Claudio Tortora tira le somme dei primi tre lustri di questa gioiosa “Fabbrica dello spettacolo” una rarità il suo essere teatro multidisciplinare
Di Olga Chieffi
Eravamo insieme quel 2 febbraio del 2004 tra acrobati ballerini, giochi di luci, il taglio del nastro di Lucia Annunziata e Carlo Verdone, una teca racchiudente le diverse anime del teatro, un pulcinella, una scarpetta di danza, un violino, e ancora riecheggia la tromba di Tonino Stotuti, il sorriso di Peppe Natella, il volto di Franco Tortora, presenze, assenze solo fisiche, divenute numi di questa mirabile Fabbrica dello spettacolo, che tra qualche giorno compirà quindici anni. “ Fu una bella scommessa – ricorda il direttore Claudio Tortora – dove oggi vedete il teatro vi era una gru, molti calcinacci e famiglie di terremotati sfollate lì dal 23 novembre del 1980. Con i soci del C.O.S. una sigla “vera” e fattiva che sta per Consorzio Operatori dello Spettacolo, ovvero Giuseppina “Pina” Testa, Gaetano Stella, Marcello Ferrante, i compianti Peppe Natella e mio fratello Franco, andammo tutti in banca ad indebitarci e l’anno successivo nacque il teatro. Un teatro multidisciplinare, con due sale cinema, sale danza, spazi destinati alla formazione e laboratori teatrali, una struttura più piccola dedicata alla comicità che è il teatro Ridotto, tutto l’occorrente, insomma per produrre spettacoli, dal musical al balletto, dalla commedia, alla tragedia, al cabaret, alla fiaba. Un progetto che può essere definito “corale”, che si caratterizza, aldilà della densità dei contenuti, anche per le numerose modalità di fruizione, diventando anche residenza artistica”.
“Claudio, tante stagioni, infinite produzioni, quali quelle che ricorda con più affetto?”
Sul palcoscenico del Teatro delle Arti abbiamo applaudito di tutto. Certo non possiamo non ricorda Luca e Luigi De Filippo, Rossella Falk, Maurizio Scaparro, Monica Guerritore, Victoria Chaplin, Luciana Savignano o Katia Ricciarelli, Max Tortora, Biagio Izzo, Carlo Buccirosso, nomi che attestano la validità di cartelloni multidisciplinari, e da qualche anno, abbiamo aperto anche alla favola, al grande teatro per le scuole, per formare bene il nuovo pubblico.
“Eppure….”
“E pur non si muove come si spererebbe. Abbiamo l’unicità del riconoscimento di Teatro e residenza multidisciplinare che in Italia non raggiungono la decina per numero e non siamo premiati dalle istituzioni come meriteremmo. Proponiamo oltre un centinaio di spettacoli l’anno, in quindici anni abbiamo visto sedersi in platea oltre un milione di persone, un pubblico che ci segue, ma restiamo sempre e comunque il secondo teatro cittadino, cui toccano le rimanenze e, per diversi segmenti, veramente ci muove solo la passione”.
“Ci vorrebbe un po’ più di “stabilità” per poter programmare ancora con maggiore apertura e diversificazione?”.
“Si proprio così. Ora noi fondatori ci siamo tirati un po’ da parte, abbiamo dato potere decisionale ai nostri figli, una generazione sicuramente illuminata, io ho passato anche formalmente il testimone a Luca e Valentina, Gaetano Stella ed Elena alla loro figlia Serena, Pina Testa a Fortuna Capasso, mentre Chiara Natella ha raccolto la grande eredità del padre Peppe. Ecco, vorremmo una sicurezza per i giovani che hanno scelto di dedicare la loro vita a questo teatro, per mantenerlo e “mantenersi”.
“Si festeggerà in palcoscenico questo importante traguardo?”
“Nulla di ufficiale. Ma vi posso assicurare che è festa per noi e per il pubblico ogni volta che si leva il sipario. A breve con la compagnia Stabile del Teatro, nata nel 2011, dopo aver rappresentato “Un Uomo medio”, “Vita d’Artista”, “Nati ’80”, debutterà il nuovo spettacolo “Giorni nostri”, al teatro Totò di Napoli, il 7 febbraio. Un testo scritto da me, che vedrà in scena 15 attori, diretti da Antonello Ronga”.