di Andrea Pellegrino
Nell’ottobre 2013 la sua parcella saltò agli occhi di tutti. Non tanto per gli impegni e per i processi seguiti, quanto per la cifra. 500mila euro, un miliardo del vecchio conio, il conto presentato da Antonio Brancaccio al Comune di Salerno. Una cifra che venne riportata, su queste colonne, ma principalmente da una determina, per ovvi motivi di liquidazione, a firma dell’avvocato Aniello Di Mauro, responsabile dell’ufficio legale di Palazzo di Città.
Un compenso dovuto, naturalmente, alle sue prestazioni legali. D’altronde, fino a qualche giorno fa, Antonio Brancaccio ha seguito tutte le vicende più grosse di Vincenzo De Luca. Da amministrativista ha affiancato il collaudato Paolo Carbone in tutte le vicissitudini giudiziarie dell’ex sindaco ed attuale governatore della Campania. Dal Crescent, ai giudizi sulla legge Severino, fino al Termovalorizzatore.
Qualcosa, probabilmente, si è rotto qualche giorno fa. Quando Vincenzo De Luca ha annunciato il suo nuovo difensore nel processo in Appello sul Termovalorizzatore. Nessuna tattica e nessuna mossa. Ma una scelta, secondo una nota giunta ieri mattina dallo stesso avvocato Brancaccio, determinata dalla rinuncia dell’amministrativista ad ogni incarico.
Che qualcosa si fosse spezzato si era intuito già nel pomeriggio di giovedì, quando Antonio Brancaccio era risultato assente all’udienza Crescent. Proprio lui che durante un servizio televisivo di “Presa diretta” aveva difeso con forza l’ex sindaco, puntando il dito sui dirigenti. Testualmente, aveva detto nell’occasione: «il sindaco in materia di urbanistica e gestione non ha poteri. Il sindaco e la giunta danno un indirizzo politico, tutto il resto è demandato ai dirigenti».
Ieri poi Brancaccio, nel giorno dell’udienza sul Termovalorizzatore (rinviata ma con tanto di nuova calendarizzazione), ha deciso di rompere il silenzio. «Sono costretto ad uscire dal mio ben noto riserbo, che ho mantenuto finora per ragioni di deontologia professionale, per precisare che alcuna revoca, ad oggi, mi è stata comunicata dall’attuale presidente della Regione». «Chiarisco – incalza Brancaccio – viceversa, a riguardo, che, con nota raccomandata del 30 novembre 2015, trasmessa, in altro originale, lo stesso giorno, per le vie brevi, al dottor De Luca, avevo già rinunciato non solo al mandato per l’anzidetto giudizio ma anche agli altri incarichi dal medesimo conferitimi, sia in materia civile, sia in sede amministrativa, sia in sede penale. Ed è di tutta evidenza che non può revocarsi un incarico già rinunciato dal difensore».