Un nuovo e aspro fronte di scontro legale si è aperto tra la Regione Campania e la nota trasmissione di inchiesta di Rai 3, “Report”. A seguito della messa in onda del servizio relativo alle “liste d’attesa” sanitarie, andato in onda nella puntata di domenica 23 novembre 2025, i vertici della Regione hanno dato immediatamente mandato al proprio Ufficio legale di procedere con una querela per diffamazione. L’iniziativa, già annunciata pubblicamente nelle ore successive alla trasmissione, segna una decisa presa di posizione dell’Amministrazione regionale, che non ha esitato a bollare il contenuto del servizio come una “serie di falsi e una scorrettezza reiterata”. La vicenda si inserisce in un dibattito nazionale che vede la sanità pubblica e, in particolare, la gestione dei tempi di attesa per prestazioni, esami specialistici e interventi chirurgici, al centro delle preoccupazioni dei cittadini e del fuoco incrociato delle inchieste giornalistiche. Se da un lato “Report” ha evidentemente inteso sollevare criticità e presunte inefficienze nel sistema sanitario campano, dall’altro la Regione ha reagito con fermezza, respingendo ogni accusa e definendo l’analisi della trasmissione non solo superficiale, ma fondata su dati ritenuti completamente artefatti. La decisione di ricorrere alle vie legali, formalizzata nella giornata odierna, non è priva di precedenti e questo aspetto è stato subito sottolineato nel comunicato ufficiale della Regione. Si fa esplicito riferimento a un episodio avvenuto “Già durante il Covid”, un periodo di estrema tensione e difficoltà per l’intera sanità nazionale. All’epoca, la stessa trasmissione di inchiesta fu oggetto di una precedente querela da parte della Regione Campania, in quel caso relativa alla pubblicazione di dati sull’emergenza pandemica che furono parimenti contestati come non veritieri. L’esito di quel contenzioso, come ricordato dalla nota regionale, portò “Report” a dover pubblicare sul proprio sito una smentita rispetto ai dati falsi che erano stati precedentemente diffusi. Questo precedente viene brandito oggi dalla Regione come prova di una presunta tendenza della trasmissione a veicolare informazioni errate o manipolate quando si tratta di affrontare il contesto amministrativo e sanitario campano. L’accusa di “scorrettezza reiterata” lanciata dalla Regione suggerisce che, a suo avviso, il metodo d’inchiesta adottato da “Report” non solo non sia corretto nella raccolta e presentazione delle fonti, ma che tale approccio sia divenuto una prassi consolidata, un modus operandi che danneggia l’immagine e la credibilità delle istituzioni regionali, specialmente in un settore nevralgico come quello della salute pubblica. La posta in gioco è alta: le liste d’attesa sono universalmente riconosciute come uno dei talloni d’Achille della sanità italiana. Qualsiasi inchiesta che ne denunci il collasso o la cattiva gestione ha un impatto diretto sulla fiducia dei cittadini verso il Servizio Sanitario Regionale e, di conseguenza, sulla reputazione dell’intera Amministrazione. Le autorità regionali, nel procedere con l’azione legale, mirano a ristabilire quella che ritengono essere la verità dei fatti, supportata da dati ufficiali e da un quadro complessivo della gestione sanitaria che, a loro dire, sarebbe stato ignorato o travisato dal racconto televisivo. La richiesta di risarcimento per diffamazione non è solo un atto formale, ma un segnale politico forte, volto a difendere l’operato della struttura regionale in un momento in cui gli sforzi per il rientro dal debito sanitario e per il miglioramento dei servizi sono, secondo la Regione, costanti e significativi. La querela apre ora un nuovo capitolo giudiziario che vedrà le parti confrontarsi non più sul piano mediatico, ma in quello delle aule di tribunale. L’Ufficio legale regionale avrà il compito di dimostrare come il servizio di “Report” non si sia limitato a una critica aspra, bensì abbia superato il limite della cronaca e dell’inchiesta, entrando nel campo della diffamazione attraverso l’uso di dati palesemente artefatti e fuorvianti, capaci di minare la reputazione e l’onorabilità dell’ente pubblico. L’eco mediatica di questa contesa è destinata ad amplificarsi, ponendo ancora una volta l’accento sul difficile equilibrio tra il diritto di cronaca, specialmente per indagini sensibili come quelle sulla sanità, e la tutela delle istituzioni di fronte a ciò che esse percepiscono come un attacco ingiusto e diffamatorio. La palla passa ora alla magistratura, chiamata a dirimere una controversia che tocca temi fondamentali per la vita pubblica e l’informazione.





