
Robert Francis Prevost è il primo Papa della storia nato negli Stati Uniti, ma è anche il meno “americano” tra i papabili. Missionario agostiniano, ha trascorso oltre trent’anni in Perù, dove ha acquisito la cittadinanza, e ha guidato l’Ordine di Sant’Agostino visitando quasi cinquanta Paesi. È stato anche prefetto del Dicastero per i Vescovi e presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina: un ponte tra culture e sensibilità ecclesiali.
La sua elezione l’8 maggio – anniversario della fine della Seconda guerra mondiale in Europa – è un messaggio di pace e disarmo. Fin dal primo affaccio alla loggia, Leone XIV ha dichiarato: «Questa è la pace del Cristo risorto, una pace disarmata e disarmante. Aiutateci a costruire ponti, con il dialogo». È un programma pastorale e geopolitico che si rivolge non solo al mondo cattolico, ma anche ai blocchi divisi della comunità internazionale.
Il Papa politico
A differenza di altri pontefici più cauti, Leone XIV ha preso posizione netta anche prima della sua elezione. Sul suo profilo X (ex-Twitter), ha criticato le politiche migratorie di Trump, in particolare la separazione dei bambini dai genitori al confine, definendola “moralmente inaccettabile”. Ha mostrato solidarietà ai migranti e ai movimenti per la giustizia sociale. Sarà quindi un papa schierato, con la parte degli ultimi.
Perché “Leone”?
Il nome scelto da Papa Leone XIV è un richiamo diretto a Leone XIII, autore nel 1891 della Rerum Novarum, un’enciclica il cui titolo significa letteralmente “Le cose nuove”. Quelle del tempo erano le trasformazioni radicali della società industriale: la nascita del proletariato urbano, le disuguaglianze generate dal capitalismo moderno, lo sfruttamento del lavoro operaio. Oggi, le “cose nuove” sono altre: l’intelligenza artificiale, la disintermediazione algoritmica, le disuguaglianze digitali e il potere concentrato delle piattaforme tecnologiche. Il riferimento a Leone XIII non è solo omaggio storico, ma rilancio di un compito: reinterpretare la dottrina sociale della Chiesa di fronte alle sfide del presente. che diede inizio alla dottrina sociale moderna della Chiesa. In quell’enciclica, il papa denunciava “le mutate relazioni tra padroni e operai, l’accumularsi della ricchezza in poche mani e l’estendersi della povertà”, chiedendo che lo Stato intervenisse per “difendere la parte debole”.
“L’operaio non è una merce che si compra e si vende, ma una persona dotata di dignità.” — Leone XIII, Rerum Novarum
Oggi le catene di montaggio sono diventate algoritmi, i padroni delle ferriere sono i CEO delle big tech. Il rischio non è solo lo sfruttamento, ma la marginalizzazione dell’umano nella catena del valore. Freelance creativi, click-worker, annotatori invisibili: il lavoro si frammenta, e con esso la dignità.
Verso una nuova enciclica sull’IA?
In questo contesto, una nuova Rerum Novarum sull’intelligenza artificiale appare non solo possibile, ma necessaria. La rivoluzione tecnologica in corso sta ridefinendo i rapporti di potere economico e le forme stesse del lavoro umano. Ma, al contrario di quanto avvenne con l’industrializzazione ottocentesca, oggi questa trasformazione avviene in assenza di una visione etica condivisa.
Una nuova enciclica potrebbe riaffermare un principio fondamentale: la persona non può essere ridotta a un insieme di dati, né il suo valore può essere misurato dalla sua produttività in sistemi automatizzati. Il lavoro, anche se mediato da macchine intelligenti, rimane una dimensione costitutiva della dignità umana, e il ruolo dello Stato – come già sottolineava Leone XIII – è quello di garantire equità, giustizia e protezione contro le nuove forme di esclusione digitale. Non si tratta di opporsi al progresso, ma di orientarlo. Il vero discrimine non è tecnologico, ma politico e morale: chi progetta l’intelligenza artificiale? Chi ne trae beneficio? E soprattutto: a chi risponde? È tempo di aprire un dibattito mondiale – anche teologico – sulla redistribuzione del valore prodotto dalle macchine e sui nuovi diritti nell’economia algoritmica.
Una Chiesa che voglia parlare al presente deve porsi in prima linea in questa riflessione. Con Leone XIV, la possibilità di una nuova dottrina sociale capace di leggere criticamente l’era dell’IA non è solo un’ipotesi: è una responsabilità.
Sud globale e nuova centralità
L’elezione di Leone XIV rilancia l’asse Sud del mondo nella Chiesa. Il suo legame con l’America Latina e le Chiese emergenti non è folclore: è una strategia ecclesiale e geopolitica. Significa ascoltare chi non ha voce nel Nord globale, e rimettere al centro i temi della povertà, dell’educazione, della giustizia ecologica.
Una Chiesa tra continuità e nuovo slancio
Il Conclave ha scelto una figura di sintesi: un papa missionario, aperto al dialogo, ma saldo nella dottrina su temi eticamente divisivi come aborto, eutanasia e famiglia. Così Leone XIV rassicura i conservatori senza rinunciare all’eredità sociale di Francesco. Dietro questa sintesi c’è la grammatica dell’Azione Cattolica: una fede che diventa impegno, una parola che si fa azione. E c’è anche la filosofia agostiniana che lo guida: “inquietum est cor nostrum”, il cuore dell’uomo è inquieto finché non trova senso. In un’epoca che rischia di anestetizzare le coscienze con l’automazione, l’inquietudine torna a essere una virtù.
Il pontificato dell’algoritmo e del dialogo
Il pontificato di Leone XIV potrebbe segnare una svolta. Una Chiesa capace di leggere la realtà digitale, migrante e diseguale non come minaccia, ma come sfida morale. Una dottrina sociale che non si limita a denunciare, ma propone: tutele, equità, redistribuzione.
Con Leone XIV, il Vaticano entra nell’era dell’intelligenza artificiale con lo sguardo puntato sull’umano. E con la convinzione, che fu già di Leone XIII, che “l’economia deve essere al servizio dell’uomo, non l’uomo al servizio dell’economia”.
Il tempo della nuova Rerum Novarum è cominciato.