La Badia di Cava resta tagliata fuori dalle ordinarie vie di comunicazione - Le Cronache
Provincia

La Badia di Cava resta tagliata fuori dalle ordinarie vie di comunicazione

La Badia di Cava resta tagliata fuori dalle ordinarie vie di comunicazione

di Nicola Russomando
La Badia di Cava resta tagliata fuori dalle ordinarie vie di comunicazione nel conflitto di competenze tra Comune e Provincia, nonché nella chiamata in causa di terzi proprietari privati che hanno promosso ricorso al TAR contro l’ordinanza sindacale n. 15, che imponeva loro e alla Provincia, ente proprietario, il ripristino ad horas delle condizioni di sicurezza e viabilità. I fatti sono noti per cui a mezzogiorno circa di sabato 25 marzo, sfiorando una tragedia (era appena transitato sulla strada un pullman di turisti in visita all’abbazia), a monte di giardini di proprietà privata si è originata una frana che ha travolto antiche mura medievali di cinta, ingombrando di macerie e del cordolo in cemento aggiunto sulla sommità l’intera carreggiata in prossimità del monumento ad Urbano II, a cinquecento metri dall’ingresso dell’abbazia. La pronta manifestazione di volontà dei privati di farsi carico dei lavori di ripristino, asseverata nell’ordinanza, è stata poi revocata dalla loro proposizione del ricorso amministrativo, cui si è associata la Provincia per la caducazione di quanto a suo carico, ricorso la cui istanza cautelare è stata comunque rigettata dal TAR in attesa di definizione del merito.
Nell’incredibile immobilismo che una tale situazione ha prodotto, a dispetto della stessa procedura in danno minacciata dall’ordinanza del sindaco Servalli, per cui l’ente pubblico si fa carico dei lavori facendone poi addebito al responsabile con ogni aggravio, l’Abate ordinario della SS. Trinità di Cava D. Michele Petruzzelli è stato costretto a rivolgersi al Prefetto di Salerno, quale rappresentante del Governo sul territorio.
Invitato alle celebrazioni per la Festa della Repubblica, l’Abate ha consegnato nelle mani del Prefetto Russo una lettera con la quale sollecita un intervento risolutorio a presidio di un bene culturale e religioso quale è l’abbazia, il cui accesso e fruizione di fatto sono gravemente limitati, e a tutela anche della Comunità monastica i cui diritti, da oltre due mesi, appaiono indebitamente compromessi da una forzata tolleranza della situazione. Una fattispecie questa che nel lessico del Codice penale si è soliti ricondurre alla figura della violenza privata, che solo la carità dei monaci ha consapevolmente evitato di sollevare.
Nel ricorso al TAR si è voluto evidenziare che l’abbazia resta comunque raggiungibile attraverso due vie, di cui una è un tracciato sterrato interno alle proprietà del monastero a stento percorribile da un veicolo dotato di trazione integrale, l’altra è una cordonata a gradoni allo sbocco di un percorso pedonale che attraversa tutto l’abitato della frazione di Corpo di Cava.
È pur vero che, in barba al divieto di transito, quasi tutti percorrono il tratto interessato dalla frana, sulle cui macerie sono state poste pedane in legno per agevolare gli avventurosi che vi si inoltrano.
Tuttavia, per la via della cordonata sarà condotto, domani, Viktor Elbling, ambasciatore in Italia della Repubblica federale di Germania con il suo seguito per una visita all’abbazia in occasione dell’inaugurazione del museo “Mamma Lucia”, la benemerita cittadina cavese insignita della Gran Croce al merito dal Bundestag tedesco per il recupero delle salme insepolte di soldati del Reich disseminate nel nostro territorio dalla II guerra mondiale. L’ambasciatore avrà modo di apprezzare la vista che si gode dalla cordonata sull’imponente fabbrica del monastero e forse una guida gli farà notare la lapide latina che da cinquecento anni ammonisce, a proposito della riduzione della giurisdizione abbaziale, come “sia legge, non pena perire nel mondo al di sotto della luna”. Non gli sarà però facile comprendere come un monumento del prestigio della Badia di Cava resti ostaggio per così tanto tempo di conflitti e ricorsi giurisdizionali.
Anni fa, provocatoriamente, l’Accademia svedese delle scienze proponeva all’Italia di affidare a paesi esteri la cura del proprio patrimonio culturale a fronte di negligenza nella gestione.
Era l’ennesimo caso del crollo di un tratto delle Mura Aureliane a Roma. È auspicabile che anche il caso della frana alla Badia di Cava non diventi un esempio di mala gestione nel momento stesso in cui si è fatto appello al Prefetto e, per il suo tramite, alla responsabilità dello Stato italiano che, per Costituzione, ha l’obbligo di tutela del patrimonio culturale.