L'apocalisse di Valerio Aprea al Pasolini - Le Cronache Spettacolo e Cultura
Spettacolo e Cultura teatro

L’apocalisse di Valerio Aprea al Pasolini

L’apocalisse di Valerio Aprea al Pasolini
Di Olga Chieffi
Domani e giovedì, alle ore 20, Valerio Aprea sarà ospite del Teatro Pier Paolo Pasolini di Salerno e del cartellone del Teatro Pubblico Campano, con L’Apocalisse. Lo spettacolo prova a ragionare sulla percezione di un presente fatto di catastrofismi e allarmismi sull’idea che l’apocalisse è imminente, prossima, inevitabile. Ma ne siamo proprio sicuri, si chiedono Marco Dambrosio, in arte Makkox, incontrato durante la sua esperienza nel programma di La7 Propaganda live. Davvero non c’è un barlume di speranza? Un minimo spiraglio di possibile intervento per scongiurare un destino che sembra ineluttabile? E se sì, a quali condizioni? Attraverso quali ostacoli? Siamo ancora in tempo per correggere la rotta? Ma poi, soprattutto, la vogliamo davvero correggere questo rotta? Dalla scienza al suo opposto, dagli algoritmi alle abitudini quotidiane, dalla politica al progresso e all’inerzia che lo frena, nello spettacolo la comicità e l’assurdo divengono strumenti affilati per affrontare e provare a scongiurare il grande spauracchio dell’apocalisse, offrendo una chiave iperbolica sulla nostra resistenza e sulla difficoltà che abbiamo nell’adattarci al nuovo. Invece di limitarsi a un’analisi catastrofica del futuro, porterà in scena alcuni monologhi che mescolano comicità e assurdo per invitarci a riflettere. Davvero l’apocalisse è inevitabile o c’è ancora qualche spiraglio di cambiamento? Lo spettacolo si muove tra stand-up e recital esplorando,          con toni leggeri, l’inerzia che spesso frena il cambiamento e la nostra difficoltà ad adattarci a un mondo in continua evoluzione. Più che una semplice pièce, L’ Apocalisse è un’occasione per sorridere delle nostre paure e magari trovare, tra una risata e l’altra, qualche spunto per ripensare il presente. Dalla scienza al suo opposto, dagli algoritmi alle abitudini quotidiane, dalla politica al progresso e l’inerzia che lo frena, Aprea è protagonista di un assolo iperbolico, strutturato attorno al concetto di cambiamento necessario ad affrontare il buio che ci minaccia. La rappresentazione teatrale è composta da sei monologhi, arricchiti da immagini, musica e scenografie che cambiano cromaticamente, creando un flusso coinvolgente e armonico tra parole dure, quadri d’epoca di artisti come Bruegel e Memling, e canzoni di Bowie o Van Halen. L’attore, utilizza un linguaggio ricco, pause e silenzi, trascinando il pubblico dietro le quinte della scrittura, della scelta dei termini e del processo creativo, offrendo momenti di riflessione cerebrale più duraturi e profonde. Attraverso racconti esagerati e caricaturali, il testo ci guida nel mondo delle fake news politiche, introducendo neologismi come “Fantacitorio”, e commenta ironicamente sogni come quelli di collegare Roma all’Abruzzo con treni futuristici o la distopia di un mondo governato da algoritmi. La narrazione si fa quasi corpo a corpo con il pubblico, stimolandolo a partecipare attivamente. La pièce si presenta come un esperimento tra narrazione e stand-up comedy, un tentativo di offrire un’ancora di salvezza in mezzo al caos di segnali e input che ci travolgono. Aprea  consiglia che dovremmo parlare con autorevolezza solo delle materie che padroneggiamo, mentre per il resto dovremmo tacere e ascoltare. Propone anche una riflessione psicologica sul perché, nella maggior parte dei casi, non si risolvono i piccoli problemi domestici: ci siamo abituati al peggio, non per pigrizia, ma perché ci siamo adattati, trovando piacere nel risolvere le rotture con espedienti astuti che aumentano la nostra autostima e ci fanno sentire geniali e brillanti: L’ Apocalisse è ora, si balla su di un pavimento oramai marcio.
Articolo Precedente